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·22 aprile 2024
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Real Madrid – Barcellona, mas que un partido. El Clasico, come era facilmente prevedibile prima della sfida del Bernabeu regala il consueto spettacolo e consegna, di fatto, la Liga al Real. Decisivo, come spesso accade, Bellingham. Vittoria festeggiata moltissimo. Perché El Clasico non è solo calcio. Al di là del risultato e del fascino un po’ sgualcito dopo l’addio di Cristiano Ronaldo e Messi alla Spagna, questa partita non è mai stata, né lo sarà mai, una sfida che si può restringere in novanta minuti. Nel rettangolo di gioco si concentrano anni di storia. Non solo “futbolistica”. Anzi, il calcio è spesso l’ultima ragione per cui i tifosi attendono un match che, negli ultimi anni, rappresenta la quintessenza del concetto di rivalità. El Clasico è storia, tradizione, una possibilità che si rinnova (almeno) due volte l’anno per dimostrare chi è il più forte.
Real Madrid-Barcellona è una questione identitaria. Una storia che affonda le radici al tempo del Caudillo, al secolo Francisco Franco. Una parentesi vissuta con sofferenza dal popolo catalano che si sente vittima di una dittatura dopo la guerra civile (1936-39) che portò alla fine della Repubblica e cancellò l’autonomia della Catalogna, dichiarando, tra l’altro, illegale la lingua catalana. Da allora, è cambiato tutto ma non molto in riva al Mediterraneo, dove si sentono molto più catalani che spagnoli (e non hanno perso occasione di ricordarlo nelle elezioni regionali). A quelle latitudini Madrid è comunque rimasta perfetta immagine della forza politica che rappresentava la Corona. Inevitabile che il calcio, in questo contesto, significhi moltissimo in termini culturali, territoriali.
Immagine | Epa
El Clasico è stato calcio: Ronaldo contro Messi, segnando un’epoca che difficilmente potrà essere eguagliata. È stata filosofia: quella “galactica” delle campagne acquisti magnificenti del Real contro i “canterani” e il “futbol socialista” che si poggia sulla forza del talento e del Barcellona. E poi Mourinho contro Guardiola, il tecnico conservatore contro l’innovatore. E ancora politica, con Piqué, che non ha mai perso occasione per gridare all’indipendenza, nonostante non abbia avuto problemi a vestire e a vincere tutto indossando la Roja della Nazionale. Ed è stato Guardiola che in Inghilterra, a chilometri di distanza scende in campo in Premier League con un fiocco giallo sul petto, a sostegno di due membri del governo della Catalogna attualmente in carcere. Ed infine rivalità: indimenticabile il passaggio di Figo dal Barcellona al Real, trasferimento così mal digerito dai tifosi culé a tal punto da recapitare, alla prima occasione possibile, al diretto interessato, una testa di maiale ai bordi del campo. Una storia infinita.