PianetaChampions
·21 novembre 2024
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Il calcio, evitando qualsivoglia declinazione di una nostalgia che non ha ragione di esistere, con il passare degli anni è diventato espressione di un turbo-capitalismo che ha svuotato determinati contenitori, con convinto riferimento a quelli dai quali poter attingere peculiarità, valori, sensazioni più istintive che meccaniche e razionali. Quello che resta il Gioco più bello del mondo ha subito – o generato – un’evoluzione tale da rendere davvero complicato trovare soggetti atipici, lontano dalla ripetitività dei comportamenti e degli atteggiamenti, fieri sostenitori della bellezza (e importanza) dell’unicità. Discorso, quello portato avanti, che riguarda qualsiasi categoria, in Italia così come altrove.
A detta di chi scrive, dunque, l’eccezione a quella che sta assumendo i netti contorni della regola è da rimarcare, oltre che foriera di una piacevole ventata di ilarità. Giovanni Manna, giovane eppure con uno status oramai noto e riconoscibile, sta dimostrando di rientrare tra queste.
Diventato Direttore sportivo del Napoli dopo un percorso fatto di gavetta e costruzione sugli studi invece che sul passato da calciatore, che il classe 1988 non ha avuto, Manna è dunque arrivato al vertice tessendo la propria tela senza ricevere né tirare calci, stringendo rapporti, com’è inevitabile fare, ma lontano da alienanti riflettori puntati addosso. Preparato, competente, capace di aggiungere tasselli alle proprie skills grazie ai diversi ruoli ricoperti. Oltre il percorso professionale (o prima, come potrebbe essere più correttamente dire) c’è la persona e/o cosa si mostra di essa, e in questo il DS dei partenopei – a detta di chi scrive – marca una netta differenza con i suoi colleghi: Manna ha la rara e invidiabile serenità di trasmettere freschezza e contemporaneità calcistica. Nei suoi discorsi e nel modo di porsi non c’è alcun tratto ampolloso, nessun accenno di vanagloria, niente che lasci pensare a un professionista pieno di sé e del proprio ruolo, come quotidianamente capita di intercettare a chi cerca di districarsi nel complicato mondo del calcio.
Nelle parole del Direttore emerge una costante mescolanza di sicurezza e serenità, come se l’aver preparato il terreno in maniera così concreta e ricercata l’abbia reso consapevole di poter approfondire i temi richiestigli senza appesantirne il carico, certo di poter rispondere con lungimiranza, precisione ma evitando di generare gerarchie e distanze. L’ultima prova al Social Football Summit tenutosi allo Stadio Olimpico un paio di giorni fa, dove incalzato da Gianluca Di Marzio e Luca Marchetti ha maneggiato con classe ed elasticità le domande sottoposte. È una delle prime (primissime) volte che un tesserato del club partenopeo è parso così a proprio agio, libero da catene pur essendo in grado di evitare proclami di alcuna forma. In un mondo dove la leggerezza viene erroneamente spesso scambiata con la superficialità, Manna si sta rivelando come una necessaria alternativa al tronfio e ridondante identikit dell’uomo di calcio. L’anno zero del Napoli aveva senza alcun dubbio bisogno di questo: concretezza, passione, competenza e positività.
Francesco Fedele