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·14 luglio 2024

La sete di soldi porta alla noia di EURO 2024: ma dalla FIFA alla UEFA nessuno vuole mollare

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L’Europeo che sta per terminare è stato caratterizzato secondo la maggioranza degli opinionisti da un calcio noioso. La finale sarà SpagnaInghilterra, ovvero le due nazionali espressioni dei migliori campionati nel continente, a conferma che quando si importano campioni veri, anche i giovani locali ne traggono beneficio e non maleficio (fu così anche per la Serie A e la nazionale italiana nei decenni passati).

Le due semifinaliste, sconfitte di misura, ovvero Francia e Olanda, sono invece nazionali espressioni di tornei che, PSG a parte, esportano i migliori talenti e non li importano. Quasi a significare che non esiste un cura predefinita ma che l’importante, come analizzato in un precedente appuntamento di questo editoriale, è non trovarsi a metà del guado come invece sembra essere l’Italia.


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Tornando alla qualità del gioco visto in Germania soltanto la Spagna ne ha evidenziato un livello notevole, mentre le altre semifinaliste sono state abbastanza deludenti sotto questo punto di vista. La Francia, tra le grandissime favorite della viglia, è giunta sino alle semifinali segnando soltanto tre reti e per di più due su autogol di giocatori avversari e uno su rigore. Lo stesso dicasi per l’Inghilterra che nella fase a eliminazione ha dovuto passare per supplementari e rigori nonostante il materiale tecnico e disposizione. Non a caso non sono state poche le polemiche in patria per la qualità di gioco espressa.

E anche l’Olanda non solo è stata una lontana parente di quella di Gullit e Van Basten che trionfò in Germania nel 1988, ma anche una lontanissima di quella di Cruyff, Van Hanegem, Krol e compagnia che incantò il mondo 14 anni prima sempre in quegli stadi.

Niente spettacolo da EURO 2024 alla Copa America

Sull’altra sponda dell’Atlantico anche la Copa America che si sta giocando negli Stati Uniti (la finale sarà ArgentinaColombia) ha lasciato molto a desiderare sul piano del gioco, con la superfavorita Argentina che stava per essere eliminata ai quarti del modesto Ecuador (l’albiceleste di Messi si è qualificata ai rigori) e il Brasile di Vinicius è giunto secondo nel girone iniziale alle spalle della Colombia e poi è stato eliminato ai quarti dal sempre ostico Uruguay.

Su entrambe le sponde dell’oceano in particolare i campioni più celebrati per diventare i simboli del calcio quali per esempio Mbappé e Vinicius hanno deluso in modo significativo e sono apparsi stanchi.

E per quanto concerne gli Europei chi sosteneva inizialmente che la mancanza di un gioco più spumeggiante fosse legata all’allargamento  24 squadre introdotto nel 2016 (e quindi all’ammissione alla fase finale di squadre dal valore tecnico non eccelso) si è dovuto poi arrendere negli ottavi e poi a seguire quando la qualità del gioco non si è mai innalzata.

Questo, va precisato, non inficia il successo della kermesse da un punto di vista economico, con stadi pieni e tifoserie nazionali che hanno invaso la Germania in maniera numerosissima. E probabilmente tra qualche giorno quando la UEFA diramerà gli esiti della manifestazione in termini organizzativi non ci sarà dubbio che EURO 2024 sarà stato notevole sotto questo punto di vista. Le previsioni parlavano di  un giro d’affari da quasi 2,5 miliardi di euro, oltre un miliardo nelle casse della UEFA e 7 milioni di turisti in Germania.

Lo stesso dicasi per i numeri che dirameranno le varie televisioni nazionali per i dati di ascolto.

Però proprio qui sta il punto. Ogni ente organizzatore, sia esso la FIFA, la UEFA, la CONMEBOL o le leghe nazionali, sa benissimo che un torneo importante (in particolare se organizzato in Paesi dalle ampie disponibilità economiche e molto ben collegato con l’estero come la Germania e gli Stati Uniti) è per il momento una macchina da soldi.

Di qui l’aumento del numero di tornei da parte di qualsiasi ente oppure l’incremento per le manifestazioni già esistenti del numero delle partite.

Basti pensare che negli ultimi anni si sono notate tra le altre:

  • La creazione del Mondiale per Club (organizzato dalla FIFA e che disputerà la sua prima edizione nel 2025 negli USA);
  • L’istituzione della Finalissima per nazionali, organizzata da UEFA e CONMEBOL tra la vincente degli Europei e quella della Copa America;
  • La creazione della Conference League da pare della UEFA;
  • Allargamento sempre più cospicuo della Copa America anche a squadre nordamericane e centramericane;
  • aumento del numero di partite in Champions League con l’introduzione dal 2024/25 del modello svizzero;
  • supercoppe nazionali extra-large aumentate a quattro squadre in Italia e Spagna.

Dalla FIFA alla UEFA, le posizioni nello scontro

Il punto è che questa proliferazione di gare però avviene su un sottostante che è sempre il solito e che non può crescere perché limitato dal tempo (l’anno solare) e dal numero (non infinito) dei giocatori in grado di garantire uno spettacolo di alto livello.

In poche parole, è come se un grande cantante non avesse solo un agente che gli organizza la lista dei concerti, ma svariati, e questi gli impongano un tour de force sempre più complesso da sostenere per limiti sia fisici sia temporali.

In questo quadro il calcio mondiale assomiglia a una torta miliardaria nella quale ogni ente, organismo, istituzione che ne fa parte (FIFA, UEFA, leghe nazionali e federazioni), ha i suoi interessi. E in nome di questi conduce le proprie battaglie.

