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·8 dicembre 2024

Dalla pirateria ricavi illegali simili al traffico di cocaina: cosa manca ancora alla legge italiana

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Javier Tebas, presidente de La Liga spagnola nonché uno dei grandi capi del calcio europeo, ha definito la legge italiana sulla pirateria audiovisiva come la più all’avanguardia d’Europa. «L’esempio è la normativa italiana del 2023, la migliore in assoluto nella lotta alla pirateria. Magari l’avessimo in Spagna», ha spiegato il manager iberico.

Eppure, nonostante questa legge sia invidiata all’estero, la pirateria continua a essere a livello economico uno dei maggiori tarli del sistema calcio in Italia, e probabilmente quello che più di tutti ne sta compromettendo la sostenibilità. Non solo, ma la cosa è tanto più significativa se, come si è visto nelle ultime aste sui diritto televisivi nella principali nazioni europee, il settore sembra vivere un momento di calo.


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Se infatti in Italia la Lega Serie A ha dovuto fare buon viso a cattivo gioco intascando 900 milioni complessivi a stagione da DAZN e Sky invece degli 1,2 miliardi inizialmente preventivati, le cose non sono andate meglio nemmeno all’estero:

  • in Francia DAZN e BeIN Sports hanno acquistato i diritti per 500 milioni annui, con calo corposo dei ricavi per i club dopo il flop del canale di Lega con Mediapro;
  • In Inghilterra i ricavi per la Premier League aumenteranno (da 1,87 a 1,95 miliardi di euro annui), ma solo grazie a un numero maggiore di gare trasmesse in diretta (da 200 a 270) con un prezzo medio a partita sceso così da 9,3 a 7 milioni;
  • In Germania le cifre sono rimaste pressoché stabili, passando da 1,1 a 1,12 miliardi annui considerando però tutte le gare di Bundesliga e 2. Bundesliga (la seconda divisione tedesca) comprensivi anche di highlights e diritti radiofonici, oltre alla Supercoppa di Germania.

Le parti più colpite da questo fenomeno sono ovviamente le stesse leghe e le pay tv. E quindi per quanto concerne l’Italia:

  1. da un lato la Lega Serie A, DAZN e Sky che hanno acquisito i diritti per il massimo campionato nazionale;
  2. dall’altro la stessa Sky e Amazon Prime che invece dispongono di quelli per la Champions League.

Non a caso ogniqualvolta le forze dell’ordine compiono un blitz anti pirateria, come nel caso dell’ultimo messo a punto a Catania nei giorni scorsi, i massimi dirigenti di queste aziende plaudono pubblicamente a questa azioni, spiegando l’importanza dell’azione repressiva da parte dello Stato.

«Dalla pirateria guadagni come per la cocaina»

I numeri del fenomeno d’altronde sono impressionanti. La Procura di Catania ha spiegato come ormai le dimensioni di questa economia sommersa si avvicinino a quelle delle sostanze stupefacenti. «Probabilmente quello di cocaina è ancora maggiore, però certamente le percentuali di guadagno che si ottengono da quelle attività illegali con rischio minore sono pari a quelle del traffico di cocaina», ha dichiarato il procuratore Francesco Curcio. «Investo uno, investo due e ricavo 10, 20 a seconda dei casi. Sono stati oscurati 22 milioni di utenti in Europa. Se consideriamo che nel Vecchio continente ci sono circa 500 milioni di abitanti, questo fa capire la percentuale elevata di soggetti che si sono trovati oscurati, giustamente, i loro collegamenti illegali che ora rischiano una sanzione amministrativa», ha concluso.

Nei fatti è diventata l’attività criminale che associa alla più alta redditività il minore rischio imprenditoriale per le più potenti e pericolose organizzazioni criminali italiane e internazionali.

Si pensi per esempio le ultime indagini partite dall’Italia e che si sono espanse poi in Europa hanno fatto emergere soltanto in parte il valore di questo business sommerso nel continente. Si parla di oltre 250 milioni al mese, per un totale di 3 miliardi all’anno. Solo in Italia, sulla base della rilevazione svolta dalla FAPAV (Federazione per la Tutela delle Industrie dei Contenuti Audiovisivi e Multimediali) e dall’istituto di ricerca e sondaggi politici IPSOS, si stima un fatturato generato dalla pirateria di circa 300 milioni di euro all’anno: l’equivalente di circa 800mila euro al giorno e questo soltanto per quanto concerne i contenuti sportivi. Nello specifico si parla di un pubblico invisibile di circa 3,6 milioni della popolazione italiana che abbia una età superiore ai 15 anni che è abbonata ad almeno una IPTV illecita e di un pubblico illegale occasionale di quasi 12milioni che usufruisce dei contenuto in modalità pay per view.

