Inghilterra-Belgio: se Bellingham fa un altro sport e Lukaku è un 10 | OneFootball

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Calcionews24

·27 marzo 2024

Inghilterra-Belgio: se Bellingham fa un altro sport e Lukaku è un 10

Immagine dell'articolo:Inghilterra-Belgio: se Bellingham fa un altro sport e Lukaku è un 10

Tutto sulla sfida amichevole tra Inghilterra-Belgio, terminata 2-2 con la rete nel finale di Jude Bellingham

Inghilterra-Belgio è stata una gara piacevole, nella quale entrambe le nazionali hanno dato mostra di voler superare gli imbarazzi patiti nelle amichevoli precedenti: i padroni di casa con il Brasile (sconfitta per 1-0), gli ospiti con l’Irlanda (un pareggio a reti bianche). Due volte i Diavoli Rossi sono scattati in avanti con Tielemans, due volte la formazione di Southgate è riuscita a rimediare, pareggiando prima con Toney su rigore e poi, all’ultimo assalto, con Bellingham che ha tradotto in rete un assist di Maddison.Quali altri spunti sono usciti dalla sfida di Wembley? Eccone alcuni

1) Tradizione e innovazione. C’era tutto per essere una classica gara da Londra, a partire dalla pioggia. Solo che non sembrava Inghilterra-Belgio, bianchi contro rossi, perché le due nazionali vestivano di grigio e azzurro. Di polemiche sulle nuove divise ce ne sono state già tante per aggiungere ulteriore materia e non stanno risparmiando nessuna nazione e nazionale. La tradizione, ormai è certo, non c’è quasi più. L’innovazione, se va chiamato così questo cambio di colori, si spera che almeno cromaticamente risulti soddisfacente.2) Un’esercitazione. La gara ha tradito molto in fretta la sensazione iniziale che le due squadre badassero maggiormente all’ordine tattico, niente contrasti e pochi intercetti, ricerca (abbastanza problematica da soddisfare) delle linee di passaggio. Sembrava un allenamento, volto a soddisfare la ricerca di una manovra ordinata. Poi è bastata la “solita” errata costruzione dal basso – sta diventando una consuetudine – Pickford ha regalato palla, Tielemans lo ha bucato con un rasoterra da fuori mentre lui stava frettolosamente guadagnando la posizione e il gol ha sbloccato gara e teste, per il bene dello spettacolo.3) L’errore. É quello di pensare che i giocatori di Guardiola siano soldati inclini a fare quello che gli dice il tecnico, congegni di meccanismi perfettamente eseguiti nel quadro di ciò che succede al Manchester City. Fuori da quel contesto si è visto che con Pep l’educazione al gioco affina anche la personalità individuale. Lo si è visto da una parte e dall’altra. Nell’Inghilterra i movimenti di Foden sono distribuiti in talmente tante zone del campo che osservare la sua heat map deve essere come guardare un quadro affascinante. Un’autentica lezione per quegli attaccanti statici, che chiedono l’aiuto della squadra – e se fosse possibile pure da casa – pur di non provare a fare un minimo di interpretazione personale. Nel Belgio si vede che Doku ha 21 anni, talvolta esagera con le iniziative personali e qualche pallone potrebbe non perderlo, però quanto è bello vedere che esistano giocatori così spumeggianti e continui, anche nel tornare indietro ad aiutare i compagni.4) La definizione. Si esercitano un po’ tutti, da quando Bellingham è esploso: cercare un paragone, provare a inscatolarlo in un ruolo, capire a chi somigli e cosa invece lo caratterizzi per originalità. Sospetto che vale come una pista d’indagine per il futuro: tentare di trovare accostamenti con altri sport. Si parte anche così per cercare un giocatore sfuggente, scrivendo enciclopedie che lo possano descrivere e contenere in qualche maniera. Sottolineando anche quanto il madridista sia fantastico nella fatica. Poco prima del gol del 2-2 lo si è visto boccheggiare, esausto da una gara che ha avuto un buon ritmo. Eppure, la lucidità per trovare la via della rete non gli è mancata neanche all’ultimo secondo.5) La trivela. Abituati come siamo a raccontare e percepire Lukaku come il gigante che protegge palla, fa salire la squadra, segna di potenza e talvolta fa errori clamorosi sotto porta, ieri siamo rimasti un po’ tutti sorpresi. É successo nella rete del secondo vantaggio belga, quando – come spesso succede – ha rubato palla a Dunk, intimorito dalla sua presenza, per poi regalarla a Tielemans con un cross che neanche Quaresma. É in quel momento che ci si è accorti che il prototipo del 9 old style indossava il numero 10.

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