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·4 dicembre 2024

Juventus-Bologna è già cominciata: cori della curva contro Motta. La mancanza di delicatezza genera rancore

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Puntuali come solo certi fulmini a ciel sereno, sono arrivati i cori della Curva Andrea Costa contro Thiago Motta. Tonanti, scanditi, inconfondibili e – nella palette delle scabrosità da stadio – i più odiosi immaginabili (perché tirano in ballo la madre del suddetto). Qualche timido fischio di disapprovazione da parte della tribuna (qualcuno ha mugugnato «beh, in fondo se siamo in Champions è merito suo…»), ma nella sostanza i 12 mila presenti ieri al Dall’Ara hanno tacitamente sottoscritto la bordata. Juventus-Bologna è cominciata già dentro Bologna-Monza, e non serve un indovino per capire come verrà accolto Motta, seppure sabato si giocherà in casa dei bianconeri. Premesso che le casistiche degli sfottò avrebbero potuto evitare di scomodare i parenti più stretti di Thiago, è interessante osservare come il concetto di gratitudine, nel calcio, sfiorisca come neve al sole al sorgere di determinate condizioni, una delle quali è – senza dubbio – lo scegliere di passare direttamente dal Bologna alla Juve. Il caso Motta, però, non è inedito. Michele Paramatti fece la stessa scelta, e pianse lacrime sincere in TV prima di andarsene, quasi scusandosi per quello che stava facendo, cioè salire sull’ultimo treno della sua carriera; Gigi Maifredi lasciò con analoghi presupposti il BFC per la Vecchia Signora e in seguito riprese lo stesso autobus in direzione contraria. Perché a Motta, che ha condotto il club al più alto risultato sportivo dai tempi dello scudetto, non è stata concessa qualche attenuante generica? Perché il mister, in sostanza, ha infranto l’unico requisito richiesto da questa piazza: la delicatezza. La delicatezza è quel sentimento che prospera e dà frutti solo se è condiviso. Quando è unilaterale, invece, emette quella tossina chiamata rancore. Entrambe le parti, invece, si meriterebbero gratitudine reciproca: quando Thiago arrivò sotto le Due Torri era l’ex allenatore dello Spezia, ora lo è della Juventus; quando il BFC prese Thiago la squadra navigava a vista con un allenatore tristemente alla fine dei suoi giorni, reduce da annate ripetitive e mediocri, ora invece affronta l’élite europea. Motta e il Bologna si sono dati innegabili vantaggi reciproci, e difficilmente si potrebbe immaginare il presente senza il contributo vicendevole di uno e dell’altro. Era fatto risaputo che il Bologna avesse intenzione di proseguire con lui in panchina; lo era altrettanto che l’italo-brasiliano avesse già in cuor suo deciso di andarsene altrove. Procrastinare, però, è stato un ingrediente fondamentale nella buona riuscita della stagione. Prova ne sia che il campionato dei felsinei ha retto ai massimi livelli fino alla gara con la Juventus, o almeno fino a tre quarti di essa. Dopodiché, con gli ultimi 120 minuti è cominciato il rompete le righe. Dal dopo Juve in avanti, Motta ha avuto una settimana di tempo per annunciare alla città che l’ha portato in trionfo in piazza Maggiore l’intenzione di non proseguire la sua avventura rossoblù, cosa che invece è stata comunicata solo dalla società. Una questione di forma? Eccome. Per settimane Motta ha ripetuto il mantra: «Comunicheremo le decisioni», usando sempre la prima persona plurale, come a dire che lui e la società sarebbero sempre stati d’accordo su tutto. Ma al momento decisivo il ‘noi’ è diventato di fatto un ‘io’, quello di Joey Saputo, che tra le righe ha sottolineato urbi et orbi la sua frustrata volontà di trattenere l’allenatore. Anche dopo quel comunicato Motta non trovò un minuto di tempo per salutare la piazza, spiegando le sue ragioni personali, tutte comprensibilissime, peraltro, se appunto spiegate con garbo. Ironia della sorte, l’ombra lunga di Motta si riverbera anche sulla Coppa Italia del Bologna: col terzo/quarto posto scivolato dalle mani per effetto di quel 3-3 contro la Juventus, ai quarti di finale dovremo verosimilmente affrontare l’Atalanta a Bergamo (se ovviamente i nerazzurri sconfiggeranno il Cesena agli ottavi). Ma molta altra acqua dovrà passare prima sotto i ponti. Adesso cerchiamo di percorrere la via più sublime per accogliere degnamente il prossimo incrocio con Motta: non insulti, ma olimpica indifferenza. Motta chi?


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Luca Baccolini

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Foto: Alessandro Sabattini/Getty Images (via OneFootball)

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