Juve, accuse di aggiotaggio per le “manovre stipendi” | OneFootball

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·4 dicembre 2022

Juve, accuse di aggiotaggio per le “manovre stipendi”

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Il titolo in Borsa era salito del 5,07%, una buona notizia per la Juventus, alle prese con l’emergenza Coronvirus esattamente come tutto il mondo dello sport (e non solo). Ma a provocare il rialzo – scrive La Repubblica – era stata la diffusione di un comunicato “falso”: è qui che si configura l’accusa di aggiotaggio, quella che spaventa di più i vertici del club che solo per questo reato rischiano fino a 12 anni di carcere.

L’oscillazione positiva arrivò grazie all’intesa del 28 marzo 2020 con i calciatori che rinunciavano, formalmente, a quattro stipendi. Allo stesso tempo fu nascosta l’intesa che prevedeva la restituzione ai giocatori di tre delle quattro mensilità alle quali avevano rinunciato (Calcio e Finanza spiegò i dettagli dell’intesa il giorno successivo). «Per questioni legislative di Borsa» il comunicato ufficiale doveva però uscire diverso rispetto alla reale intesa raggiunta.


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Annunciando l’accordo alla squadra, il capitano Giorgio Chiellini spiegava che «la Juventus farà un comunicato stampa dove dirà che rinunciamo a quattro mensilità per aiutare il club» vietando di parlarne alla stampa. Convocati in procura uno dopo l’altro i calciatori avevano ammesso l’inganno. «Tanta gente pensava che noi avessimo rinunciato a quattro mesi e nessuno sapeva che avremmo preso tre mesi pagati più avanti» aveva detto Dybala.

Il comunicato indicava anche «effetti economici e finanziari derivanti dall’intesa raggiunta positivi per circa 90 milioni di euro». Quella comunicazione ha consentito il 30 marzo «di registrare un aumento del 5,07% all’apertura della Borsa, mantenuto nei gironi a seguire» annotano gli inquirenti.

Sotto alla lente è finito anche il momento esatto della diffusione di quelle informazioni. Per i Pm Marco Gianoglio, Mario Bendoni e Ciro Santoriello si è trattato di un’azione «immodificabile e irreversibile» che ha portato alla «manipolazione del mercato»: è stata fatta a Torino quando è stato premuto l’invio del comunicato. Per la difesa invece il reato sarebbe, nel caso, commesso a Milano dove ha sede la Borsa: a diffonderlo non è stata una dipendente Juve, ma un server informatico.

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