Calcionews24
·6 giugno 2025
Chivu allenatore Inter: la storia dei contratti biennali da Cuper a Inzaghi

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«Cristian Chivu, uno dei ragazzi del Triplete, si è commosso quando ieri mattina il presidente Marotta lo ha chiamato per proporgli la panchina dell’Inter: oggi l’allenatore che ha condotto il Parma alla salvezza firmerà con la squadra orfana di Simone Inzaghi il contratto biennale».Questo è l’incipit del pezzo che il Corriere della Sera dedica all’avvicendamento in panchina in casa Inter. Non racconta solo l’inizio di una nuova avventura, quella di un ex eroe che torna a casa in una nuova veste, ma riapre un capitolo specifico e quasi rituale della storia interista: la firma di un contratto biennale. Un accordo di due anni non è una semplice formalità burocratica; è una dichiarazione d’intenti, un patto di fiducia che sottintende la volontà di costruire un “progetto”. Eppure, scorrendo l’albo degli allenatori nerazzurri dal 2000 a oggi, questa promessa di stabilità si è spesso rivelata fragile, un auspicio più che una garanzia. Chivu è solo l’ultimo di una lunga serie di tecnici a cui è stata offerta questa base di partenza, con esiti tanto diversi quanto emblematici delle varie ere interiste.
Il primo della lista in questo nuovo millennio fu Hector Cuper nel 2001. Dopo il turbolento epilogo del rapporto con Tardelli, Massimo Moratti affidò all’allenatore argentino, reduce da due finali di Champions con il Valencia, un contratto biennale per dare vita a un ciclo. Cuper sfiorò l’impresa, ma il suo progetto si schiantò contro il dramma del 5 maggio 2002 e una semifinale di Champions persa l’anno dopo. Non completò il suo percorso, venendo esonerato a inizio della terza stagione dopo un rinnovo, ma quel biennio iniziale rappresentò la prima grande scommessa progettuale.Per ritrovare un patto di fiducia simile bisogna arrivare all’era post-Triplete, un periodo di smarrimento in cui il biennale divenne il tentativo disperato di ritrovare una rotta. Rafa Benitez firmò per due anni nel 2010 per gestire la pesantissima eredità di Mourinho, ma il suo progetto naufragò in appena sei mesi. L’estate seguente, nel 2011, toccò a Gian Piero Gasperini, a cui fu offerto un biennale per avviare una rivoluzione tattica che durò appena cinque partite. Nello stesso, convulso, inizio di stagione, anche il subentrante Claudio Ranieri ottenne un contratto fino al 2013, un altro tentativo di programmazione infrantosi con l’esonero a marzo. In questa fase, il biennale simboleggiava un desiderio di stabilità che la società non riusciva a sostenere.Con l’avvento di Erick Thohir, un altro biennale segnò l’inizio di un nuovo corso: quello di Walter Mazzarri nel 2013. L’obiettivo era ricostruire. Mazzarri portò a termine la prima stagione, ma venne allontanato a metà della seconda, confermando il trend di un progetto interrotto.La vera svolta nella gestione dei contratti biennali arriva con la proprietà Suning. Nel 2017, a Luciano Spalletti viene affidata la panchina con un accordo di due anni. La missione era chiara: tornare in Champions League. Spalletti centrò l’obiettivo in entrambe le stagioni, diventando il primo allenatore di questa lista a completare interamente il suo mandato iniziale. Il suo fu un progetto con un inizio, uno svolgimento e una fine definita, che pose le basi per le ambizioni future.Infine, l’esempio più virtuoso: Simone Inzaghi. Arrivato nel 2021 dopo l’addio di Conte, firmò un contratto biennale che non solo ha onorato, ma ha trasformato nel trampolino di lancio per un ciclo vincente, costellato di coppe nazionali, una finale di Champions e lo Scudetto della seconda stella. Il suo biennio iniziale si è evoluto in rinnovi che ne hanno consolidato la posizione, dimostrando come la fiducia iniziale possa, finalmente, tradursi in un’era di successi duraturi.Cristian Chivu, oggi, si inserisce in questa tradizione. Il suo contratto biennale è un attestato di stima, ma anche una sfida: dimostrare di appartenere alla categoria di Spalletti e Inzaghi, trasformando la promessa di un progetto in una solida e vincente realtà.