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·28 giugno 2025

La scommessa della FIFA sta pagando: il Mondiale per Club è già una corsa all'oro

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Inizialmente circondato da notevole scetticismo, soprattutto in un mondo calcistico europeo che ha mostrato una sorta di etnocentrismo vagamente altezzoso, il Mondiale per Club, che ha appena terminato la fase a gironi (ed è quindi è alla virata di boa), sembra stia palesando più lati positivi che non quelli negativi. Al netto che nessuno sa per ora quale sarà il bilancio economico di questa manifestazione e soprattutto sino a che punto, come molti temono, l’allungamento della stagione sino a luglio potrà provocare danni ai club partecipanti nell’annata successiva in termini di calo di forma e infortuni.

FIFA VS UEFA: LO SCONTRO NEI BILANCI

Entrando nello specifico in un precedente appuntamento di questo editoriale si faceva notare come l’obiettivo del presidente della FIFA Gianni Infantino per questa prima edizione (e solo per questa prima edizione) non era tanto quello di incassare soldi (vedremo i numeri al termine della manifestazione) ma quello di radicare nel calendario internazionale e nella testa di club, televisioni e appassionati di tutto il mondo questo nuovo torneo. Questo perché soltanto con questo consolidamento la FIFA potrà cercare di risolvere un problema annoso se non decennale: ovvero quello dello sbilanciamento temporale dei suoi bilanci.


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Nello specifico se si osservano i bilanci della federazione mondiale si nota un grandissimo incremento nei ricavi e negli utili negli anni dei Mondiali (per le nazionali) e con questi incassi la FIFA tipicamente chiude in attivo il quadriennio da un Mondiale all’altro. Questo perché la Coppa Intercontinentale che si disputa ogni anno (con il vecchio format in cui partecipano solo le vincitrici dei singoli tornei continentali) non garantisce grandi introiti e che il varo di nuove competizioni per nazionali (come Le Tournoi negli anni novanta e le successive Confederations Cup) non hanno mai preso piede non permettendo mai alla FIFA di avere un secondo pilastro per le proprie entrate.

Paradossalmente invece avviene l’opposto in casa UEFA dove in aggiunta ai proventi degli Europei per nazionali vi sono anche quelli derivanti dalla gestione delle coppe internazionali nel calcio dei club (Champions, Europa e Conference League). I numeri dicono per esempio che sommando i bilanci del quadriennio 2021/2024 la FIFA ha registrato entrate complessive per 7,5 miliardi  e un utile di 1 miliardo, voci entrambe spinte dal Mondiale in Qatar che ha portato il bilancio 2022 a generare ricavi per 5,3 miliardi e un utile di 2,1 miliardi. Invece la UEFA, che è la confederazione continentale più potente tecnicamente ed economicamente, nello stesso periodo ha segnato introiti per 20,8 miliardi di euro (quasi il triplo della FIFA quindi) anche se i profitti netti sono stati 67 milioni perché la confederazione europea, sotto la spinta della domanda dei club redistribuisce ai club larghissima parte dei ricavi.

In questo quadro quindi si può capire come questa prima edizione del Mondiale per Club rappresenti per la FIFA una sorta di edizione di lancio del torneo con l’obiettivo che questa manifestazione si possa consolidare e iniziare anch’esso a portare incassi alla federazione mondiale.

In questo senso non si deve nemmeno nascondere che sin tanto che DAZN non ha messo sul tavolo circa 1 miliardo per assicurarsi i diritti tv in tutto il mondo del torneo, non erano pochi i dubbi che giravano nel settore circa l’organizzazione di questo torneo. E non si deve nemmeno nascondere che DAZN ha potuto investire una tale somma solo dopo che il fondo sovrano saudita PIF è entrato nel suo capitale acquistando una quota del 10%.

Come dire, se la si vuole vedere in termini della geopolitica del calcio è come se l’Arabia Saudita avesse compiuto un ulteriore passo in avanti nelle gerarchie del potere mondiale di questo sport al pari degli Stati Uniti, ovvero l’altro grande Paese finanziatore del calcio planetario, che lo hanno compiuto grazie all’organizzazione di questo torneo e soprattutto a quella dei Mondiale per nazioni nel 2026.

LA CORSA ALL’ORO DEL NUOVO TORNEO

Tornando invece all’obiettivo numero uno di Infantino per questa edizione del Mondiale per Club, ovvero il consolidamento di questo torneo, non si può non dire che un discreto successo è stato ottenuto. Non solo perché nei giorni scorsi era emerso che le grandi escluse di questa prima edizione, tra le quali LiverpoolBarcellonaManchester UnitedArsenal e Milan, dopo aver visto il lauto montepremi assicurato da questo torneo grazie anche alle sponsorizzazioni di Qatar Airways, Visa e PIF, hanno già iniziato a premere sulla FIFA perché allarghi a 48 squadre o modifiche le norme per la qualificazione per l’edizione 2029. Proprio per non perdere l’opportunità di questi grandi incassi che se sono notevoli per le squadre del Vecchio continente, lo sono in maniera ancora più importante per quelle non europee: l’Auckland City pur avendo conquistato un solo punto in tre partite ha portato a casa circa 4,2 milioni, ovvero otto volte il suo fatturato annuale. E anche a Boca Juniors e River Plate non è andata per niente considerando il loro livello economico.

Soprattutto però è da notare, e probabilmente è cosa ancora più importante, che già cinque Paesi (ovverosia Australia, Brasile, Marocco, Spagna e USA) hanno manifestato l’intenzione di ospitare l’edizione 2029 del torneo. Segno evidente che anche gli organizzatori di vari Paesi sembrano avere fiutato il business.

