BundesItalia
·14 aprile 2021
Can, Meunier, Hitz: gli errori ‘non forzati’ del Dortmund contro il City

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·14 aprile 2021
Sono i dettagli che fanno la differenza in Champions League. Il Borussia Dortmund lo sapeva già, ma nel doppio confronto con il Manchester City lo ha sperimentato nuovamente sulla propria pelle. Il doppio 2-1, sempre in favore degli inglesi, tra andata e ritorno non ha portato nulla che non si sapesse già o che non fosse già chiaro dalle precedenti oltre quaranta partite disputate quest’anno. Con tutti gli alti e bassi. I soliti.
Un alto? Il talento, in particolare nel match di ritorno quello di Jude Bellingham, autore di un primo tempo che ha rasentato la perfezione soprattutto se rapportato alle altre prime frazioni della stagione del BVB. Il ritmo scandito dalla stagione è stato quello di una squadra che prima soffre, poi nel secondo tempo prende le misure, capisce che così non si può e a volte riesce a rimetterle in piedi.
Contro il Manchester City è stato l’opposto. Prima bene, poi male. Alla lunga, la pressione della squadra di Guardiola ha fatto saltare i nervi fino a quel momento molto saldi. Quelli di Emre Can prima di tutto, che ha provato ad andare sul pallone in maniera goffa, scoordinata e con un braccio troppo largo. Talmente scomposto che l’arbitro non ha nemmeno considerato che la palla aveva prima sbattuto sulla testa dell’ex Juventus e Liverpool. Colui che nel doppio confronto ne ha combinate troppe. Colui che aveva detto, dopo la sconfitta con l’Eintracht Francoforte, di voler giocare la Champions League l’anno prossimo a tutti i costi.
All’Etihad il suo passaggio sbagliato ha dato il via agli sprinter del City, che hanno sbloccato la situazione con lo 0-1. In più aveva causato un rigore poi tolto dal Var, un altro intervento poco brillante. Anche se alla fine non è costato nulla. Momenti, secondi di appannamento totale che hanno sporcato una prestazione che nei 180 minuti sarebbe stata più che discreta. Ma in Champions League sono i momenti e la gestione degli stessi a spostare gli equilibri. Chiedere a Thomas Meunier, che nei pochi minuti giocati all’andata l’ha combinata grossa proprio al novantesimo.
L’insicurezza non è perdonata. Marwin Hitz a inizio stagione neanche pensava di poterle giocare queste partite, visto che faceva da secondo a Roman Bürki. Ci si è ritrovato, complice l’infortunio dell’ex Friburgo, confermato con merito per una serie di prestazioni solide dopo un inizio difficile. Edin Terzic ha puntato sulla fiducia e sulla continuità. Però il momento di buio era ancora dietro l’angolo. E sull’1-1, in equilibrio pressoché totale, è stato un suo errore di posizionamento sul tiro di Foden a chiudere il confronto in sfavore del Dortmund.
Nell’arco dei 180 minuti il City ha finito per dimostrarsi una squadra complessivamente migliore, come peraltro si sapeva già dal sorteggio. In questo senso le assenze di Sancho e Witsel sono state un macigno, perché l’esperienza del belga nella gestione del ritmo e gli strappi del classe 2000 avrebbero rappresentato un plus certamente non decisivo, ma di sicuro un gran vantaggio per Terzic. Come capitato spessissimo quest’anno, alla fine il Dortmund fa i conti con sé stesso e con i suoi errori. Due buone partite non sono sufficienti, perché sono sconfitte. Decidono gli episodi. Il City li ha saputi gestire, il Dortmund no. Ha commesso quelli che nel tennis si chiamano “errori non forzati”. E forse non c’è nemmeno da stupirsi.