Ex Sampdoria, Roselli: «Costruire la squadra in B per un club così è una delle cose più difficili. Serve personalità adeguata» | OneFootball

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·22 gennaio 2025

Ex Sampdoria, Roselli: «Costruire la squadra in B per un club così è una delle cose più difficili. Serve personalità adeguata»

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Giorgio Roselli, ex centrocampista della Sampdoria, ha rilasciato una lunga intervista in cui ha affrontato diversi temi. Le dichiarazioni

Giorgio Roselli, ex centrocampista della Sampdoria, ha rilasciato una lunga intervista all’edizione genovese de La Repubblica. Diversi i temi affrontati, dai suoi trascorsi alla riflessione relativa al momento critico blucerchiato in Serie B. Tutti fondamentali e ricchi di spunti interessanti. Vi riportiamo le dichiarazioni:

GENOVA – «Sono arrivato il 24 ottobre 1978, era il martedì dopo il derby perso con la doppietta di Damiani, assieme a Luciano Marangon, che poi rimase in Veneto. A Vicenza il mio tecnico era Gb Fabbri e mi diede un consiglio “da padre”: “Stai giocando titolare in A, chiedi il doppio dello stipendio, non te lo daranno sicuro e torni qua”. Parlai con il dottor Stagno, feci la richiesta suggerita, ma disse subito okay e arrivai in blucerchiato. A Bogliasco, duemila tifosi a salutarci. Cambiarono anche il mister, Giorgio Canali, che mi aveva voluto, fu sostituito da Lamberto Giorgis. Esordio la domenica seguente a Bari, perdemmo 1-0 e fu ultimo posto a tre punti con il Taranto».


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GIORGIS – «Giorgis era una persona di altissimo livello, in un momento difficile aiuta. Compattare il gruppo non è facile in certe situazioni. Allora, però, soffrivamo insieme, eravamo da soli, al massimo si ascoltavano i familiari, adesso ogni calciatore è una mezza azienda. Gli interessi economici hanno rotto antichi equilibri».

GOL – «Non ricordo un episodio particolare, solo alcuni segnali positivi. Ad esempio, il mio primo gol con l’Udinese arrivò con un cross sbagliato, che si infilò nel secondo palo dopo aver subito nel primo tempo una squadra fantastica. Naturalmente il gol decisivo nel derby del ritorno, sotto la Nord, di punta, tra i pali Girardi. Il traguardo fu certo solo all’ultima giornata. Anche alla Ternana bastava un punto per la salvezza matematica e finì 3-3, pareggio salomonico».

STAGIONE SEGUENTE – «Arrivò Toneatto, diede linfa incredibile e cominciò la rimonta, culminata nel 3-2 al Genoa. Cambiò la proprietà e la prospettiva cambiò. Eravamo messi nelle condizioni ideali, protetti dall’esterno e arrivò il cambio di marcia. Fu sfiorata la Serie A nel 1981, la vittoria di Roma, consegnò la promozione al Genoa e il martedì seguente, Paolo Mantovani venne a Bogliasco e pagò il premio doppio. Era il suo modo di vivere la rivalità cittadina, avversari non nemici. Il salto fu rimandato di dodici mesi, dopo una rimonta esaltante, con un gruppo di giocatori di A e qualche ex azzurro, Sala, Scanziani, Garritano, Galdiolo, Guerrini. Uno squadrone».

SAMPDORIA – «Costruire la squadra in B per un club così è una delle cose più difficili, è come la Juventus in A per maglia, blasone, attese, il giocatore di categoria fa fatica e si vede in campo. Serve personalità adeguata. All’Inter non ero all’altezza, c’era Mazzola, mi hanno mandato al Vicenza. La personalità si conquista solo nel tempo, nel mio caso a 25 anni a Pescara, non è solo legata all’età. A mio parere, alla Sampdoria, mancano le guide in campo, è evidente nei momenti difficili. Aggiungo che va ricostruita la squadra a livello psicologico perché dopo un momento così difficile è inevitabile. La maglia della Sampdoria pesa tanto e più che mai in questi momenti e in Serie B».

CELEBRAZIONE GOL – «Posso solo dire che è la prima cosa che chiedo alle mie squadre. Quando si segna, tutti ad abbracciarsi. Può essere un dettaglio, ma fa la differenza».

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