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Davide Zanelli·24 febbraio 2022
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Davide Zanelli·24 febbraio 2022
La Russia attacca l’Ucraina e il mondo si ferma, attonito, a guardare. Mentre milioni di ucraini cercano di raggiungere la Polonia i social vengono lacerati da video di bombardamenti e aerei da guerra che sorvolano centri abitati, l’Italia e il mondo intero seguono con apprensione.
Tra gli italiani che si trovano a Kiev, in questo momento, ci sono anche Roberto De Zerbi e otto membri del suo staff allo Shakhtar Donetsk. Il campionato ucraino è stato sospeso da poco e l’allenatore ha raccontato ai microfoni di Sportitalia cosa stia accadendo e in quale situazione si trovino lui e i suoi collaboratori.
“Viviamo questo clima di tensione da giorni – ha spiegato De Zerbi -. Aspettavamo la sospensione del campionato per andare a casa. Quando fai l’allenatore hai anche la responsabilità dei giocatori, noi abbiamo 13 brasiliani. Stamattina ci siamo svegliati perché abbiamo sentito le esplosioni. Stiamo bene. Siamo chiusi in hotel, aspettando notizie dall’Ambasciata che ieri ci aveva sollecitato di lasciare il Paese. Non abbiamo alcuna rimostranza con loro, si sono comportati bene con noi. Stiamo aspettando per capire cosa fare”.
L’allenatore, gli 8 membri del suo staff e i calciatori brasiliani del club ucraino, insieme alle loro famiglie, hanno lasciato le loro abitazioni e sono chiusi in un hotel di Kiev con le valigie nelle stanze. Tutti in contatto costante con le rispettive ambasciate per capire come poter far rientro nei vari paesi d’origine.
“La vera preoccupazione è per la mia famiglia, per i nostri cari che sono preoccupati e forse stanno vivendo peggio di noi questa situazione – ha aggiunto De Zerbi -. Non volevamo fare gli eroi, gli eroi non esistono, chi lavora nel calcio non può fare altro ma nel nostro lavoro ci sono delle responsabilità e dei valori, che ho sempre rispettato e anche quelli del mio staff hanno seguito quella che era la mia linea, che era quella di non abbandonare il club, fino a quando la nostra presenza era necessaria, ovvero fino a quando il campionato era in svolgimento, quando il campionato è stato sospeso, purtroppo solo stamattina, la nostra presenza qui non ha senso. Ieri ci dicevano che c’era il 70% di possibilità di giocare a Kharkiv, a 30 km dal confine con la Russia”.
“Non è questione di paura. Non siamo in vacanza chiaramente, non c’è questo clima ovviamente, ma non abbiamo grande paura. Siamo forse più preoccupati per i nostri parenti e le nostre famiglie che per noi. Io sono fiducioso di natura. Il club ha vissuto questa situazione già nel 2014 e anche nei confronti loro, noi stiamo pensando di andare via, loro devono stare qui perché ci sono i giocatori ucraini anche, è una situazione difficile”.