Isco tra passato e futuro | OneFootball

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Riserva di Lusso

·16 agosto 2022

Isco tra passato e futuro

Immagine dell'articolo:Isco tra passato e futuro

Quando la sera del 2 settembre 2017 l’Italia di Giampiero Ventura si presenta al Santiago Bernabeu per affrontare la Spagna non ci siamo ancora arresi all’idea di un futuro drammatico per la nostra Nazionale. Gli azzurri scendono in campo con un 4-2-4 iper ambizioso in cui Lorenzo Insigne e Antonio Candreva assistono il duo d’attacco Belotti-Immobile; di contro la Spagna di Lopetegui risponde rinunciando ad una prima punta e utilizzando David Silva come riferimento più avanzato. Alle sue spalle galleggiano la next big thing del calcio spagnolo Marco Asensio e, soprattutto, Isco.

La speranza degli azzurri di fare partita pari con gli spagnoli viene annientata una manciata di minuti dopo il fischio d’inizio proprio da Isco. Dopo aver lasciato la battuta del primo calcio di punizione della partita al cannibale Sergio Ramos, Isco reclama la seconda e sblocca il risultato con un destro che supera la barriera e muore alle spalle di un Buffon colto in leggero ritardo. Sarà l’inizio di una performance individuale che con il passare dei minuti tracimerà nel misticismo. Oltre a realizzare il gol del 2-0 con un fendente di sinistro infilato all’angolino, Isco banchetterà in quella zona grigia di campo tra difesa e centrocampo azzurro mandando in tilt un sistema difensivo mai apparso così inerme.


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Isco, come gran parte dei suoi compagni, oltre a provare piacere nell’associarsi con i compagni, ha un’innata capacità nel mettersi in luce e fornire linee di passaggio pulite ai compagni. In quella partita occupa orizzontalmente tutto il campo, concedendosi ricezioni pulite in ogni zona del rettangolo verde. Oltre al dominio tecnico, Isco sembra anche il giocatore atleticamente migliore in campo, non una cosa comune per un ragazzo sempre in lotta con la condizione fisica. La sua onnipotenza si trasforma anche in bullismo nei confronti degli avversari, specie di Marco Verratti, vittima prima di un tunnel di suola e poi di un sombrero in corsa. Verratti, costretto a remare in un centrocampo che imbarca acqua da ogni punto, frustrato e poco lucido forza gli interventi difensivi sul fantasista avversario venendo ripetutamente eluso dai suoi ricami. Quella sconfitta, da molti definita umiliazione, sarà il punto di non ritorno per la Nazionale di Ventura, che da quel momento in poi imboccherà una parabola discendente culminata con la mancata qualificazione ai Mondiali.

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Semplicemente imprendibile (Foto: Gabriel Bouys/Getty Images – OneFootball)

AL CENTRO DEL VILLAGGIO

Per Isco il 2017 è l’anno di massimo splendore. Fino a quel momento, seppur fornendo prove di talento inequivocabili, si era accontentato di un ruolo da comprimario di lusso nel Real Madrid dei vari Ronaldo, Benzema, Modric, ma con l’arrivo di Zidane la sua esperienza a Madrid assume un significato diverso. Il tecnico francese, conscio dei pregi e dei difetti della sua squadra, decide, specialmente nelle gare di Champions League, di affrontare gli avversari assecondando il fondamentale in cui la sua squadra non ha eguali nel mondo: la tecnica. Alla Santa Trinità (Casemiro-Kroos-Modric) il tecnico francese aggiunge proprio Isco sacrificando l’atletismo di Gareth Bale. L’idea di Zidane è quella di attaccare disordinando il più possibile le linee avversarie attraverso la fluidità delle posizioni dei suoi giocatori.

Isco è l’emblema di questa intuizione: idealmente è il trequartista, ma nel concreto è l’ingranaggio che aziona e collega tutto il resto della squadra. Isco in partite in cui gli equilibri sono estremamente precari diventa un rebus irrisolvibile per le difese avversarie: la sua posizione fluida è illeggibile, e il Real ne sfrutta tutta la sensibilità tecnica e spaziale per colpire squadre difensivamente troppo rigide per assorbire il suo moto perpetuo. La finale di Cardiff contro la Juventus, forse la prestazione collettiva migliore del primo Real di Zidane, è perfetta per apprezzare la funzionalità di Isco in quel Real Madrid.

