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·8 giugno 2025

Brescia ufficialmente fuori dal calcio professionistico: Cellino non versa i fondi, il club scompare per 3 milioni

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Il presidente non ha iscritto la squadra alla Serie C. Una scelta radicale che chiude 114 anni di storia. La città reagisce tra rabbia, amarezza e tentativi di ripartenza.

Brescia ufficialmente fuori dal calcio professionistico: Cellino non versa i fondi, il club scompare per 3 milioni

Il silenzio di Cellino è diventato un verdetto Nessuna proroga, nessuna sorpresa dell’ultima ora. Il Brescia Calcio non parteciperà alla prossima stagione di Serie C. A sancirlo, in modo definitivo, è stata la mancata iscrizione da parte del presidente Massimo Cellino, che ha deciso di non versare i circa 3 milioni di euro necessari per regolarizzare la posizione del club.


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Un gesto che molti, in città, leggono come una scelta deliberata, nonostante le trattative in corso fino a poche ore prima della scadenza. Il ricorso contro la penalizzazione di 8 punti inflitta dalla FIGC per inadempienze fiscali è ora del tutto irrilevante. Il Brescia è fuori.

Una scelta che pesa: cosa mancava per l’iscrizione Per salvare la categoria servivano tre voci di pagamento:

stipendi di un mese,

contributi Inps e Irpef di febbraio e aprile,

prima rata di una rateizzazione per debiti pregressi con l’Agenzia delle Entrate.

Totale: circa 3 milioni di euro. Una somma che Cellino, secondo le fonti, avrebbe potuto coprire, anche attraverso la cessione di alcuni giocatori sotto contratto. Un piano di rientro era già stato predisposto da un consulente esterno. Ma nulla è stato fatto. L’ex presidente del Cagliari ha preferito abbandonare ogni tentativo, interrompendo ogni contatto con legali, collaboratori e calciatori. Da Londra, ha semplicemente spento tutto.

Il peso di una storia cancellata “Calpestati 114 anni di storia”, ha scritto il capitano Dimitri Bisoli in un messaggio diventato il simbolo dell’amarezza condivisa dai tifosi. Un’affermazione netta, che separa la figura di Cellino dall’identità della società: “Il Brescia non è lui, il Brescia siamo noi e non morirà mai”.

Nella notte tra il 7 e l’8 giugno, sotto la sede del club si sono radunati decine di sostenitori, tra tensione, incredulità e rassegnazione. La città ha reagito, ma senza cadere nella retorica o nella disperazione. A Brescia, la reazione è stata composta, ma lucida.

Il contesto economico e sociale Brescia è una delle province più ricche d’Italia, con imprenditori capaci di sostenere club ben più onerosi. Eppure, nessuno si è avvicinato al Brescia Calcio negli ultimi anni. Troppa pressione, troppa sfiducia, troppa conflittualità. Lo stesso Cellino, e prima ancora Corioni (nonostante i successi e i campioni lanciati), hanno vissuto rapporti complessi con la piazza.

Ora il sindaco Laura Castelletti ha avviato un tavolo con le altre realtà calcistiche locali – Lumezzane, Feralpisalò e Ospitaletto, tutte in Serie C – per valutare possibili sinergie e non disperdere la tradizione sportiva del territorio. Ma l’assenza del Brescia pesa, eccome.

Il futuro? Un’ipotesi: liquidazione, non fallimento Secondo le indiscrezioni, l’esposizione complessiva è di circa 9 milioni di euro. Il club, quindi, potrebbe essere messo in liquidazione volontaria, evitando il fallimento e i suoi effetti più gravi. Questo anche per tutelare i beni e gli interessi delle società collegate alla famiglia Cellino, tra cui Eleonora Immobiliare, proprietaria del centro sportivo di Torbole Casaglia e di altri immobili.

Il marchio Brescia Calcio resta nelle mani di Massimo Cellino, che al momento risiede a Londra. La sua presenza nel mondo del calcio sembra però giunta al capolinea.

Una fine che lascia spazio solo alla memoria Quel che resta oggi è un vuoto enorme, sportivo e simbolico. Il Brescia Calcio, che ha scritto pagine importanti del calcio italiano e lanciato talenti come Pirlo, Toni e Hamsik, è stato cancellato con una firma mancata. La città ne prende atto. Con dolore, ma anche con dignità.

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