All Asian Football
·4 gennaio 2021
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·4 gennaio 2021
Solitamente si identificano i campionati asiatici, in particolar modo quello cinese ed i tre grandi della Penisola Araba, come un approdo per giocatori sul viale del tramonto. Nelle ultime due stagioni però, negli Emirati Arabi Uniti, vi è stata una rivoluzione totale sotto questo punto di vista ed ora il campionato dalle parte di Dubai, è diventato una rampa di lancio per giovani calciatori brasiliani… forse con l’obiettivo della naturalizzazione
L’Asia è un continente particolare, dove ogni paese ha le proprie restrizioni per quel che riguarda i calciatori stranieri: ad esempio la Cina è la più restrittiva, con un limite di quattro stranieri in campo a cui aggiungersi il salary cap. Discorso diverso per i vicini giapponesi che invece permettono di schierare ben 5 stranieri in campo oltre ad un numero illimitato di calciatori provenienti dal sudest asiatico. Spostandoci nella penisola araba, l’Arabia Saudita è la nazione ‘più liberale’ con la possibilità di tesserare e schierare contemporaneamente 7 stranieri in campo, mentre il Qatar attua maggiori restrizioni: 4 stranieri +1 proveniente da paesi arabi (Nord Africa incluso).
E’ a partire dalla scorsa stagione però che gli Emirati Arabi Uniti se ne sono usciti con una formula decisamente rivoluzionaria nel continente: nella AG League è infatti possibile tesserare giocatori stranieri U21 e schierarli come se fossero ‘locali’. Dunque, in maniera estremamente rapida, un campionato che prima d’allora identificavamo come un approdo per giocatori non di spicco, oppure alla fine dei loro anni, si è tramutato rapidamente in una rampa di lancio per giovanissimi calciatori, la maggior parte provenienti dal Brasile.
L’AG League è giunta alla dodicesima giornata della stagione 2020/21 e in testa con 29 punti troviamo l’Al Sharjah (ultima squadra a vincere il titolo nella stagione 2018/19, dato che quella successiva non si è conclusa causa covid), seguito a due soli punti dall’Al Jazira. A guidare la classifica marcatori (11 reti) è il brasiliano Wellinton, navigato attaccante di 34 anni che dal 2017 veste la maglia dell’Al Sharjah. A seguire però troviamo con 10 gol messi a segno (oltre 3 assist), l’attaccante classe 2001 Igor Jesus, in forza allo Shabab Al Ahli.
Il giovanissimo attaccante sfruttando proprio questa regola che permette di schierare un numero illimitato di stranieri U21, lo scorso ottobre ha lasciato il Coritiba per unirsi al club di Dubai risultando subito una delle star del campionato. In questo modo Igor Jesus ha sfruttato immediatamente una vetrina di spicco per mettersi in mostra, accelerando il proprio processo di maturazione, che forse in Brasile gli avrebbe richiesto diversi anni.
Igor Jesus non è l’unico giovane brasiliano ad essersi messo in mostra: fra le fila dell’Al Sharjah capolista troviamo infatti il regista classe 2000′ Luan Pereira, che fin qui ha giocato 11 partite servendo anche 3 assist, dimostrando personalità nella gestione del centrocampo. Oltre a Luan, all’Al Sharjah sta emergendo il terzino destro Marcus Meloni, arrivato la scorsa stagione dalle giovanili del Palmeiras.
Fra i tanti giovani brasiliani che si stanno prendendo il palcoscenico negli Emirati Arabi Uniti, segnaliamo anche il terzino sinistro Erik, ed il centrale difensivo Glauber dell’Al Nasr. Ma non è fatta di soli brasiliani questa migrazione di giovani talenti: all’Al Jazira troviamo infatti il maliano classe 2002 Oumar Traorè, acquistato lo scorso settembre dallo Stade Maliene, la giovanissima ala destra (che ha già debuttato e segnato in nazionale maggiore) si è ritagliata uno spazio importante nelle gerarchie dell’Al Jazira secondo in classifica.
Dobbiamo chiederci quale è lo scopo di questa migrazione di giovani talenti. Da una prima analisi emerge chiaramente come questi giocatori stranieri vengano preferiti ai pari età locali, in un contesto nel quale la nazionale degli Emirati Arabi Uniti fatica a produrre una nuova generazione di talenti.
E se questi giovani calciatori faranno parte della nazionale del futuro degli Emirati Arabi Uniti? La Federazione proprio lo scorso anno ha avvallato la naturalizzazione di tre giocatori sudamericani: l’argentino Sebastian Tagliabue ed i brasiliani Caio Canedo e Fabio Lima, i quali hanno tutti debuttato in nazionale in partite amichevoli.
