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·22 novembre 2024

Farioli si racconta: “Ecco come mi scoprì De Zerbi. Sulla filosofia…”

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Il tecnico dell’Ajax Francesco Farioli si è raccontato in una lunga intervista concessa al quotidiano spagnolo As.

Francesco Farioli, tecnico italiano ma “emigrato” in Olanda per allenare una squadra storica come l’Ajax ha parlato al quotidiano spagnolo As sul rapporto che ha con il mondo del calcio e la filosofia ma anche su come De Zerbi ha scoperto il suo profilo.


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Dichiarazioni Farioli

“Non c’è un collegamento diretto tra filosofia e mondo del calcio, e può essere un po’ complicato, ma quello che mi piace fare è mescolare esperienze e cose che a volte provengono da ambiti diversi. Ciò che ho ottenuto dai miei studi all’università è un modo di pensare, di provare a pormi molte domande. Probabilmente, come allenatore, questo è stato uno dei fatti che ho mantenuto come eredità dei miei studi, e dei filosofi che ho studiato, voglio continuare a chiedermi delle cose”.

E’ vero che il tuo articolo su Wyscout su Foggia è stato il primo passo verso l’élite? “Sì, è stato così. Praticamente abbiamo giocato contro di loro in Coppa Italia quando ero preparatore dei portieri della Lucchese (Serie C). Quando scrivevo per questo blog analizzando alcune tattiche, di solito erano sempre quelle del Real Madrid, del Barcellona, ​​della Juventus… dei grandi club di Champions League. E un giorno ho pensato che anche il Foggia meritava di essere analizzato perché stava facendo delle cose molto buone. Quindi ho realizzato l’articolo e ho condiviso i collegamenti. In qualche modo, da qualche parte, sono finito al telefono con De Zerbi. E, un anno dopo, ho deciso di iniziare a lavorare su questo”.

Sei un grande innovatore nel calcio di oggi, ma ognuno ha i suoi riferimenti. Quali sono stati i tuoi? “Molti. Non si ricomincia mai da zero, e non solo nel calcio, ma in generale. Sei sempre influenzato, influenzato dall’educazione, da ciò che vedi e soprattutto da ciò che ti piace. Penso che questo sia l’impatto più profondo che puoi avere. Fanno parte del calcio che mi piace, del calcio che mi sta vicino. E poi tra tutte le idee e tutte le influenze che hai, penso che la parte migliore del nostro lavoro sia riuscire a mescolarsi. Puoi aggiungere un paio di cose, puoi togliere qualcosa e alla fine non c’è un solo modo di giocare a calcio, ce ne sono tanti. La parte più importante, credo, è cercare di trasferire ciò che è più vicino alla tua visione, al modo in cui sei e al modo in cui credi”.

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