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Emilio Scibona·29 settembre 2023
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Emilio Scibona·29 settembre 2023
La sconfitta per 4-1 subita dalla Roma contro il Genoa certifica in modo perentorio la crisi dei giallorossi e al tempo stesso sembra (perché la stagione è ancora lunga) la conferma che il terzo anno consecutivo da allenatore per José Mourinho sia uno scoglio impervio.
Che lo “Special One” non sia un allenatore con cui costruire cicli pluriennali è un fatto acclarato: lo testimonia la sua carriera. Una carriera nella quale, appunto, il tecnico lusitano non è praticamente mai rimasto alla guida della stessa squadra per più di tre anni.
L’unica eccezione in tal senso risale alla sua prima esperienza al Chelsea dal 2004 al 2007: il tecnico lusitano dopo due Premier vinte ed un FA Cup comincia anche la stagione 2007/2008 ma dopo il pareggio in casa nella fase a gironi di Champions contro i norvegesi del Rosenborg, lo “Special One” rassegna le dimissioni dall’incarico.
Da quel momento i tre anni sarebbero sempre stati il massimo lasso di permanenza in una squadra. Con l’Inter, squadra con cui ha vissuto la parentesi più esaltante della sua carriera, la storia finisce per sua scelta (come era già accaduto nel 2004 col Porto) subito dopo la finale di CL del 2010 di Madrid, città nella quale era destinato a rimanere da allenatore, sponda Real.
Sulla panchina dei “Blancos” Mou resta appunto per tre stagioni: le prime positive, con la conquista della Coppa del Re 2010/2011 e della Liga 2011\2012; la terza non brillante in termini di risultati e particolarmente tribolata a livello ambientale. Le parti si separeranno a fine stagione con il tecnico portoghese che ritorna al Chelsea.
Nella seconda esperienza “blues” il film è a tratti simile. Dopo una stagione di assestamento “Mou” conquista nella stagione 2014/2015 il double Premier + League Cup. Il terzo anno della sua seconda avventura a Stamford Bridge si rivela però un calvario: a dicembre, con i “Blues” nella seconda metà della classifica, lo “Special One” viene esonerato.
Con sfumature diverse la situazione si ripete anche quando Mourinho allena il Manchester United, in cui approda nel 2016. Un primo anno vincente con i trionfi in Europa League, League Cup e Community Shield, la seconda stagione chiusa con un buon secondo posto alle spalle del City dei 100 punti e un ultimo anno tribolato che gli costa il secondo esonero consecutivo.
Al Tottenham lo “Special One” al terzo anno non arriva nemmeno: l’esonero arriva alla seconda stagione, poco prima della finale di League Cup che gli Spurs avrebbero poi perso con il City. Cronaca di un feeling mai sbocciato.
La Roma, ambiente con il quale Mou ha sviluppato un feeling diverso rispetto alle precedenti esperienze, sembrava poter essere l’occasione per sfatare questo “tabù.
Le cose però in questo caso sembrano confermare ancora che il tecnico di Setubal sia destinato a iniziare bene (come è successo a Roma con il trionfo in Conference e la finale sfortunata di Europa League) per poi finire spesso male.
La stagione è ancora lunga e il tempo di invertire la tendenza c’è: servirà però invertire la rotta in fretta. Anche perché quel gradimento dei tifosi a lungo dimostratogli, in questo momento sembra essere venuto meno.