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·2 maggio 2025

Espanyol, Kumbulla: “In estate torno a Roma poi si vedrà”

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Il difensore di proprietà della Roma ma in prestito all’Espanyol Marash Kumbulla ha rilasciato un’intervista a TMW: le sue dichiarazioni.

Rinato in Spagna dopo un periodo buio in Italia con le maglie di Roma e Sassuolo, il difensore albanese Marash Kumbulla ha parlato della sua esperienza a Barcellona ai microfoni di TMW.


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L’intervista di Kumbulla

“All’inizio ero un po’ titubante, per il fatto di cambiare città e Paese. Ma è bastata una settimana, mi sono ambientato benissimo e mi sembrava di essere in Italia: la differenza è la lingua, ma culturalmente Spagna e Italia sono molto simili. Anche il fatto di giocare aiuta molto, perché ti relazioni coi compagni con molta più intensità rispetto a quando non giochi dall’inizio. Adesso sono innamorato della città”.

Parli bene lo spagnolo, l’hai studiato? “A dire il vero non ho studiato tanto: l’ho appreso più che altro parlando coi compagni, è stato abbastanza facile e naturale. Dopo un mese e mezzo già mi relazionavo coi compagni senza problemi”.

Quanto è stato importante ritrovare continuità dopo il brutto infortunio al ginocchio? “È molto importante. Quando torni da un infortunio così, hai bisogno di quel tempo, che poi varia da persona a persona, in cui devi tornare a essere quello che eri prima. Ti alleni, giochi, ma non ti senti ancora al meglio: io ho avuto bisogno di questi mesi per ritornare a quello che ero prima, e con la costanza di giocare ogni settimana mi sono ritrovato”.

Adesso sei tornato sicuro anche nei contrasti. “Non solo, contano tante cose proprio a livello fisico: il poter fare quello che pensi in quel momento. Mezzo secondo nel calcio fa la differenza, ti cambia tutto”

Serie A contro Liga, cosa cambia per Kumbulla? “È un calcio meno tattico rispetto all’Italia, si è più esposti a contropiede o giocate offensive. E poi c’è una grande differenza nella mentalità, che qui è molto serena”.

Beh, siete anche tranquilli in classifica… “Adesso sì, ma c’è stato un periodo in cui magari non eravamo messi benissimo. Rispetto all’Italia, c’è molta più serenità: io che non sono uno che legge tanto i giornali, vedo che comunque non c’è la stessa pressione che c’è in Italia”.

Mbappè, Lamine, Nico Williams, Vinicius: il più complicato? “Mbappè, anche perché visto il ruolo l’ho affrontato più volte ed è tosta. Anche Nico Williams mi ha creato delle difficoltà, sebbene da esterno. Ma Mbappé va in Ferrari, altro che motorino… Uno contro uno ti salta: a campo aperto contro di lui è tostissima e diventa più semplice se ti aiuti con i compagni. Alla fine è sempre una questione di lavoro di squadra”.

Cosa pensi se ti chiedo della vittoria della Conference con la  ? “Mi ricordo sempre la festa subito dopo la partita con i tifosi, a Tirana: giocare in Albania per me ha reso tutto ancora più speciale. Poi la cosa che mi è rimasta dentro sono stati i festeggiamenti del giorno dopo, per le strade di Roma: sapevo che tifoseria c’è, ma quando sul pullman ci metti non so quante ore a fare il giro di Roma capisci quanto siano attaccati alla squadra”.

Cosa ti è mancato a Roma? “Io sono arrivato nel mercato post Covid, ero partito bene: poi c’è stato un momento in cui comunque ho giocato, ma ero più un’alternativa. E io penso di essere un tipo di giocatore che ha bisogno di costanza, ma più che altro perché fisicamente sono uno che ha bisogno di giocare e allenarsi sempre bene. Magari dopo un po’, essendo anche giovane, non ho saputo magari gestire il tutto. Poi i vari infortuni, ma soprattutto quello principale al ginocchio, mi hanno penalizzato. Però avevo anche tanta bella concorrenza: sapevo di aver davanti giocatori forti. Poi ovviamente tutti vorrebbero giocare sempre e non sei felice quando giochi. Però faccio un esempio: c’è stato un periodo con Mourinho in cui vincevamo un sacco di partite 1-0. Cosa potevo dirgli?”.

Ti capita ancora di sentire qualche compagno, magari Edoardo Bove? “Qualche volta ci sentiamo, l’affetto rimane sempre anche senza sentirsi tutti i giorni. Quel momento lì l’ho vissuto malissimo: stavo guardando la partita e sono rimasto paralizzato, come penso tutti. L’unica cosa che speravo era di ricevere notizie belle il prima possibile, poi ero più tranquillo quando ho saputo che Il peggio era passato”.

Il tuo futuro dove sarà? “Voglio cercare di continuare su questa scia, nel senso di continuità e di costanza nel giocare. Non so quale sarà il futuro: sicuramente a fine campionato tornerò a Roma, perché sono in prestito secco. E poi non so cosa succederà, però sicuramente quello che voglio è cercare di avere più continuità possibile, come l’ho avuta quest’anno”.

Spagna o Italia? “Sicuramente, avendo visto come funzionano le cose qua non chiudo le porte alla possibilità di tornare in Spagna. Però non so davvero niente e intanto penso a chiudere la stagione per bene qua”.

Sei nato e cresciuto in Italia, ma hai sempre giocato con l’Albania. Come mai? “Beh, fino a 18 anni non avevo ancora il passaporto italiano, anche se ero nato in Italia. Da quando avevo 14 anni mi ha chiamato l’Albania e ovviamente ci sono andato: i miei genitori sono albanesi, la mia famiglia è albanese, e ci tenevo a andarci. Poi, quando ho iniziato a giocare in Serie A, c’è stato un piccolo interessamento dell’Italia: ho voluto continuare con chi aveva sempre sempre creduto in me. Non è stata neanche una vera scelta, ho sempre giocato con l’Albania e sono contento di farlo”.

Sognate la qualificazione ai Mondiali… “Sarebbe come vincere il Mondiale in Italia. Non ci siamo mai qualificati e sappiamo che è difficile, perché nel gruppo ci sono squadre forti: credo che sarà decisiva la gara con la Serbia a giugno. È la concorrente per il secondo posto, dato che il primo credo andrà all’Inghilterra. Speriamo, ci crediamo: in Albania c’è pochissima superstizione e tutti dicono che ci andremo. Vediamo”.

Un Italia-Albania ai Mondiali? “Sarebbe bellissimo, magari”.

Il tuo connazionale Ismajli è esploso a Empoli, te lo aspettavi? “Sì. Da quando in nazionale giocavamo a tre, io, lui e Djimsiti, mi sentivo molto bene con tutti e due. Ismajli è sempre stato proprio forte: magari non è altissimo, ma colma con la sua forza e salta davvero in alto. Poi è molto attento nelle coperture, nel posizionamento: è impossibile trovarlo in una posizione sbagliata. Io ho molta stima di lui: quando gioco insieme a lui in nazionale mi sento molto sicuro, e trasmette anche lui questa sicurezza ai compagni”.

Un altro tuo compagno di nazionale come Asllani fatica a imporsi nell’Inter. Che idea ti sei fatto? “Tecnicamente è fortissimo, poi non lo so: bisogna conoscere le dinamiche interne alla squadra. Posso fare il mio esempio: quando non giocavo molto e poi arrivava il momento, non mi sentivo al top. È un discorso personale, ma nella costanza trovi comunque fiducia: vale soprattutto per un ragazzo giovane come è lui o come lo ero io due-tre anni fa”.

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