In particolare , salva l’autentica preoccupazione delle associazioni degli atleti, la sensazione per quanto concerne le altri parti in campo è che, come spesse succede nella grandi partite economiche e di potere, si sia di fronte invece a posizioni di convenienza.

Come spesso succede nelle grandi partite economiche non esistono buoni o cattivi, ma esistono le varie posizioni: chi ha bisogno di aumentare le proprie entrate, chi invece deve difendere quanto ha e chi si vede minacciato da una possibile modifica di uno status quo quale esso sia.

Nello specifico, se il problema è il numero di partite perché per esempio la Lega Serie A non si accoda a quanto già deciso da Bundesliga e Ligue 1 e abbassa il numero di squadre a 18 da 20? Così come per altro chiesto a gran voce da quattro club, InterJuventusMilan e Roma– che malcontati rappresentano tra 70 e l’80% dei tifosi italiani.

È evidente che, come analizzato in un precedente appuntamento di questo editoriale, una tale modifica altererebbe gli equilibri a favore delle grandi e a sfavore delle piccole. Ma i vantaggi potrebbero essere molto evidenti: dalle minore necessità di rose extra-large a un salto qualitativo delle partite, alla diminuzione di match senza senso nelle ultime gare della stagione.

Nello stesso tempo un quesito simile si può inoltrare all’UEFA. Perché introdurre un modello nella Champions League che impone un maggiore numero di match proprio nel momento in cui vi sono da più parti grida d’allarme sui calendari intasati?

È chiaro che Ceferin ha una sua partita da giocare e la novità è un tentativo del presidente dell’UEFA e del suo stato maggiore di mitigare i mal di pancia che ancora esistono in molti club europei sulla suddivisione delle entrate. E questo sebbene il progetto Superlega sembra andato per il momento nel dimenticatoio (nonostante le varie vittorie legali di quest’ultima).

E infine, alla FIFA, che al compito di sviluppare il calcio su scala mondiale, perché dovrebbe essere impedito di organizzare un Mondiale per Club che metta di fronte le migliori società del pianeta? Si pensi, per stare alle due squadre italiane qualificate, che l’Inter nella sua storia ha affrontato solo quattro volte squadre extraeuropee in match valevoli per qualcosa: gli argentini dell’Independiente di Avellaneda nelle coppe intercontinentali degli anni sessanta (1964 e 1965) e nel 2010 i sudcoreani del Seongnam nella semifinale e i congolesi del Mazembe nella finale nel vecchio Mondiale per Club. E che la Juventus ha incrociato solo Independiente (nel 1973 quando, seppure sconfitta nella finale di Coppa Campioni, giocò l’intercontinentale al posto dell’Ajax perché gli olandesi deciso di non scendere in campo) e poi Argentinos Juniors nel 1985 e River Plate nel 1996. In questo quadro si pensi al fascino e all’appeal di partite tra giganti intercontinentali che valgano per qualcosa di concreto e non siano soltanto una amichevole prestagionale.

Anche per la FIFA però l’obiettivo non è soltanto quello “evangelico” di esportare il calcio in tutto il mondo, ma anche, se non soprattutto, economico: ovvero quello di sanare parzialmente un problema storico dell’organizzazione mondiale del calcio.

L’UEFA (così come le altre confederazioni continentali) può contare su due pilastri per sostenere i propri bilanci: l’organizzazione dell’Europeo per nazioni ogni quattro anni (o la Copa America nel caso della Conmebol o le altre varie competizioni continentali) e gli introiti della Champions League (o la Libertadores in America Latina) ogni stagione.

La FIFA invece incassa il grosso delle sue entrate in occasione dell’organizzazione dei Mondiali per nazionali e con quei proventi fa quadrare l’intero quadriennio tra un Mondiale e l’altro. In questo quadro, si è domandato Infantino, perché non organizzare un Mondiale per Club che possa significare (se i conti torneranno) un secondo canale di entrate? In termini teorici (poi si vedrà come sarà organizzata) l’idea non fa una grinza.

Insomma ogni ente ha le sue istanze e anche giustificate, ma come si diceva il sottostante è uno solo e nessuno di questi organizzatori sembra propenso a cedere per il momento. Pertanto solo il tempo dirà che tra queste esigenze opposta avrà avuto la meglio.

Il pericolo però è che nel frattempo, sin tanto che queste battaglie non saranno terminate, si dovrà assistere ad eventi calcistici sempre più noiosi e disputati da giocatori stanchi e in pericolo di infortuni, prestando quindi il fianco a quegli altri sport (in particolare quelli americani) che puntano alla leadership mondiale ora in mano al calcio.

L’emendamento Mulé e il peso della Lega Serie A nella FIGC

Nel frattempo in Italia, sempre a proposito di battaglie tra chi gestisce il sistema calcio, è iniziato l’iter del cosidetto emendamento Mulé. Un emendamento più volte limato (in particolare sul tema della giustizia sportiva) per non incorrere in sanzioni da parte di FIFA e UEFA e che potrebbe essere ulteriormente modificato. Di quel che ne è rimasto la parte più importante è il maggior peso politico della Lega Serie A nei confronti della FIGC.

Qualora venisse approvato in via definitiva, sarà sufficiente per dare slancio al nostro massimo campionato nei confronti dei leader europei, in particolare Premier League e Liga, e difendersi dalla crescita della Bundesliga? Probabilmente no, ma una certa ampiezza e velocità di manovra in più non sarebbe un male per chi deve gestire il massimo campionato nazionale.

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