Juventusnews24
·12 aprile 2025
Claudio Chiellini racconta la Juventus Next Gen: «Ecco com’è nato tutto. Non dormivo la notte per la paura di retrocedere! Su Yildiz, Savona e Mbangula vi dico che…»

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·12 aprile 2025
A Ultimo Uomo, Claudio Chiellini ha raccontato così la Juventus Next Gen.
POLEMICHE – «In Italia è sempre difficile modificare gli equilibri consolidati, basta vedere quante polemiche accompagnano le seconde squadre quando vanno in giro sui campi. Io penso però che sia soltanto un discorso di abitudine, e spero che nei prossimi anni ne nascano altre. La verità è che la Serie B ha sempre respinto questa idea, dicendo che non avrebbe comunque voluto le seconde squadre in caso di promozione. E questo pensando, erroneamente, che sia facile per una seconda squadra vincere il campionato in C, essere pronta per la B».
GLI INIZI – «Noi abbiamo studiato e immaginato questo sistema già nel 2015, facendo venire a Vinovo durante l’estate tutti i calciatori che tornavano dai prestiti, di proprietà della Juventus, e facendoli allenare in attesa di novità dal mercato. Veniva dato loro un allenatore e uno staff, oltre ovviamente alle strutture e tutto il resto, e si organizzavano amichevoli. Insomma, una visione di questo tipo c’era già da tempo. Ma se fino al 2018 era solo un’idea, poi è diventata una cosa concreta. Ricordo i problemi iniziali, il primo anno con Zironelli, la difficoltà enorme a creare e trasmettere ai ragazzi un’identità di squadra; perché erano tutti giovani cresciuti nelle giovanili, o di rientro dai prestiti, che giocavano con la maglia della Juventus ma che, non avendo un seguito e rappresentando una completa novità nel panorama italiano, dovevano creare da zero la propria identità».
NON TANTO PUBBLICO ALLO STADIO – «Mi dispiace molto, stiamo lavorando per migliorare la situazione da questo punto di vista, ma ad oggi purtroppo non abbiamo un vero seguito di pubblico. Per me è un peccato che i tifosi della Juve non vengano a vedere la Next Gen. Hanno un’opportunità unica: vedere da vicino e conoscere di persona quei ragazzi che magari nel giro di qualche mese saranno in Serie A. E a quel punto, diventeranno irraggiungibili. Penso per esempio a Yildiz o Huijsen. A dicembre dell’anno scorso giocavano l’ultima partita contro il Pineto, davanti a 140 persone. La settimana dopo Yildiz segnava in Serie A contro il Frosinone, e da lì è entrato in dinamiche più grandi. Noi cerchiamo di trasmettere proprio questo: chi segue la Next Gen non solo sostiene i colori, ma ha il privilegio di guardare da vicino la crescita di calciatori che – lo dimostrano i fatti – dopo qualche settimana o mese potrebbero giocare in Serie A».
INIZIO DI STAGIONE DIFFICILE – «All’inizio è sempre complicato, perché si ricomincia con un gruppo al 60-70% nuovo, e i giocatori che vengono dalla Primavera non sono ancora pronti. E per questo è sempre difficile trovare quell’equilibrio nei primi mesi: lo confermano gli ultimi anni, che sono sempre stati in miglioramento guardando il rendimento sul campo. Ma se prendi i risultati con le squadre di vertice, nella parte finale della stagione o nei playoff, si vede tanto la mancanza di esperienza. E io credo sia normale a quell’età non essere ancora pronti per occasioni del genere».
IL SALTO IN PRIMA SQUADRA – «Yildiz era davvero speciale, aveva caratteristiche spiccatamente diverse dagli altri, e infatti ora è il numero 10 della Juventus. Savona, Mbangula e Rouhi invece non hanno sempre fatto i titolari in Next Gen, negli ultimi due anni. Anzi, Savona per un certo periodo aveva fatto la spola tra Primavera e Next Gen, prima di prendersi una maglia da titolare; Rouhi la scorsa stagione non è stato quasi mai impiegato, almeno fino a dicembre; e Mbangula è stato un giocatore, anche per via degli infortuni, che non ha mai avuto grande continuità».
OBIETTIVI – «Nei primi anni della Next Gen, e fino al 2020, il nostro obiettivo era vincere il campionato e portare la seconda squadra in Serie B, con l’idea che avrebbe permesso di tenere tutti i migliori giocatori all’interno della Juventus. In verità ci siamo resi conto con il tempo che non è necessariamente quella la dimensione, perché i migliori giocatori – soprattutto con l’occasione di giocare con un po’ di costanza in prima squadra, come stiamo vedendo – li puoi tenere e valorizzare lo stesso».
PAURA DI RETROCEDERE – «Noi abbiamo passato mesi all’inizio dell’anno in cui eravamo ultimi in classifica, sembrava ci fosse il rischio concreto di non riuscire a raddrizzare le cose, ed è stato pesante. E posso dirvi che io non ci dormivo la notte, con la paura di retrocedere. In verità però, e lo dico dopo aver sentito discorsi su situazioni analoghe di altre squadre, la retrocessione secondo me può anche far parte del percorso. All’estero, in Spagna e in Germania, è la normalità sia vincere campionati ed essere promossi, sia retrocedere. Il percorso continua, e la Serie D sarebbe comunque una categoria difficile e allenante per una seconda squadra di giovani. Oggi non è così ampia la differenza tra la Serie D, o almeno le sue prime 10 squadre, e le ultime 10 di Serie C. Bisognerebbe dare la possibilità di iscrivere le seconde squadre in Serie D, visto che ovviamente non è facile trovare spazio in Serie C. Permetterebbe a chi oggi magari ha problematiche con gli stadi e di bilancio, di partire con il progetto, capirne i pregi, i difetti, le difficoltà e poi di costruire con il tempo delle squadre con cui stabilirsi in Serie D o anche in Serie C. In tanti altri Paesi funziona così, non vedo perché in Italia no. Sarebbe un incentivo per tante squadre».
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