Calcionews24
·29 maggio 2025
Heysel, Alessio Degrandi a La Stampa: «Salvo per miracolo, gendarmi immobili. Quella Coppa? Una farsa»

In partnership with
Yahoo sportsCalcionews24
·29 maggio 2025
C’è una foto, tra le tanti sulla tragedia dell’Heysel, che vede un poliziotto provare a rianimare un ragazzo rimasto a terra. Si tratta di Alessio Degrandi, oggi ha 54 anni, in Belgio ha rischiato di perdere la vita. Ecco il suo racconto a La Stampa.
LA GENDARMERIA – «Era schierata, ma non interveniva. Rimaneva incredibilmente a guardare. Pensammo di avere tregua quando, a un certo punto, gli hooligans smisero di bersagliarci: le pietre volavano nel loro settore e pensavamo si colpissero tra loro, in realtà la parte bassa armava quella alta e a un certo punto, da lassù, partì una sassaiola violentissima. In tanti, nel contempo, s’erano riversati dalla nostra parte, così si scatenò il fuggi fuggi che s’infranse contro il muretto provocando, nella calca, la morte di 39 persone».
LA SUA VITA É RIPRESA – «Con un ricordo che non si potrà mai cancellare, ma è ripresa. Sono anche tornato allo stadio, sono abbonato alla Juventus».
PAURA DELLA FOLLA – «Mesi dopo l’Heysel, andai a vedere il derby di pallacanestro tra Montecatini e Pistoia: all’ingresso, appena aperte le porte, si creò un po’ di calca e in quel momento fui assalito da un attacco, credo, di claustrofobia, cominciai a sgomitare senza badare a chi avessi accanto. Come spesso succede, gli specialisti cui i miei genitori si rivolsero consigliarono, per superare il trauma, di riaffrontare la situazione alla sua radice, così mio padre mi riportò allo stadio per vedere Pisa-Juventus: da lì, pian piano, ho vinto la paura, anche se evito partite e situazioni “a rischio”».
GIOCARE LA FINALE – «Fu una scelta corrette se pensiamo ai pericoli d’ordine pubblico, ma ho già detto che dal mio punto di vista fu una farsa. Si poteva almeno evitare di tenerlo, quel trofeo, di vantarsene. Se mi chiedono quante Coppe dei Campioni ha la Juventus, rispondo una: quella con l’Ajax nel 1996 a Roma, dov’ero presente».