Si obietterà: ma come? se gli stadi sono mezzi vuoti malgrado anche politiche di prezzo sui tagliandi molto scontate? Vero.

Però è anche vero che questi numeri sono anche l’esito di un trade off cui la FIFA si è trovata di fronte. Se da un lato non è un mistero che l’organizzazione del Mondiale per Club di quest’anno era anche una sorta di prova generale per quella del Mondiale per nazionali dell’anno prossimo (e della cui importanza economica per l’organizzazione mondiale del calcio si è detto sopra), dall’altro proprio questa localizzazione ha imposto a Infantino e ai suoi una sorta di dilemma e per andare incontro al mercato televisivo più importante (quello della serata europea) si è scelto in numerosi casi di organizzare delle partite anche nel pomeriggio americano di giorni feriali. Una scelta che sicuramente è andata a scapito del bel gioco e, non va nascosto, della salute dei giocatori visto che alcuni match si sono disputati a temperature proibitive e che di certo non ha spinto nemmeno gli appassionati statunitensi ad andare allo stadio visto che difficilmente si sono presi un giorno di vacanza per andare a vedere una partita.

Questa testata ha pubblicato giornalmente il tasso di riempimento degli impianti che al termine della fase a gironi è stato del 56,2%. Una percentuale che effettivamente è nettamente inferiore a quelle registrate nei grandi campionati europei (Inghilterra 97,9%, Germania 97%, Italia 92,4%, Francia 86,7% e Spagna 81%) per non parlare di quelle delle grandi sfide di Champions League che praticamente segnano quasi sempre il tutto esaurito.

Una percentuale su cui pesa come detto la scelta anche sugli orari e sui giorni. In particolare infatti sono state undici le partite disputate dalle ore 20 in avanti a registrare i dati migliori del torneo con una media di oltre 41mila spettatori e un riempimento che sfiora il 70%. Al contrario, le dodici gare disputate alle 12 statunitensi hanno fatto registrare i numeri peggiori, con 31mila spettatori di media e un riempimento al di sotto del 50%. E allo stesso modo, la media sale per le partite giocate nel weekend (37mila spettatori di media con il 63% di riempimento) rispetto a quelle disputate durante la settimana (30mila spettatori di media con il 52% di riempimento).

Sui dati pesa anche poi la scelta delle città per le partite. Non a caso, a Miami la presenza di top team come Real Madrid e Bayern Monaco, della squadra di casa dell’Inter Miami con Leo Messi oltre a sudamericane come Boca Juniors e Palmeiras ha spinto i numeri, con l’Hard Rock Stadium che ha registrato la miglior percentuale di riempimento (81%). Tra le migliori, anche Washington, con un riempimento del 75% nelle tre gare giocate nella capitale complice tuttavia la minor capienza del torneo (20mila posti per l’Audi Field). Numeri sotto la media anche per Los Angeles (50% ma in uno stadio da 88mila spettatori come il Rose Bowl di Pasadena che ha fatto segnare il quasi tutto esaurito per PSG-Atletico Madrid con oltre 80mila presenti) e per New York (44% sugli 82mila del MetLife Stadium nel New Jersey).

Ora sarà curioso vedere se il tasso di riempimento salirà (e di quanto) nella partite da dentro o fuori che sono tendenzialmente quelle che attirano più persone. Anche se l’eliminazione di Boca Juniors, River Plate e di due delle tre squadre di casa, ovvero Seattle Sounders e Los Angeles FC, fanno venire meno alcune delle tifoserie più presenti di queste prime partite.

Senza considerare poi, quantomeno per quanto riguarda l’Italia, il tema degli ascolti televisivi: tutte le sfide trasmesse in chiaro su Mediaset tra access prime time (dalle 18 alle 20) o in prima serata hanno infatti fatto registrare numeri vicini ai programmi più visti della serata, con le sfide InterUrawa e JuventusManchester City che sono state addirittura il programma più visto nelle rispettive giornate. E su Canale 5 si prevedono due nuovi pienoni per gli ascolti, considerando che le gare di nerazzurri e bianconeri agli ottavi (contro Fluminense e Real Madrid) saranno trasmesse entrambe in prima serata.

IL NODO SPETTATORI VERSO LA PROSSIMA EDIZIONE

In ottica prospettica però anche il nodo spettatori potrebbe essere superato. Nel senso che se la nuova edizione sarà ospitata in Australia, Brasile, Stati Uniti, Marocco o Spagna (anche qui, negli ultimi due Paesi come antipasto del Mondiale per nazionali 2030) questo problema potrebbe essere molto inferiore. In primo luogo perché nel caso di Marocco o Spagna il fuso orario europeo/africano consentirebbe una gestione migliore di un prodotto che in teoria deve essere visto contemporaneamente dall’Australia alla costa ovest degli Stati Uniti.

Nel caso del Brasile (ma anche del Marocco) invece c’è da considerare non solo la passione dei tifosi locali ma anche che la fame di calcio d’élite che esiste al di fuori dell’Europa di poter vedere dal vivo i team del Vecchio continente e le loro stelle per qualcosa che non sono solo amichevoli. Una fame tale che non sarebbe difficile ipotizzare di avere stadi pieni o quasi sempre pieni.

Soprattutto però nel caso della Spagna sui pensi a quanti italiani, inglesi, tedeschi o francesi non disdegnerebbero un break estivo di qualche giorno nel Paese iberico per vedere una partita della loro squadra del cuore magari in uno degli stadi più iconici del mondo o solo per approfittare dell’opportunità di godersi qualche giorno sul Mediterraneo?

La cosa triste, vista di qui, è che a questa ipotesi l’Italia non ha nemmeno potuto pensare visto lo stato di arretratezza dei nostri stadi, divenuto ormai una vera e propria emergenza nazionale.

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