Per essere naturalizzati nel mondo calcistico è necessario risiedere per cinque anni consecutivi in un dato paese dopo il compimento dei 18 anni. Il processo è dunque lungo, ma cominciando da giovanissimi vi sono possibilità che questa nuova ondata di giovani calciatori possa completare i requisiti in vista delle qualificazioni del mondiale del 2026. La Federazione non si è espressa al riguardo, ma è una possibilità ed una chiave di lettura da tenere in considerazione: agevolare il trasferimento di talenti da tutto il mondo, inserirli in un contesto sociale e calcistico e dopo cinque anni consegnarli la cittadinanza.
Dunque, dopo il Qatar che aveva iniziato questo processo anni fa, e la Cina recentemente, anche gli Emirati Arabi uniti si sono uniti al club di nazioni (che comprende anche l’Indonesia) che cercano nelle naturalizzazioni la soluzione per incrementare il valore della propria selezione. Sarà questa la strada giusta?
Asian leagues, especially the Chinese one and the three big ones on the Arabian Peninsula, are usually identified as a landing place for players on the wane. In the last two seasons, however, in the United Arab Emirates, there has been a total revolution from this point of view and now the championship on the side of Dubai has become a launch pad for young Brazilian footballers… perhaps with the aim of naturalisation…
Asia is a special continent, where each country has its own restrictions on foreign players: China, for example, is the most restrictive, with a limit of four foreigners on the field and a salary cap, while its Japanese neighbours allow five foreigners on the field and an unlimited number of players from Southeast Asia. In the Arabian Peninsula, Saudi Arabia is the ‘most liberal’ country with the possibility to sign and field 7 foreigners at the same time, while Qatar has more restrictions: 4 foreigners +1 from Arab countries (including North Africa).
It was last season, however, that the United Arab Emirates came up with a decidedly revolutionary formula on the continent: in the AG League it is in fact possible to sign up foreign U21 players and field them as if they were ‘locals’. So, very quickly, a league that we had previously identified as a landing place for players who were either not on the top of their game or at the end of their careers, quickly became a launch pad for young players, most of them from Brazil.
The AG League is now in its twelfth day of the 2020/21 season and leading the way with 29 points is Al Sharjah (the last team to win the title in the 2018/19 season, as the next one did not end due to covid), followed by Al Jazira just two points behind. Leading the scoring charts (11 goals) is Brazilian Wellinton, a seasoned 34-year-old striker who has worn the Al Sharjah jersey since 2017. Next in line, however, with 10 goals (plus 3 assists), is the 2001-born striker Igor Jesus, from Shabab Al Ahli.
The young striker took advantage of the rule that allows an unlimited number of U21 foreigners to play, and last October he left Coritiba to join the Dubai club, immediately becoming one of the stars of the league. In this way, Igor Jesus immediately took advantage of a prominent showcase to showcase himself, accelerating his maturation process, which perhaps would have taken him several years in Brazil.
Igor Jesus is not the only young Brazilian to have shown himself: among the ranks of the leading Al Sharjah we find in fact the director class 2000′ Luan Pereira, who so far has played 11 games serving also 3 assists, showing personality in the management of the midfield. In addition to Luan, at Al Sharjah is emerging the right-back Marcus Meloni, arrived last season from the youth of Palmeiras.
Among the many young Brazilians who are taking the stage in the United Arab Emirates, we would also like to point out left-back Erik, and central defender Glauber of Al Nasr. But this migration of young talents is not just made up of Brazilians: at Al Jazira we find Malian player Oumar Traorè, class 2002, bought last September from Stade Maliene, the very young right winger (who has already made his debut and scored in the senior national team) has carved out an important place for himself in the hierarchy of the second-placed Al Jazira team.
We must ask ourselves what is the purpose of this migration of young talent. A first analysis clearly shows that these foreign players are being preferred to local peers, in a context where the UAE national team is struggling to produce a new generation of talent.
What if these young players are part of the UAE national team of the future? The Federation just last year approved the naturalisation of three South American players: Argentine Sebastian Tagliabue and Brazilians Caio Canedo and Fabio Lima, all of whom made their national team debuts in friendly matches.
In order to become naturalised in the football world, it is necessary to reside for five consecutive years in a given country after the age of 18. The process is therefore a long one, but starting at a very young age, there is a chance that this new wave of young footballers could complete the requirements for the 2026 World Cup qualifiers. The federation has not commented on this, but it is a possibility and a key to be taken into consideration: to facilitate the transfer of talent from all over the world, to place them in a social and football context and after five years to give them citizenship.
So, after Qatar, which started this process years ago, and China recently, the United Arab Emirates have also joined the club of nations (which also includes Indonesia) that are looking to naturalisation as a way to increase the value of their selection. Will this be the right path?