Il Pallone d’oro sudamericano: il ’79 e l’80 di Diego Armando Maradona | OneFootball

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·12 maggio 2020

Il Pallone d’oro sudamericano: il ’79 e l’80 di Diego Armando Maradona

Immagine dell'articolo:Il Pallone d’oro sudamericano: il ’79 e l’80 di Diego Armando Maradona

Uno dei più grandi campioni della storia del calcio, o forse il migliore di tutti. Un giocatore unico capace di segnare un’intera epoca facendo sognare una nazione e rendendo grande la Napoli calcistica come mai nella sua storia. Si è detto tanto di Diego Armando Maradona, ma nulla può essere abbastanza per la grandiosità delle sue giocate.

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Nacque a Lanús alla fine del 1960 in un’umile famiglia, ma fin dalla più tenera età dimostrò come il calcio fosse la sua vita e la sua passione. Fece il giro del mondo un video trasmesso dalla televisione argentina dove si vedeva questo ragazzino palleggiare con una pallina da tennis come se nulla fosse e dichiarare nell’intervista di avere due sogni: partecipare a un Mondiale e poi di vincerlo. Speranze di quasi tutti i ragazzini che si avvicinano al mondo del pallone, ma quello non era uno dei tanti. A dieci anni arrivò nella Capitale per giocare con l’Argentinos Juniors e debuttò in prima squadra prima ancora di compiere sedici anni, stabilendo così un nuovo record. Le prime reti arrivarono già nel 1976 contro il San Lorenzo e tutti iniziavano a rendersi conto di avere a che fare con un giovane campione. Dalla stagione seguente divenne un titolare inamovibile e anche se i biancorossi faticavano a rimanere al vertice El Pibe de Oro iniziò a segnare caterve di gol, tanto da arrivare già a quota diciannove tra Metropolitano e Nacional nella sua prima vera stagione completa. Menotti non poté fare a meno che notare quel ragazzo e il 27 febbraio 1977 debuttò con l’Albiceleste in una gara contro l’Ungheria. Quello fu il primo tassello di una magnifica storia d’amore con la sua nazionale, anche se le prime apparizioni non furono delle più brillanti. Nei rigidi schemi del tecnico la fantasia era concessa solo alla stella Mario Kempes e venendo limitato il suo estro faticò a esprimersi nelle prime gare, tanto da essere escluso a sorpresa dal Mondiale 1978. Nonostante avesse solo diciotto anni fu una mazzata per Diego e anche se riuscirà ampiamente a rifarsi non digerì mai il non aver giocato la Coppa del Mondo casalinga. Riversò dunque anima e corpo nel campionato e a fine anno conquistò il titolo di capocannoniere del campionato Metropolitano raggiungendo il ragguardevole numero di ventidue reti. Fu però il 1979 l’anno della definitiva svolta nella carriera di Maradona. Riuscì ancora una volta a confermarsi come miglior marcatore, questa volta di entrambi i campionati, chiudendo a quattordici centri il Metropolitano e a dodici il Nacional, ma il suo Argentinos non riuscì ad approdare alla fase a eliminazione diretta per la conquista del titolo. Quello però era anche l’anno del Mondiale Under 20 e Diego era la grande stella dell’Argentina favorita. I giovani sudamericani furono inarrestabili diventando amatissimi in tutto il Giappone, terra che ospitava la competizione. Il Díez formó con Ramón Díaz una coppia d’attacco stellare ed entrambi segnarono con una regolarità impressionante. Il campione di Lanús mancò l’appuntamento con il gol solo nella seconda giornata del girone contro la Jugoslavia, mentre segnò una doppietta contro l‘Indonesia e un gol alla Polonia. Con l’inizio dei quarti di finale sarebbero dovuti iniziare anche i problemi, ma non per quella squadra. Maradona diede il via al dominante 5-0 sull’Algeria, mentre nella semifinale contro l’Uruguay fu lui a chiudere i conti sul 2-0 dopo il vantaggio di Díaz. Nello Stadio Olimpico di Tokyo c’erano oltre cinquantamila spettatori per assistere alla finale tra Argentina e Unione Sovietica e lo spettacolo non mancò di certo. Dopo un primo tempo bloccato furono a sorpresa gli europei a passare in vantaggio con Ponomarev, ma la gioia fu di breve durata. In otto minuti l’Albiceleste ribaltò e chiuse l’incontro prima con un rigore di Alves, poi con una grande percussione di Díaz e infine con il proprio simbolo. Maradona sigillò la sfida sul 3-1 con una delle sue magnifiche pennellate su punizione sorprendo Chanov sul suo palo. Dopo il primo successo della nazionale maggiore un anno prima ecco che nel 1979 arrivò anche il primo titolo giovanile, un vero e proprio periodo d’oro per il calcio argentino. Le prestazioni del numero dieci lo portarono a essere nominato miglior giocatore del torneo prima e migliore di tutto il Sudamerica poi. A soli diciannove anni stabilì un record staccando e lasciando al secondo posto il paraguaiano Romerito e al terzo il brasiliano Falcão.


