Calcionews24
·4 giugno 2025
Lo Spiderverse sportivo, Sinner è solo l’ultimo Uomo Ragno (garantisce Wilander): ecco quelli del calcio

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·4 giugno 2025
Che Mats Wilander, uno che di eroi con la racchetta se ne intende, tiri fuori dal cilindro un paragone come «Jannik Sinner per me è l’Uomo Ragno» la dice lunga. E non è solo per un complimento di circostanza. «È incredibile quanto sia atletico, quanto riesca a coprire il campo. Ed è il giocatore più aggressivo che abbia mai visto». Boom. In queste poche parole c’è l’essenza di un supereroe moderno: agilità prodigiosa, capacità di essere ovunque, e quell’aggressività che, nello sport, è la fame di vittoria, la voglia di spingersi oltre il limite. E se nel tennis Sinner si arrampica sulle classifiche e sulle geometrie del campo come un novello Peter Parker, il mondo del calcio ha da tempo le sue personalissime versioni dell’Arrampicamuri.
Quando pensi all’Uomo Ragno prestato al pallone, almeno qui in Italia, un nome rimbomba più forte degli altri, come un eco che arriva dritto dagli anni ’80 e ’90: Walter Zenga. “L’Uomo Ragno” per antonomasia, un soprannome che gli calzava come un guanto, o meglio, come la sua divisa spesso sgargiante da portiere dell’Inter e della Nazionale. Zenga era spettacolo puro: voli plastici da un palo all’altro, riflessi felini, uscite spericolate che a volte facevano venire i capelli dritti ai tifosi, ma che spesso risolvevano situazioni impossibili. Era la personificazione dell’agilità, dell’istinto, di quel “senso di ragno” che gli permetteva di intuire dove sarebbe finito il pallone. Forse non aveva i lanciaragnatele, ma le sue mani arrivavano ovunque, tessendo una barriera davanti alla porta che sembrava invalicabile. Eppure non erano ragioni tecniche ad avergli affibbiato un soprannome così importante. Lo ha raccontato lui stesso a Radio2 anni fa: «Ero stato escluso dalla nazionale di Sacchi, uscendo dallo spogliatoio allacciandomi la tuta canticchiavo ‘Hanno ucciso l’uomo ragno’ di Max Pezzali e sono diventato l’Uomo Ragno. Era prima dei Mondiali del 1994. Il mio soprannome originale era quello che mi diede Gianni Brera, “Deltaplano”».
Poi, certo, ci sono quelli che l’Uomo Ragno lo hanno omaggiato platealmente, trasformando un’esultanza in un mini-show da fumetto. E i tifosi, soprattutto i più giovani, impazzivano. Perché in fondo, chi non ha sognato almeno una volta di avere quei poteri, quella capacità di sfidare la gravità e le leggi della fisica? L’elenco è lunghissimo.
Ma al di là dei soprannomi ufficiali o delle esultanze mascherate, quanti giocatori incarnano, magari senza saperlo, lo spirito dell’Uomo Ragno? Pensiamo ai difensori che con una scivolata acrobatica all’ultimo secondo salvano un gol fatto, quasi tessendo una tela invisibile sulla linea di porta. O agli attaccanti capaci di coordinarsi in una frazione di secondo per una rovesciata che sembra sfidare ogni logica. L’agilità, la capacità di coprire il campo con scatti brucianti, la prontezza di riflessi nel leggere l’azione prima degli altri: sono tutte qualità “da Uomo Ragno“. E quell’aggressività di cui parlava Wilander per Sinner? È la stessa che vedi negli occhi di un centrocampista che non molla un centimetro, che pressa, che si getta su ogni pallone come se fosse l’ultimo.
È un mito che resiste, quello dell’Uomo Ragno, anche quando sembra che i tempi siano cambiati, che gli eroi siano diversi. E qui, come non pensare a quella melodia un po’ malinconica, a quel grido generazionale degli 883? «Hanno ucciso l’Uomo Ragno, chi sia stato non si sa». Max Pezzali (interista) cantava la fine di un’innocenza, la disillusione. Ma nello sport, per fortuna, l’Uomo Ragno non muore mai veramente. Magari una generazione di tifosi saluta il suo beniamino che appende gli scarpini (o la racchetta) al chiodo, ma poi ne arriva un altro, con nuove movenze, nuove prodezze, pronto a far sognare di nuovo. Cambiano i volti, cambiano le maglie, ma quella scintilla di meraviglia, quel desiderio di vedere qualcuno compiere gesti atletici straordinari, quasi “superumani”, resta.
E così, mentre Wilander incorona Sinner come il suo Uomo Ragno tennistico, noi continuiamo a cercare i nostri eroi sui campi di calcio, quelli che ci fanno saltare sul divano con una parata incredibile o un dribbling funambolico. Che si chiamino Zenga o abbiano solo quell’attitudine speciale, poco importa. L’importante è che continuino a farci sognare, a farci credere che, almeno per novanta minuti, i superpoteri esistano davvero.