Calcio e Finanza
·27 giugno 2025
Decreto Sport, cosa cambia con i contratti fino a 8 anni: parla il CFO del Parma Casagrande

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·27 giugno 2025
Tra le novità previste dal Decreto Sport presentato nei giorni scorsi dal ministro Andrea Abodi, e prossimo alla conversione in legge, ce n’è una interessante che tocca la sfera calcistica. Nello schema di Decreto – il cui testo ufficiale deve ancora essere pubblicato – si legge che «all’articolo 26, comma 2, primo periodo [del D. Lgs. n. 36/2021 ndr], la parola “cinque”, è sostituita dalla seguente “otto”».
Il riferimento è agli anni di durata massima dei contratti che le società professionistiche possono sottoporre ai loro atleti. Dopo l’emanazione del Presidente della Repubblica, quando il Decreto entrerà in vigore, le società saranno libere di vincolare gli atleti per un periodo massimo di otto anni, in luogo del tetto delle cinque stagioni, vigente da quasi 45 anni.
La norma interverrà dunque sulla durata massima dei contratti dei calciatori, ma non sull’arco di tempo dell’ammortamento, esattamente come accade in Premier League dalla fine del 2023. In sostanza, il calciatore potrà sì legarsi al club per un periodo superiore rispetto a quello massimo previsto attualmente, ma nella redazione del bilancio da presentare in ambito federale, il costo del cartellino sarà spalmato su un massimo di cinque stagioni (come previsto anche dalle norme UEFA sul Fair Play Finanziario).
Ma cosa cambierà dunque per il mondo del calcio? Quale impatto avrà questa novità sulle società professionistiche? Calcio e Finanza ne ha parlato con Valerio Casagrande (47 anni), che dal 2018 è il Chief Financial Officer (CFO) del Parma.
La premessa è che «si tratta ancora di uno schema di Decreto Legge che deve essere soggetto all’iter che lo porti a diventare una legge vera e propria. Questo stato di fatto mi impone di evidenziare che le valutazioni che seguiranno potrebbero cambiare in ragione della legge definitiva e di fare una riflessione sulla temporalità del provvedimento: è auspicabile che il contesto normativo si chiarisca rapidamente al fine di permettere ai club di aver solide basi per orientare le loro decisioni nell’imminente campagna trasferimenti. Ciò premesso, dal mio punto di vista ci sono dei vantaggi nel fatto che con una durata contrattuale più lunga si possano ridurre i costi di negoziazione. Dopo cinque anni, non si è costretti a dovere rinegoziare un accordo con tutti quei costi accessori che un rinnovo si porta dietro e contestualmente si innalza il livello di protezione rispetto ad alcuni giocatori», ha spiegato Casagrande.
Chiaramente si tratta di un’arma a doppio taglio, questo perché «un contratto garantito per una durata più lunga per un giocatore valido è un affare, ma un accordo dello stesso tipo per un calciatore che non rientra più nei piani o che non si sia rivelato valido sul piano tecnico, porta ad avere internalizzato dei costi ulteriori».
Il manager, con un curriculum di docente in master e corsi in football finance e studi alla Bocconi, vede il ricorso a questo possibilità utile «per pochi limitati e selezionati giocatori. Per questi può dimostrarsi uno strumento favorevole. Se penso alla Premier League, a fronte della possibilità di avere contratti più lunghi, noto come ci sia stato un “cherry picking” (una selezione su investimenti considerati affidabili a lungo termine, ndr) sui giocatori ai quali applicarli. Penso ad Haaland del Manchester City, per fare un esempio: un giocatore molto giovane che ha mostrato solidità ed efficienza e con tutti i presupposti di mantenere questo valore anche nel lungo periodo».
