Zerocinquantuno
·5 ottobre 2024
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Se, come si suol dire, signori si nasce, Franco Colomba risponde perfettamente a questa descrizione. Grossetano d’origine (classe 1955) ma bolognese d’adozione, centrocampista dinamico e dai piedi educati, debutta tra i professionisti nel 1973 e rimane al BFC due anni. Dopo i prestiti al Modena e alla Sambenedettese, nel 1977 torna in maglia rossoblù e la veste con orgoglio fino al 1983, con 198 presenze e 8 gol. Appesi gli scarpini al chiodo diventa allenatore, iniziando dalle giovanili di Modena e Spal. La prima grande avventura arriva con la Salernitana, che porta ad un passo dalla Serie A, quindi Vicenza, Napoli e tante altre piazze importanti. Il 20 ottobre 2009 riabbraccia il ‘suo’ BFC, per sostituire l’esonerato Giuseppe Papadopulo, lo salva dalla B ma per via di un improvviso – e sciagurato – cambio di proprietà non viene riconfermato. Si alterna allora tra le panchine di Parma, Padova e addirittura Pune City, nel massimo campionato indiano, prima chiudere nel 2016 a Livorno. Numerose, quindi, le realtà toccate e le esperienze vissute da Colomba, sempre lasciando un ottimo ricordo, a testimonianza della splendida figura di uomo prima che di giocatore, tecnico e conoscitore di calcio. Ecco perché oggi, alla vigilia del derby emiliano contro il Parma che lo vedrà nelle vesti di doppio ex, è stato davvero un piacere intervistarlo e parlare del Bologna con lui.
Mister, mercoledì quali sensazioni ha provato nel vedere la sua squadra del cuore di scena ad Anfield? «Mi sono esaltato nel vedere il Bologna in un tempio del calcio mondiale, contro una compagine forte e blasonata come il Liverpool, e nel constatare un tale esodo di tifosi rossoblù verso l’estero, come non si vedeva da troppo tempo. Sul campo è arrivata una sconfitta preventivabile ma giocandosela con le idee chiare e senza alcun timore reverenziale: per quanto visto, il pareggio sarebbe stato un risultato meritato».
Il Bologna sta dimostrando di essere all’altezza della Champions League: secondo lei ci sono reali chance di entrare fra le prime 24 e disputare i playoff? «Il discorso è ancora precoce, non dimentichiamoci che le squadre forti sono davvero tante. Credo comunque che il Bologna possa giocarsela con chiunque: per esempio contro lo Shakhtar Donetsk si può parlare di due punti persi e di qualche rimpianto, visto l’andamento della gara e il valore degli avversari. La fiducia non deve mai mancare, se i rossoblù hanno fatto partita pari a Liverpool significa che nulla è realmente impossibile».
Quali sono i principali connotati della proposta calcistica di Italiano che ritrovi maggiormente nel BFC attuale? «Vedo un certo equilibrio, quello che forse è mancato alla sua Fiorentina negli scorsi anni. Settimana dopo settimana la squadra costruisce di più e meglio davanti, pur senza essere ancora arrembante, ed è meno titubante in fase difensiva. Finora il Bologna è un po’ mancato in termini di concretezza, certe occasioni nitide che ti capitano o che sei bravo a crearti le devi sfruttare».
Magari partendo dall’elettricità di Castro… «La seconda parte della scorsa stagione, in seguito allo sbarco dall’Argentina, è stata per lui una sorta di apprendistato in cui ha mostrato impegno, generosità e volontà. Adesso sta esplodendo nelle sue qualità associative e di stoccatore capace di colpire anche dalla media-lunga distanza. Mi permetto di fare un paragone al momento esagerato, però mi ricorda un po’ il suo connazionale Lautaro Martinez: generoso, combattivo e letale come lui. I margini di crescita, vista anche l’età, sono importanti».
Ad oggi i volti nuovi, per un motivo o per l’altro, non stanno dando il contributo atteso: c’è qualcuno in particolare da cui ti aspetti tanto? «Dallinga va aspettato e verificato meglio, è arrivato in un contesto diverso con un nuovo allenatore e nuovi compagni. A me sembra un centravanti prettamente d’area di rigore, dunque da servire come si deve, penso magari ai cross di Lykogiannis o Miranda: che sia di testa o di piede, deve avere la possibilità di battere a rete con continuità, perché i suoi numeri raccontano di un ragazzo che ha sempre visto la porta».
Di nuovo testa al campionato: secondo lei i rossoblù hanno i mezzi per tornare in Europa? «Sono assolutamente fiducioso perché anche con Italiano il Bologna gioca a calcio, nel vero senso della parola. Certo, come detto deve iniziare ad essere maggiormente incisivo, sfruttando al massimo il suo variegato pacchetto offensivo: bisogna arrivare più spesso in zona gol e aumentare il cinismo, ma sempre mantenendo un certo equilibrio».
Il triplice impegno è più uno stimolo o un onere per un gruppo non troppo abituato? «Giocare ogni tre giorni porta via tante energie fisiche e mentali, a maggior ragione se una delle tre competizioni è la Champions League: il calcio odierno non è affatto riposante, richiede sempre la miglior condizione fisica e attitudinale per mantenere ritmi e intensità alti. Non è facile avere continuità, però le rose odierne hanno tanti ricambi, tanti giocatori da ruotare che si possono mettere in mostra. Ovviamente non si può pensare di mantenere sempre la stessa fluidità nella manovra di gioco, ma più si procede e più le cose migliorano».
A distanza di oltre tre anni, torna la sfida tutta emiliana tra Bologna e Parma: quale gara e quale avversario aspettarsi? «Il Parma di Pecchia possiede ormai da diverse stagioni un solido impianto di gioco, oltre a gamba e qualità che gli hanno permesso di ben figurare in Serie B specialmente l’anno scorso. Di contro, è senza dubbio una squadra che soffre in fase difensiva, soprattutto quando viene attaccata alle spalle della propria linea di retroguardia, lo dimostrano queste prime giornate di campionato. Domani si affronteranno due formazioni coraggiose, propositive e non speculari, dunque in generale prevedo una partita divertente e spettacolare. Ma niente pronostici, quelli li lascio a voi…».
Riccardo Rimondi
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Foto: Roberto Serra/Getty Images (via OneFootball)
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