Cuauhtémoc Blanco. Storia di un idolo. | OneFootball

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·5 giugno 2019

Cuauhtémoc Blanco. Storia di un idolo.

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Cuauhtémoc Blanco Bravo all’anagrafe, nasce a Città del Messico il 17 gennaio 1973. Il suo nome è un omaggio della madre all’ultimo imperatore azteco. El Tiburòn è l’esempio perfetto di fantasista, ed è considerato uno dei giocatori messicani più forti di sempre.

Legame col Club de Fútbol América

Il suo legame con il Club América somiglia più ad un patto di sangue: dopo le trafile nelle giovanili esordisce nel 1992. Trascorse 5 stagioni, passa in prestito al Necaxa, per poi tornare al nido l’anno successivo. Qui, dal 1998 al 2000, colleziona 51 gol in 67 partite. Dal 2000 al 2002 milita con non poche difficoltà nel Real Valladolid. Tornerà per due stagioni ad indossare la sua seconda pelle col “10” stampato sulla schiena. Dopo una parentesi nel Veracruz, gioca altre tre stagioni nel Club América. Nel 2008 si trasferisce a Chicago, dove verrà soprannominato “The King” dai tifosi dei Chicago Fire e sarà inserito nella MLS Best XI. Poi Club Deportivo Irapuato, Dorados e Puebla. Qua, si ritirerà il 21 Aprile 2015 dopo aver segnato e vinto la finale di Coppa del Messico.


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Idolo in Nazionale

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Blanco è l‘unico messicano ad aver segnato in 3 mondiali diversi (Francia ’98, Giappone e Corea 2002, Sudafrica 2010). In nazionale è il terzo marcatore di sempre con 39 reti.

Nel 1999, col Messico, vince ed è capocannoniere della Fifa Confederations Cup. Ed è il miglior marcatore di sempre della competizione con 9 reti (3 segnate nell’edizione del ’97) insieme a Ronaldinho.

Il mito Blanco e la Cuauhtémiña

Blanco è un giocatore incredibile, un ossimoro concettuale: basso, senza collo, con la pancia da bevitore eppure elegante, ipnotico. È la rappresentazione vivente che il talento non ha forma specifica. Si manifesta su chi ha il privilegio di possederlo. Tecnica, forza fisica, anarchìa, destro, sinistro, e la capacità di essere unico, di inventare. E proprio questo gli permette di brevettare tutto ciò che combina sul rettangolo verde: i suoi passaggi con la schiena prendono il nome di Jorobiña , gli stop di sedere diventano la Nalguiña, e la sua esultanza in ginocchio, a mani distese diventa il Témo Señal.

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Ma Blanco è legato particolarmente ad un’immagine, una mossa, un’istantanea. L’idea di “saltare l’uomo” lo stuzzica a tal punto da prendere alla lettera quelle parole, così inventa quello che resterà per sempre il suo marchio di fabbrica: la Cuauhtemiña. Si tratta di un dribbling in cui tiene il pallone stretto tra i piedi e salta in avanti superando l’avversario. Celebre, fu la partita Corea del Sud vs Messico a Francia ’98 , in cui effettuerà la giocata per due volte nel giro di pochi minuti, riuscendo oltretutto a fornire l’assist dell’1-3 dopo aver esser passato in mezzo ai due difensori asiatici.

Rimpianti

Sono tutti nostri. Nel 2008 fu molto vicino a sbarcare nel Catania su richiesta precisa di Pulvirenti, ma le stringenti leggi della FA sugli extracomunitari fecero saltare il colpaccio. E il rimpianto più grande fu proprio quello di non averlo vissuto in Europa se non in quei due anni a Valladolid. Si tratta comunque di un calcio che richiede fatica, schemi tattici, allenamento, stress.. Deterrenti per una mente così anarchica, e una personalità così sbarazzina che ha bisogno di spazi mentali aperti.

Risulta essere anche un leader e un uomo squadra. Ai suoi compagni prima di una gara a Francia ’98 disse:

Abbiamo anche noi due occhi, due gambe, siamo uguali a loro. L’unica differenza è che loro giocano in Europa.

E oggi?

El Diez azteco è passato dal campo da calcio, al campo della politica. Dal 1° ottobre 2018 è governatore dello Stato messicano di Morelos, ed esponente del Partito d’Incontro Sociale, un movimento progressista di sinistra.

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