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La straordinaria stagione appena passata mise El Pibe de Oro in mezzo a molte trattative di mercato, ma l’Argentinos riuscì a resistere ancora per una stagione. I biancorossi sembravano destinati a una stagione migliore, ma dopo aver vinto il proprio girone si spensero già ai quarti di finale contro il Racing de Córdoba. Maradona però fu ancora una volta grande protagonista della squadra e si confermò per il secondo anno consecutivo capocannoniere di entrambi i tornei. Fu soprattutto nel Metropolitano che fece vedere tutte le sue qualità d cannoniere arrivando a segnare il suo record personale di venticinque reti, compresa la perla contro il Deportivo Pereira. L’argentino la definì la sua più bella marcatura in carriera quando partì dalla trequarti e scartò tutta la difesa avversaria, portiere compreso, resistendo a svariati tentativi di falli killer. Non arrivarono successi e titoli in quell’anno, ma ciò che fece vedere in campo per tutta la stagione bastò e per il secondo anno consecutivo vinse il Pallone d’oro sudamericano. La concorrenza era spietata, ma riuscì a lasciarsi alle spalle il brasiliano Zico, mentre terzo fu l’uruguaiano Victorino.Era giunto dunque il tempo di lasciare l’amato Argentinos Juniors per esperienze più importanti, dapprima nel Boca Juniors, con il quale vinse il Metropolitano 1981, e poi in Europa. A Barcellona fu un rapporto di amore e odio dove subì un gravissimo infortunio che ne limitò le prestazioni. Vinse la Copa del Rey e la Coppa delle Coppe in blaugrana, ma gli sfuggì sempre il trionfo in Liga. Nel 1984 passò a sorpresa al Napoli quando gli Azzurri erano solo una realtà di bassa classifica in Serie A. In Campania visse anni straordinari facendo toccare vette inimmaginabili alla squadra e nel 1987 portò il Ciuccio per la prima volta nella storia a vincere il campionato italiano. Fu un’impresa straordinaria, quasi più grande di quella che compì l’anno precedente quando trascinò la sua Argentina alla vittoria del Mondiale segnando reti di rara bellezza con Inghilterra e Belgio e facendo conoscere al pianeta la Mano de Dios. Il Napoli riuscì a vincere anche in campo internazionale con la splendida Coppa Uefa del 1989, ma da quell’estate i rapporti con il Presidente Ferlaino si incrinarono. Nonostante l’inizio tardivo della stagione Maradona fu determinante per il secondo successo napoletano nel 1990, ma la finale persa contro la Germania Ovest al Mondiale fu un durissimo colpo. Lasciò il San Paolo un anno dopo a seguito di una squalifica per doping dovuta alla cocaina e iniziò a vestire svariate maglie tra le quali quelle di Siviglia, Newell’s Old Boys e Boca Juniors. Disputò nel 1994 il suo quarto Mondiale, segnando una straordinaria rete alla Grecia, ma ancora una volta fu l’antidoping a fermarlo e nel 1997 finì definitivamente una delle più grandi carriere calcistiche che il calcio ricordi.

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