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Sempre circondato, sempre sgusciante (Foto: David Ramos/Getty Images – OneFootball)

Senza prendersi la scena partecipando ai momenti chiave del match, Isco risulta sin dai primi minuti la variabile impazzita di una finale senza storia. Pjanic e Khedira non trovano mai il timing giusto per arginare le sue ricezioni centrali, mentre quelle laterali sono ancora più comode perchè facilitate dal supporto di Marcelo e Ronaldo a sinistra e di Carvajal a destra. Isco macina chilometri senza palla al fine di offrire una soluzione in più ai compagni, e nonostante il grande dispendio fisico è sempre lucido e svelto nel far scorrere il flusso del gioco. La sua (non) posizione facilita anche il gioco di Ronaldo, che tendenzialmente si muove il più lontano possibile dalla zona palla in modo tale da aggredire con la canonica ferocia il lato debole.

Servendosi della stessa ricetta, il Real cannibalizza anche la Champions League successiva. Pur non essendo allineata ai canoni del calcio moderno, la squadra di Zidane elevando il suo proverbiale controllo mentale sulle gare ad una forma d’arte si fa spazio tra squadre che a bocce ferme sembrano avere sempre qualcosa in più. Un Isco più imbolsito partecipa da attore non protagonista ad una cavalcata che conclude il primo ciclo di Zidane sulla panchina madrilena. Tra i tanti capolavori tattici costruiti e applicati da Zidane in quelle due Champions, l’aver dato domicilio ad un talento tanto sopraffino quanto difficile da incasellare come quello di Isco resta la sua opera magna.

Declino e speranza

Negli anni successivi Isco resta aggrappato al Real Madrid senza però riuscire a ritagliarsi uno spazio meritevole di attenzione. Nei momenti sempre meno frequenti in campo la brillantezza mentale non è più affiancata da una condizione fisica accettabile, tanto che anche il suo massimo estimatore Zidane al suo ritorno lo vede più come un peso che come un reale valore aggiunto. Il disinteresse con cui liquida le domande su di lui stride un po’ con l’idea di rapporto quasi fraterno instaurato tra i due.

Mentre l’inossidabile trio di centrocampo si adatta alla verticalità portata dall’avvento di Vinicius, le apparizioni di Isco sembrano sempre un pizzico fuori contesto. Dal 2020 la sua posizione al Real Madrid è sempre in discussione, tanto che le elucubrazioni sul suo futuro superano di gran lunga discorsi strettamente calcistici. Un vero e proprio calvario conclusosi solo poche settimane fa, quando con un messaggio piuttosto stereotipato ha salutato la squadra che 9 anni prima aveva bussato alla porta del Malaga per averlo. L’impressione che questo divorzio si sia consumato un po’ in ritardo è netta, ma la scelta della squadra con cui rilanciarsi fa passare il rammarico in secondo piano.

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A Siviglia prima di tutto per ritrovare il sorriso (Foto: Cristina Quicler/Getty Images – OneFootball)

Isco dopo un lungo corteggiamento vestirà la maglia del Siviglia, dove ritroverà Julien Lopetegui, che si è speso in prima persona per convincere la dirigenza ad approvare questa operazione. Oltre ad essere affascinante per l’incontro tra un giocatore e un allenatore che si sono vicendevolmente sempre apprezzati, questo matrimonio potrebbe avere risvolti importanti anche da un punto di vista tattico. Nell’organizzazione maniacale del Siviglia, Isco potrebbe fungere da elemento di fantasia in grado di portare un po’ di brio ed imprevedibilità ad una squadra spesso monotona nelle trame offensive. Da un paio di sessioni di mercato Monchi e Lopetegui stanno cercando di ovviare a questo problema facendo incetta di fantasisti (vedi Gomez e Lamela), ma un’eventuale rinascita di Isco potrebbe avere tutt’altro impatto.

Ad oggi è difficile decifrare quali siano le reali condizioni dello spagnolo e, soprattutto, quanta voglia abbia di rimettersi in gioco e crearsi una seconda vita calcistica. Di certo la scelta fatta è ambiziosa e promette bene, ma solo il tempo e il campo potranno dirci se il calcio recupererà uno dei talenti più raffinati dell’ultimo decennio.

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