Valerio Casagrande
Ma tra i vantaggi individuati da Casagrande in relazione all’allungamento della durata massima contrattuale, ce ne sono alcuni anche a livello finanziario per le società: «Un altro elemento da considerare è che ci sono operazioni finanziarie sofisticate che sfruttano come collaterale il valore del calciatore». In finanza, un collaterale è un bene, reale o finanziario, concesso da chi contrae un debito al creditore come garanzia del ripagamento del debito stesso al momento della scadenza.
«Se è garantito che un calciatore rimanga più tempo nella società – prosegue Casagrande –, queste operazioni possono beneficiarne. Se il giocatore rimane per più tempo, l’operazione può essere facilitata da un elemento di garanzia ulteriore: la durata del contratto. In ogni caso, credo che vedremo contratti di questo tipo su una selezione di giocatori, ossia atleti tendenzialmente giovani, che abbiano mostrato chiaramente il loro valore tecnico e che diano ragionevoli garanzie alla società di mantenere le loro performance nel corso del tempo. Altrimenti per i club c’è il rischio di vedersi intrappolati».
Tornando invece al tema degli ammortamenti, come detto la normativa non impatterà a livello di redazione del bilancio da parte dei club in ambito federale (ai fini, per esempio, del calcolo indicatori economico – finanziari) o per il rispetto dei limiti imposti dalla UEFA con il Fair Play Finanziario. Il costo del cartellino sarà spalmato su una durata massima di cinque anni, mentre l’unico punto interrogativo riguarda il bilancio a livello civilistico.
L’articolo 2426 del Codice Civile stabilisce, al comma 2, che «il costo delle immobilizzazioni, materiali e immateriali, la cui utilizzazione è limitata nel tempo deve essere sistematicamente ammortizzato in ogni esercizio in relazione con la loro residua possibilità di utilizzazione». Dunque, per la durata di vita utile del calciatore (la durata del contratto), che si alzerà potenzialmente a un massimo di otto anni. Questo significa che potenzialmente, il bilancio civilistico potrebbe avere un impatto positivo in termini di minori costi rispetto a un ammortamento sulla durata massima di cinque anni.
«A livello civilistico questa novità porterebbe un risultato economico migliore. L’effetto positivo sarebbe quello di avere meno problematiche a livello di patrimonio netto positivo. L’effetto negativo sarebbe, invece, costituito dall’aumento delle imposte, elemento che, tuttavia, non è necessariamente il più sentito dalla maggior parte dei club, data la diffusa iporedditività nel settore», ha aggiunto Casagrande. Resta da capire se sarà effettivamente così, perché con questa norma «si andrebbe introdurre una convenzione diversa dal principio contabile generale».
«Dal punto di vista civilistico, l’ammortamento va in corrispondenza con la durata del contratto e un periodo di ammortamento convenzionale, inferiore alla durata del contratto, determinerebbe un doppio binario: un risultato civilistico, che differirebbe da quello utilizzato per il reporting in ambito federale», ha aggiunto Casagrande, evidenziando che è esattamente quello che, ad esempio, accade in Inghilterra.
«In Premier League la durata dei contratti dei calciatori, già da diverso tempo, può essere superiore a 5 anni. In Inghilterra, addirittura, non esiste un tetto massimo alla durata contrattuale. La Premier League ha, tuttavia, stabilito che la durata massima dell’ammortamento, ai fini delle regole economiche interne della Lega, sia pari a 5 anni, in coerenza con quanto previsto dalle disposizioni UEFA per il Fair Play Finanziario (ora denominato propriamente Financial Sustainability Regulations, ndr). Nell’ambito dell’ordinamento giuridico ordinario, però, prevale la regola contabile generale: pertanto, il periodo di ammortamento corrisponde con la durata del contratto economico tra il club e il calciatore e, dunque, può eccedere i 5 anni. I club inglesi predispongono, dunque, un duplice set di informativa finanziaria: un reporting per la Premier League (allineato con l’UEFA, ndr) e un altro civilistico, per le istituzioni ordinarie del Paese».