Juventusnews24
·26 novembre 2024
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Nicolò Fagioli, centrocampista della Juve, si racconta in Fragile, il documentario che ripercorre il difficile periodo vissuto con la dipendenza dal gioco d’azzardo. Le parole del giocatore bianconero.
COSA ERA PER LUI IL GIOCO – «Era un modo diciamo stupido per passare il tempo. Poi negli anni è peggiorato, diventava più frequente. Magari ti alzavi al mattino con la voglia non di fare una passeggiata con gli amici ma di fare una scommessa. Le puntate più alte le ho iniziate nell’Under 23. Non giocavo per vincere soldi, non ne avevo bisogno, giocavo per l’adrenalina che mi dava. Era il problema principale.
Alla Cremonese avevo preso il Covid e mi era durato circa un mese, in quel periodo avevo scommesso diverse volte ed era diventato sempre più automatico. Sono andato al Sert per parlare con chi si occupava di gioco d’azzardo, due tre volte, poi non mi sembrava tanto utile e pensavo di non aver bisogno di persone specializzate».
QUANDO LE COSE SONO SFUGGITE DI MANO – «A settembre del 2022/23, quando sono tornato alla Juve. Sfuggivo dai problemi, ma le somme diventavano sempre più grosse. Non volevo ammetterlo a me stesso, sono andato avanti così 6/7 mesi. Ogni tanto vincevo ma ripagavo quello che avevo perso prima. Nel momento più brutto facevo anche 12/13 ore al telefono, passavano come fossero 2/3 ore. Sembrava una bolla con te stesso, se mi facevano delle domande rispondevo ma dopo un’ora non ricordavo cosa mi avessero chiesto».
GIOCO COME UNA MALATTIA – «Sapevo di avere una malattia, non volevo ammetterlo a me stesso perché volevo nasconderlo alle persone».
RICORDI – «Ci sono stati periodi in cui giocavo di notte, rimanevo sveglio. Quando lo facevo al pomeriggio stavo in stanza, cercavo di non farlo vedere. Stavo da solo, non volevo distrazioni. La scommessa più alta era di 10mila euro. Ma non era tanto la puntata, ma la frequenza. Si sommava tutto e diventava sempre di più. La somma precia non la so, ma era un centinaio di migliaia di euro».
PROBLEMA SOLDI – «Mi dispiaceva, ma non pensavo a quello. Pensavo ai rapporti, ero più nervoso con i miei genitori, con Giulia, con tutti».
PIANTO IN SASSUOLO JUVE – «Ero uscito di molti soldi, non sapevo come tirarli fuori. Ero stato cambiato dopo due minuti, lì ci ho visto nero e ho cominciato a piangere».
CADUTO IN DEPRESSIONE – «C’ero prima, quando avevo il problema. Ero nullo, giocavo a calcio la domenica ed era l’unico momento in cui mi sfogavo, ma per il resto poco e niente. Non mi tenevo fisicamente fuori dal campo, davo poca importanza a cosa dovevo fare».
PENSIERO DEL GIOCO – «Anche in campo ma incosciamente. Magari sbagliavo un passaggio facile e dicevo “Vedi sei distratto perchè fai altre cagate fuori”».
FUORI DAL CAMPO – «Mi viene meno essere felice come quando sono in campo o quando gioco a tennis, la cosa che mi riesce meglio è la cosa che amo fare».
RICORDI DI QUEL 20 MAGGIO – «Una mattina ero a casa con Giulia, suonano il campanello, chiedo chi è e vedo la polizia fuori in borghese che mi disse di dover parlare. Ho chiamato mia mamma a casa».
RIENTRO IN CAMPO – «C’era preoccupazione dopo sette mesi senza partite. Non sapevo come sarebbe stata di nuovo la prima volta. Speravo non così difficile come poteva essere. Non mi immaginavo in campo, mi immaginavo il vedere felici la mia famiglia e gli amici. Pensavo a quello».
GUARIRE DAL GIOCO D’AZZARDO – «Non è una definizione giusta, ci devi convivere. E’ difficile, se ti piace bere la Coca-Cola e ti metti a dieta, e poi dici che fa schifo non è giusto. Se smetti di berla ok, ma magari qualche pensiero per la testa ancora ce l’hai».
EMOZIONI DOPO SETTE MESI – «Un’agonia, ogni giorno mettevo una croce sul calendario e dicevo “Mancano 180 giorni, mancano 100 giorni, mancano 50 giorni…”. Non vedevo l’ora, me l’immaginavo così. Col Monza era la prima partita in casa con i nostri tifosi, è stata una bellissima emozione».
MINACCE – «Prima della partita di Siviglia mi avevano scritto che mi avrebbero spezzato le gambe».
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