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·11 maggio 2020

Derby del mondo: Nacional-Peñarol

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Montevideo, una delle eccellenze nel panorama sudamericano, città ricca di storia e Capitale di un piccolo Stato ma di grande tradizione come l’Uruguay. Tre milioni e mezzo di persone abitano la nazione e ben due e mezzo vivono nella principale città che, da recenti studi, risulta essere quella con la miglior qualità di vita dell’intero Continente. Questa piccola landa nel sud est del Sud America è anche un po’ la seconda patria del calcio, quella che ha permesso di amare e apprezzare il Mondiale. Non di sola Celeste però vive la bella Montevideo, ma anche di forti rivalità interne tra club. La maggior parte delle squadre Primera División vengono dalla Capitale, ma sono due le principali realtà che infiammano la città: il Nacional e il Peñarol.

Due mondi agli antipodi con i gialloneri che nacquero per primi nel lontano 1891 da alcuni ferrovieri prevalentemente inglesi. In realtà c’è anche molta Italia nella nascita del sodalizio, in quanto il nome deriva dalla spagnolizzazione della città piemontese di Pinerolo. Una vera e propria colonia internazionale dunque, dove già allora si parlavano varie lingue e si ascoltavano vari accenti. L’eccessiva presenza di stranieri, il primo capocannoniere della storia del campionato uruguaiano fu lo scozzese James Buchanan, non fece per nulla contenti molti sostenitori dell’epoca e c’è chi decise di fondare una nuova squadra. Grazie all’aiuto di alcuni dirigenti dissidenti dei “Carboneros” vennero fuse le squadre di Uruguay Athletic Club e Montevideo Football Club e nel 1899 nacque così il Nacional. L’idea sarebbe stata quella di contrastare i rivali solo con giocatori uruguagi, anche non necessariamente della Capitale, e dal 1900 iniziò la più antica rivalità calcistica fuori dalla Gran Bretagna.


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La prima sfida si tenne nel luglio del 1900 con un 2-0 per il Peñarol grazie alla doppietta di Aniceto Camacho e l’anno seguente furono ancora i gialloneri a imporsi per 1-0 nella “Copa Competencia” per la prima storica sfida ufficiale. Nel 1911 venne giocata nella Copa de Honor una storica gara chiusa con il punteggio di 7-3 per i “Carboneros” sui “Bolsos“, partita che ancora oggi risulta essere quella con più reti della storia del Superclásico. I tornei di Apertura e di Clausura sono da sempre dominati da queste due realtà e la loro presenza è sempre stata di primo piano anche nella storia della Copa Libertadores. Sono ben otto i successi continentali, cinque per il Peñarol e tre per il Nacional, con i gialloneri che nel 1960 vinsero la prima storica edizione del trofeo. Gli scontri tra queste due squadre superano i cinquecento incontri, causa anche il cervellotico sistema con il quale viene assegnato il trofeo in Uruguay che porta a numerosi incontri in una singola stagione. Una delle più famose e più caratteristiche però è senza dubbio quella del ventitre aprile 1987. Dopo soli ventidue minuti l’arbitro aveva espulso già tre giocatori dei Carboneros e tutto lasciava presagire a una comoda vittoria dei Bolsos. Quello che accade in quel pomeriggio di primavera fu però incredibile, con i gialloneri che resistettero strenuamente in difesa e nel finale Jorge Cabrera trovò l’incredibile centro dell’1-0 finale. Fu una sfida leggendaria che passò ben presto alla storia come “El Clásico de los 8 contra 11“. Ad animare ancora di più la sfida c’è l’eterna contesa dello stadio. Il Peñarol gioca le sue attuali partite nel Campeón del Siglo, mentre il Nacional nel Gran Parque Central, ma entrambi gli impianti sono troppo piccoli per un Superclásico. Così ecco che le tifoserie vengono dirottate nell’immenso Centenario dove entrambe danno mostra di coreografie mozzafiato, come la bandiera più grande del mondo di ben cinquemila chili esposta durante la gara tra Nacional e Toluca.

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Nonostante la squadra con origine più popolare fosse quella del Nacional, è sempre stato il Peñarol quella più tifata e il derby è sempre stato tra i più accesi del mondo. Curiosità vuole che la parola spagnola per definire tifoso, ovvero “hincha“, derivi proprio da Peidencio Miguel Reyes, tifoso del Tricolor che per primo iniziò a sostenere ogni azione della propria squadra con grida e cori riuscendo a far avvicinare a sé sempre più gente. Il personaggio divenne noto prima in tutto lo stadio e poi in tutte le nazioni di lingua castillana e il termine “inflar” venne storpiato con “hinchar“. Le due “Barra Brava” sono sempre state tra le più calde e violente del continente e l’apice lo si raggiunse nel 1994. Poco prima dell’inizio della partita gli scontri si animarono come mai prima e a perdere la vita fu un giovanissimo di soli sedici anni. La gara chiaramente non venne disputata e la Federazione decise di punire entrambe le compagini con quattro punti di penalizzazione. La scena si ripetè nel 2016, questa volta fortunatamente senza decessi, ma anche quella volta le istituzioni furono costrette a vietare l’avvio della partita e per qualche giorno si pensò addirittura di sospendere il campionato. L’omicidio però venne pareggiato nel 2011, senza che ci fosse in palio nessuna gara. Un tifoso del Peñarol andò a sparare nei pressi dell’abitazione di un giovane del Nacional con fare intimidatorio, ma la situazione sfuggì di mano. Il giallonero tornò verso la propria casa, ma nel quartiere di Nueva Palmira y Defensa e alcuni esponenti del Barrio del Tricolor spararono e uccisero il ragazzo. Storie tragiche che con il calcio hanno ben poco a che fare ma che in qualche riescono ad accrescere sempre di più il mito della sfida più antica del Sud America.Due volti della stessa città, una rivalità storica che non tramonterà mai, perché a Montevideo o sei uno Bolso o sei un Carbonero.

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