Va da sé il danno economico derivante dalla perdita di abbonamenti annuali legati ad un intero campionato per quelle aziende quali DAZN, Sky o Amazon Prime che investono su questo comparto. Soldi che poi servono alle società per allestire le proprie campagne acquisti o i propri business plan. Ma pesanti sono anche i danni alle Leghe calcistiche perché la pirateria mina il valore dei diritti.

Legge all’avanguardia: ma cosa manca?

Se dunque la legge italiana è alla avanguardia, cosa manca allora al nostro Paese per contrastare un fenomeno sempre più dilagante?

Da quanto raccolto nella sua attività giornalistica da questa testata, un primo punto sarebbe quello di potere identificare tempestivamente chi usufruisce illegalmente delle partite. Una opportunità ora più che mai possibile grazie al protocollo di cooperazione tra AGCOM (Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni), Guardia di Finanza e Procura della Repubblica.

In particolare poiché la fruizione illegale di materiale a pagamento è una pratica che appare al grande pubblico dei fruitori quale una attività tollerata dalle autorità e non sottoposta a particolari controlli, sarebbe opportuno accelerare l’azione di individuazione e repressione di chi compra trasmissioni illegali applicando il previsto regime sanzionatorio.

Cosa per altro già avvenuta in Spagna dove La Liga con una sentenza del  Tribunale di Commercio di Barcellona ha già obbligato gli operatori (Vodafone, Orange, MásMovil, Digi e Telefónica) a comunicare chi si connette ai server pirati: indirizzo IP assegnato all’utente, nome e cognome del proprietario che ha contrattato il servizio di accesso a Internet, indirizzo postale di installazione della linea e documento di fatturazione e identificazione.

Va segnalato inoltre che anche i rischi personali non sono pochi per i pirati. Nella legislazione attuale chi usufruisce di contenuti illegali è passibile di multe sino a 5.000 euro ed è importante ricordare che la violazione digitale lascia una traccia indelebile ed è pertanto perseguibile anche successivamente alla fruizione.

In questo quadro sono incoraggianti le parole del Ministro dello Sport Andrea Abodi. «Il salto di qualità si farà quando, oltre a interrompere il servizio illegale, si perseguiranno i fruitori del servizio. I fruitori devono comprendere in maniera meno superficiale che con 10 euro per ognuno non si vede solo una partita, ma si diventa complici dell’economia criminale», ha spiegato il numero uno del dicastero di via Sardegna.

È chiaro però che ora dalle parole si dovrà passare alle azioni necessariamente.

Chi sono i pirati? Perché continua a dilagare questo fenomeno?

In questo contesto è importante capire chi sono i pirati e perché il fenomeno continua a dilagare.

Sempre secondo le stime FAPAV/Ipsos, la cosa che colpisce è tra coloro che fruiscono illegalmente di contenuti non ci sono soltanto dei ceti meno abbienti. Anzi, quasi il contrario. Non sono poche tra i pirati le persone laureate e anche appartenenti alla classe dirigenziale. E questo suggerisce il vero problema risiede nel fatto che ormai la pirateria sembra passare nell’immaginario collettivo quasi come un fenomeno positivo di costume e non un comportamento criminale. In più di una occasione il commissario AGCOM Massimiliano Capitanio si è sullo stesso tema ricordando che molte persone piratano anche contenuti meno costosi e meno premium rispetto al calcio, per esempio la musica. A provare ancora una volta che il nocciolo del problema risieda principalmente nel malcostume diffuso per il quale la pirateria è un comportamento socialmente condivisibile. Nei fatti si percepisce questa pratica come legittimata, in quanto è un’opportunità offerta da siti e piattaforme note che si trovano facilmente online. Per altro in alcuni ambienti è anche diventata ormai una sorta di legittimazione sociale che rende problematico il comportamento del singolo.

Al di la delle considerazioni morali, però è indubbio che quanti utilizzano piattaforme pirata corrano dei rischi innegabili per la propria sicurezza. In molto casi queste piattaforme sono gestite da organizzazioni criminali e quindi utilizzandole non si fa altro che lasciare i propri smartphone e dispostivi connessi a mani di esperti criminali. Nello specifico non si può escludere che si possa dare accesso a informazioni sensibili, anche bancarie, ad hacker professionisti che possono rubare la tua identità e rivenderla per scopi illeciti.

In particolare secondo le stime FAPAV/Ipsos già nel 2016 si stimava che un adolescente su tre (persone tra i 10 e i 14 anni) praticava una forma di fruizione illecita, per un totale di quasi 40 milioni di atti di pirateria all’anno. È quindi probabile che questi stessi ragazzi oggi, otto anni dopo, continuino in qualche modo a usufruire di contenuti non pagati e questi si aggiungono nuovi adulti o adolescenti. Incrementando quindi un malaffare che taglia le gambe in primis a chi investe nel calcio italiano ma evidentemente anche al movimento stesso, che ormai è stranoto è uno dei principali comparti di business dell’economia nazionale.

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