Corvino, l’intervista a Tuttosport: “Vlahovic? Critiche esagerate. Vi svelo il mio metodo e come scoprii Hjulmand: il talento va toccato con mano» | OneFootball

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·1 agosto 2025

Corvino, l’intervista a Tuttosport: “Vlahovic? Critiche esagerate. Vi svelo il mio metodo e come scoprii Hjulmand: il talento va toccato con mano»

Immagine dell'articolo:Corvino, l’intervista a Tuttosport: “Vlahovic? Critiche esagerate. Vi svelo il mio metodo e come scoprii Hjulmand: il talento va toccato con mano»

Le parole di Pantaleo Corvino, decano dei direttori sportivi italiani, a Tuttosport: «A dati e algoritmi io preferisco il vecchio caro fiuto»

In un mondo di algoritmi e big data, lui si affida ancora al “machete del fiuto“. Pantaleo Corvino è un romantico del calcio, un “narratore di destini” che da cinquant’anni scova talenti nei campi di periferia, armato solo del suo istinto e del suo colpo d’occhio. A 75 anni, non ha perso la fame e continua a costruire miracoli sportivi, come le quattro salvezze consecutive del suo Lecce, un club che ha reso sostenibile e orgoglioso del proprio territorio. In occasione dell’80° compleanno di Tuttosport, il decano dei direttori sportivi italiani si racconta in una lunga intervista, un viaggio tra i segreti del suo metodo, i ricordi dolorosi e le intuizioni che hanno cambiato la carriera di campioni come Hjulmand e Vlahović.

IL RAPPORTO CON TUTTOSPORT – «Penso subito alla professionalità che vi ha sempre contraddistinto in questi 80 anni di storia. Dai miei inizi, quando c’era Dardanello, ad oggi con il direttore Vaciago. Non sono mai stato d’accordo con chi diceva che il vostro giornale si concentrasse esclusivamente sulle due squadre di Torino. Ci avete accompagnato sempre con passione, raccontando il calcio nella sua interezza».


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LA SUA GIORNATA TIPO – «È la stessa di sempre: sveglia presto e poi subito al centro sportivo, per occuparmi del coordinamento di tutta l’area sportiva. Da quando sono tornato a Lecce sono cinque anni che non riesco a prendere un caffè la mattina con mia moglie. A fine giornata, sulla via del ritorno, mi piace fermarmi in campagna per restare da solo. È lì che riesco a concentrarmi maggiormente. Stare nella natura mi dà la giusta energia».

LE FERITE CHE LO HANNO SEGNATO – «Da dirigente mi è capitato di affrontare diversi momenti complessi. Due in particolare mi hanno cambiato la vita: parlo delle morti di Davide Astori e Graziano Fiorita. Quando accadono queste tragedie è davvero difficile riuscire a voltare pagina. Ti rendi conto del valore delle cose. E il calcio non può che passare in secondo piano. Due ferite che resteranno per sempre aperte…».

IL MIRACOLO LECCE – «Sono tornato qui perché il presidente Sticchi Damiani aveva bisogno di me. Mi chiese anzitutto di riportare stabilità economica, di rendere il club sostenibile. Poi i risultati hanno superato qualsiasi tipo di aspettativa. La consideravo una sfida con me stesso. Volevo che il territorio fosse orgoglioso della sua squadra. E così mi sono imposto di riportarla dove l’avevo lasciata».

IL SEGRETO DEL SUO METODO – «Sto per entrare nel mio cinquantesimo anno da direttore sportivo, eppure il mio metodo è rimasto sostanzialmente lo stesso. Certo, mi sono aggiornato: nel 2025 il mercato ormai si fa anche con l’ausilio delle tecnologie. Li ritengo degli strumenti utili, ma resto sempre dell’idea che nulla potrà mai sostituire l’occhio umano. Il talento va toccato con mano. Mi fido molto delle mie conoscenze…».

LA PRIMA COSA CHE GUARDA IN UN GIOCATORE – «Direi la destrezza, la facilità con cui compie i gesti tecnici. Poi dopo vengono il resto degli aspetti, a cominciare dalla fisicità, dalla componente muscolare…».

COME SCOPRÌ HJULMAND – «Me lo ricordo bene: il suo Admira era impegnato con il Rapid Vienna. All’epoca non giocava nel ruolo che avevo in mente per lui. Avevamo bisogno di un regista da piazzare davanti alla difesa, e sapevo che non mi avrebbe deluso. Lo capii dal modo in cui toccava la palla. Sapevo che aveva bisogno di tempo per adattarsi al nuovo ruolo. Da piccolo ho giocato anch’io davanti alla difesa, così cercavo di dargli qualche consiglio basico».

IL LEADER HJULMAND – «È un ragazzo straordinario sotto tutti i punti di vista. Un leader nato. Capitava spesso che mi vedesse preoccupato o incazzato, e allora veniva da me a tranquillizzarmi. Mi diceva di stare tranquillo e che insieme ai compagni avrebbe risolto ogni guaio. Aveva personalità e determinazione».

LA DIFESA DI VLAHOVIC – «Mi sembra davvero esagerata la mole di rimproveri che gli sono stati rivolti. La Juve sta cercando di ricreare i presupposti per tornare a vincere, e credo che Vlahovic abbia contribuito. Dal suo arrivo ha segnato sempre un gol ogni 2/3 partite. Come si fa a chiedergli di più?! È difficile trovare un attaccante più prolifico in una fase di ricostruzione simile».

SULLE CRITICHE A VLAHOVIC – «Certo! Ma sarebbe stato così per chiunque. Lui ha sempre dimostrato una voglia smodata di imparare e migliorarsi. Quando lavoravo alla Fiorentina il mio ufficio dava sul campo di allenamento e mi capitava di vederlo a fine seduta allenarsi da solo contro il muro. Una roba che non ho mai visto fare a nessuno. Dovevo cacciarlo dal campo altrimenti sarebbe rimasto lì fino a notte».

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