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·28 marzo 2021

Gnabry 2.0, il nuovo ‘nove’ della Germania di oggi e di domani

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“Con me, Serge Gnabry gioca sempre”, aveva dichiarato Joachim Löw, allenatore della Germania, un paio d’anni fa. Il Bundestrainer è sempre stato uno dei sostenitori più accaniti del classe 1995, tanto da averlo fatto esordire in Nazionale quando non si era ancora proposto sul panorama calcistico come un vero giocatore di alto livello, ma più come un talento inespresso in cerca della dimensione.

Era l’11 novembre 2016, la Germania era di scena a Serravalle contro San Marino, la gara da cui scaturì la celebre polemica tra la federazione del piccolo stato tra la Romagna e le Marche e Thomas Müller. Serge Gnabry faceva il suo debutto con la Germania dei grandi, concludendo una trafila che lo aveva portato a brillare con tutte le giovanili tedesche e a mettersi al collo l’argento Olimpico a Rio l’agosto precedente.


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Un debutto che poteva anche concretizzarsi qualche anno prima, nel 2014, per il Mondiale in Brasile. Quando Gnabry aveva 18 anni e aveva da poco fatto il suo esordio nell’Arsenal.

“Volevo portare già Gnabry in Brasile per il Mondiale del 2014, quando aveva 18 anni. Mertesacker e Özil mi avevano detto che era incredibilmente forte in allenamento e aveva un ritmo ottimo. Poi, sfortunatamente, si è fatto male”. Joachim Löw nell’ottobre 2019

L’allora giocatore del Werder Brema a San Marino fu mattatore assoluto, con una tripletta che attirò l’attenzione. Si guadagnò anche mezz’ora in amichevole contro l’Italia quattro giorni dopo, prima di una lunga assenza con la Mannschaft dei grandi, ma vincendo l’Europeo di categoria con l’Under 21 nel 2017.


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Dopo il passaggio al Bayern Monaco e i primi mesi di integrazione, a ottobre 2018 Löw è tornato a convocare Gnabry: era la Germania del post Mondiale che raccoglieva i cocci della campagna più disastrosa di sempre. Il classe 1995, cresciuto tra Stoccarda e Arsenal, non era stato coinvolto nel primo giro di convocazioni a settembre, ma un mese dopo – e dopo le prime presenze solide nel Bayern – ecco la seconda chiamata.

Dalla partita giocata da titolare contro la Francia in Nations League, Gnabry ha sempre fatto parte dell’undici titolare della nazionale tedesca, salvo per i riposi programmati o concordati col Bayern Monaco. 17 presenze dal primo minuto, contribuendo a 18 goal complessivi in quest’arco dii tempo, 8 più del secondo nella classifica del post Mondiale: 12 reti personali, 6 assist — a cui vanno sommati i tre goal all’esordio contro San Marino. Totale realizzativo: 15 reti in 19 gettoni collezionati. Contro la Romania l’esterno del Bayern Monaco ha interrotto un insolito digiuno di tre gare.

Fino a fine 2019 aveva una media di un goal a partita (13 in 13) più quattro assist. Numeri favoriti anche dalla sua posizione in campo: nel trio ibrido che Löw sta proponendo negli ultimi tre anni, Gnabry tende a occupare le zone centrali del campo e attaccare la profondità per vie interne, lasciando gli esterni a giocatori come Sané e Werner o Havertz. Tutti giocatori che, come lui, sono in grado di muoversi senza problemi su tutto il fronte offensivo e vengono lasciati spesso liberi di cercarsi la miglior posizione. Una soluzione che a livello offensivo e anche la fase di pressione ha spesso pagato, agevolata dal fatto che più o meno tutti i componenti della linea d’attacco hanno sempre avuto grande libertà anche nei club di appartenenza.

La duttilità di Gnabry in particolare incontra l’approvazione di Löw, tanto che prima della partita contro la Romania lo stesso commissario tecnico ha ipotizzato di utilizzare il giocatore del Bayern tra i tre di centrocampo qualora Goretzka avesse dato forfait. In passato aveva lodato la sua capacità di giocare nello stretto e difendere palla contro il pressing.

Grazie soprattutto al 25enne e ai suoi movimenti, l’attacco tedesco sta garantendo ottime prestazioni in termini statistici e di rendimento, in tutte le competizioni. Qualcuno negli ultimi tempi ha sollevato la problematica che la Germania non produca più uomini d’area come accadeva un tempo: con uno Gnabry così, forse di un ‘nove’ vecchio stampo non ce n’è neanche così bisogno.

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