Claudio Chiellini racconta la Juventus Next Gen: «Ecco com’è nato tutto. Non dormivo la notte per la paura di retrocedere! Su Yildiz, Savona e Mbangula vi dico che…» | OneFootball

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·12 aprile 2025

Claudio Chiellini racconta la Juventus Next Gen: «Ecco com’è nato tutto. Non dormivo la notte per la paura di retrocedere! Su Yildiz, Savona e Mbangula vi dico che…»

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Claudio Chiellini, Head of Juventus Next Gen, ha raccontato così la nascita della Seconda squadra bianconera. Le sue parole

A Ultimo Uomo, Claudio Chiellini ha raccontato così la Juventus Next Gen.

POLEMICHE«In Italia è sempre difficile modificare gli equilibri consolidati, basta vedere quante polemiche accompagnano le seconde squadre quando vanno in giro sui campi. Io penso però che sia soltanto un discorso di abitudine, e spero che nei prossimi anni ne nascano altre. La verità è che la Serie B ha sempre respinto questa idea, dicendo che non avrebbe comunque voluto le seconde squadre in caso di promozione. E questo pensando, erroneamente, che sia facile per una seconda squadra vincere il campionato in C, essere pronta per la B».


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GLI INIZI«Noi abbiamo studiato e immaginato questo sistema già nel 2015, facendo venire a Vinovo durante l’estate tutti i calciatori che tornavano dai prestiti, di proprietà della Juventus, e facendoli allenare in attesa di novità dal mercato. Veniva dato loro un allenatore e uno staff, oltre ovviamente alle strutture e tutto il resto, e si organizzavano amichevoli. Insomma, una visione di questo tipo c’era già da tempo. Ma se fino al 2018 era solo un’idea, poi è diventata una cosa concreta. Ricordo i problemi iniziali, il primo anno con Zironelli, la difficoltà enorme a creare e trasmettere ai ragazzi un’identità di squadra; perché erano tutti giovani cresciuti nelle giovanili, o di rientro dai prestiti, che giocavano con la maglia della Juventus ma che, non avendo un seguito e rappresentando una completa novità nel panorama italiano, dovevano creare da zero la propria identità».

NON TANTO PUBBLICO ALLO STADIO«Mi dispiace molto, stiamo lavorando per migliorare la situazione da questo punto di vista, ma ad oggi purtroppo non abbiamo un vero seguito di pubblico. Per me è un peccato che i tifosi della Juve non vengano a vedere la Next Gen. Hanno un’opportunità unica: vedere da vicino e conoscere di persona quei ragazzi che magari nel giro di qualche mese saranno in Serie A. E a quel punto, diventeranno irraggiungibili. Penso per esempio a Yildiz o Huijsen. A dicembre dell’anno scorso giocavano l’ultima partita contro il Pineto, davanti a 140 persone. La settimana dopo Yildiz segnava in Serie A contro il Frosinone, e da lì è entrato in dinamiche più grandi. Noi cerchiamo di trasmettere proprio questo: chi segue la Next Gen non solo sostiene i colori, ma ha il privilegio di guardare da vicino la crescita di calciatori che – lo dimostrano i fatti – dopo qualche settimana o mese potrebbero giocare in Serie A».

INIZIO DI STAGIONE DIFFICILE – «All’inizio è sempre complicato, perché si ricomincia con un gruppo al 60-70% nuovo, e i giocatori che vengono dalla Primavera non sono ancora pronti. E per questo è sempre difficile trovare quell’equilibrio nei primi mesi: lo confermano gli ultimi anni, che sono sempre stati in miglioramento guardando il rendimento sul campo. Ma se prendi i risultati con le squadre di vertice, nella parte finale della stagione o nei playoff, si vede tanto la mancanza di esperienza. E io credo sia normale a quell’età non essere ancora pronti per occasioni del genere».

IL SALTO IN PRIMA SQUADRA – «Yildiz era davvero speciale, aveva caratteristiche spiccatamente diverse dagli altri, e infatti ora è il numero 10 della Juventus. Savona, Mbangula e Rouhi invece non hanno sempre fatto i titolari in Next Gen, negli ultimi due anni. Anzi, Savona per un certo periodo aveva fatto la spola tra Primavera e Next Gen, prima di prendersi una maglia da titolare; Rouhi la scorsa stagione non è stato quasi mai impiegato, almeno fino a dicembre; e Mbangula è stato un giocatore, anche per via degli infortuni, che non ha mai avuto grande continuità».

OBIETTIVI – «Nei primi anni della Next Gen, e fino al 2020, il nostro obiettivo era vincere il campionato e portare la seconda squadra in Serie B, con l’idea che avrebbe permesso di tenere tutti i migliori giocatori all’interno della Juventus. In verità ci siamo resi conto con il tempo che non è necessariamente quella la dimensione, perché i migliori giocatori – soprattutto con l’occasione di giocare con un po’ di costanza in prima squadra, come stiamo vedendo – li puoi tenere e valorizzare lo stesso».

PAURA DI RETROCEDERE«Noi abbiamo passato mesi all’inizio dell’anno in cui eravamo ultimi in classifica, sembrava ci fosse il rischio concreto di non riuscire a raddrizzare le cose, ed è stato pesante. E posso dirvi che io non ci dormivo la notte, con la paura di retrocedere. In verità però, e lo dico dopo aver sentito discorsi su situazioni analoghe di altre squadre, la retrocessione secondo me può anche far parte del percorso. All’estero, in Spagna e in Germania, è la normalità sia vincere campionati ed essere promossi, sia retrocedere. Il percorso continua, e la Serie D sarebbe comunque una categoria difficile e allenante per una seconda squadra di giovani. Oggi non è così ampia la differenza tra la Serie D, o almeno le sue prime 10 squadre, e le ultime 10 di Serie C. Bisognerebbe dare la possibilità di iscrivere le seconde squadre in Serie D, visto che ovviamente non è facile trovare spazio in Serie C. Permetterebbe a chi oggi magari ha problematiche con gli stadi e di bilancio, di partire con il progetto, capirne i pregi, i difetti, le difficoltà e poi di costruire con il tempo delle squadre con cui stabilirsi in Serie D o anche in Serie C. In tanti altri Paesi funziona così, non vedo perché in Italia no. Sarebbe un incentivo per tante squadre».

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