Inter News 24
·9 novembre 2024
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Kolarov non ha dubbi, intervistato da La Gazzetta dello Sport ha parlato così di Simone Inzaghi e Antonio Conte. Un estratto della sua intervista verso Inter Napoli:
INZAGHI – «Simone era già stato mio compagno di squadra alla Lazio dal 2007 al 2010: attaccante tecnicamente forte, meno cecchino di suo fratello Pippo, ma intelligente. Malato di calcio, osservava e capiva tutto: studiava già da tecnico. Poi l’ho avuto al mio ultimo anno all’Inter quando lui, appena arrivato, stava ancora prendendo le misure. Nelle ultime stagioni è cresciuto moltissimo, come dimostrano non solo la finale di Champions League raggiunta e lo scudetto vinto, ma la maturità, consapevolezza e identità che oggi possiede l’Inter, anche in Europa. I giocatori sono di primo livello e la rosa è ampia, certo, ma Inzaghi mette tanto del suo nella preparazione delle gare ed è bravo a lasciare esprimere liberamente i giocatori all’interno del suo disegno tattico. Simone ha trovato un solco tracciato, ma ha saputo aggiungere»
CONTE – «Se il solco è suo? Sì, Antonio ha rivoltato l’Inter come un calzino: ne ha cambiato mentalità, professionalità, attitudine al lavoro, alzando tanto l’asticella. E da piazzata, l’Inter è tornata vincente. Il suo lavoro in profondità si vede ancora oggi. Nel ricostruire, nessuno è come lui. E’ maniacale nella cura dei particolari e bravissimo a colpire i punti deboli degli avversari. È diretto e leale nei rapporti: sai sempre quello che pensa di te».
COSA PRENDI DELL’UNO E DELL’ALTRO – «Da Inzaghi l’intelligenza e la furbizia nella gestione degli uomini e quel pizzico di buona sorte che spesso lo accompagna. Da Antonio la sua impressionante mentalità vincente».
ALTRI ALLENATORI DI KOLAROV – «E da tutti ho preso qualcosa. A partire dal più grande della storia: Guardiola. Per un calciatore essere allenato da Pep è come per uno studente di fisica avere professore Einstein».
TECNICI ITALIANI – «Al City prima di Pep, il ciclo è stato aperto da Mancini che è fenomenale nello scoprire i giocatori. Nella Lazio devo tanto a Delio Rossi. Alla Roma mi piaceva lo stile di gioco di Fonseca, aveva idee innovative. Di Francesco mi ha insegnato molto e merita più delle squadre che sta allenando ultimamente. Però ho anche due rimpianti…».