Calcio Femminile Italiano
·9 giugno 2025
Isabella Di Natale: “Nazionale? Sono sicura che arriveranno delle sorprese positive”

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·9 giugno 2025
“Dopo Europei e Mondiali speravo in una reazione delle Azzurre e l’impatto così immediato e positivo di Andrea Soncin sulla panchina ha superato le aspettative. Il cambio di guida tecnica ha dato nuova motivazione e, probabilmente, anche un approccio tattico più adatto alle caratteristiche della squadra”. A dircelo è stata Isabella Di Natale, giornalista 29enne originaria della provincia di Catania, che sulla Nazionale continua: “In Svizzera sarà fondamentale mantenere l’intensità e la forza mentale mostrate finora. Ricordiamoci che anche i fattori psicologici giocano un ruolo fondamentale durante le partite. Anche se l’Italia non è tra le favorite, sono sicura che arriveranno delle sorprese positive”.
Di Natale poi sul movimento femminile aggiunge: “L’interesse per il calcio femminile sta indubbiamente crescendo. In questo un ruolo fondamentale lo ha avuto la maggiore visibilità televisiva. Oggi il ‘successo’ passa da lì e dai social, per cui se manchi in quel contesto è come se non esistessi. L’arrivo su Sky, Dazn e Rai ha consentito al pubblico di accedere alle partite spesso anche in chiaro, di conoscere le singole giocatrici e di appassionarsi alle loro storie. C’è curiosità verso un campo da esplorare. A mio parere, servirà ancora molto tempo per raggiungere i livelli del calcio maschile, ma si stanno costruendo ottime basi”. Isabella, laureata in Giurisprudenza e specializzata in professioni legali, poi sposta l’attenzione su uno degli obiettivi raggiunto nei mesi scorsi: “La presentazione dell’album Panini al femminile è un segnale di normalizzazione. Prima di questa stagione le figurine venivano incluse in quello maschile, come a riservare un angolo a qualcosa che non poteva reggere in autonomia. Ora una bambina può sfogliare un album e trovare le sue giocatrici preferite, scambiarle e divertirsi esattamente come abbiamo fatto tutti noi davanti ad un pacchetto appena preso in edicola”.
La giornalista siciliana, giurista di formazione specializzata in professioni legali a Pisa, sul suo approccio con il pallone, invece, ricorda: “Da piccola mi piaceva tirare calci al pallone. Mi ricordo che d’estate andavo per alcune settimane in un paesino di montagna e con gli altri bambini ogni occasione era buona per stare all’aria aperta a divertirci. Si stava in strada perché su quella via passavano pochissime macchine e ovviamente non c’erano regole, si tirava verso una porta immaginaria e basta. Ci divertivamo moltissimo, anche se qualche rimprovero per le pallonate sui portoni dei vicini ce lo siamo beccati. La calciatrice però non avrei potuto farla, ho davvero poca resistenza nella corsa”. La classe ’96, poi, indica una calciatrice in particolare che vorrebbe incontrare: “Mi piacerebbe intervistare Choe Il-Son, 18 anni appena e già una promessa del pallone. La sua squadra, la Corea del Nord, a settembre ha vinto il Mondiale Under20. Nella foto di gruppo, col trofeo in mano, le ragazze hanno tutte lo stesso identico taglio cortissimo di capelli. Un dettaglio che può sembrare banale, ma invece racconta tanto del modo di vivere il calcio femminile. Per questo le chiederei come vive l’esperienza di calciatrice nel suo Paese, con quali opportunità e con quali sfide si è dovuta confrontare Da giornalista mi affascinano le storie particolari, poco conosciute, che sono però anche le più interessanti”.
Isabella, che ha frequentato il centro per il Giornalismo radiotelevisivo di Perugia e quello di documentazione giornalistica di Roma. poi sul calcio femminile italiano ci confida: “Fino al 2022 se un uomo giocava a calcio era considerato un calciatore, se giocava una donna, le si chiedeva: ‘E nella vita che lavoro fai?’. Adesso le atlete hanno tutele, contratti dignitosi e la possibilità di dedicarsi a tempo pieno alla loro carriera sportiva. Il riconoscimento è anche economico, nonostante i salari minimi siano pari a quelli della Serie C. L’ingresso di tante società maschili nel movimento femminile ha fornito una spinta decisiva. Club con strutture consolidate hanno portato risorse, know-how organizzativo e una visibilità impensabile fino a pochi anni fa”. La giornalista, che ha studiato all’Università di Teramo, conclude: “A questo proposito mi viene sempre in mente il caso del rugby, altro sport che seguo, dove il professionismo per le ragazze non è ancora una realtà. Le atlete della Nazionale si allenano dopo una giornata di lavoro o di studio, con sacrifici enormi. Anche i numeri segnano un divario spaventoso: gli spettori per una partita del torneo Sei Nazioni femminile sono circa 2500, per i maschi si va oltre i 60mila. Spero che possa arrivare la stessa rivoluzione introdotta nel calcio”.