Zerocinquantuno
·17 settembre 2024
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Per incredibile che possa sembrare, Bologna-Shakhtar si è già giocata. Era il 18 dicembre 1975, amichevole in un Dall’Ara che non si chiamava ancora Dall’Ara (lo sarebbe diventato solo nove anni dopo). Al Comunale si sfidarono i rossoblù di Bruno Pesaola e lo «Shakhter Donienzk» (evidentemente l’assenza di Google giocò un brutto scherzo al titolista dei manifesti) guidato dal centravanti Volodymyr Rogovskiy, scomparso giusto due anni fa. Quello strano incontro si celebrò nell’ambito delle Giornate della cultura sovietica, iniziativa che adesso farebbe rabbrividire (nel corso dell’inaugurazione venne letto addirittura un saluto di Breznev) ma che in un’epoca in cui il Partito Comunista vantava 1,7 milioni di iscritti aveva ben ragione d’essere. Proprio per questo motivo nel 1966 Bologna aveva stretto un gemellaggio con la città – ex sovietica – di Charkiv, sebbene la nomenclatura dei cartelli stradali oggi riporti ancora il nome russofono di Kharkov. La sfida a quello Shakhtar, lontano anni luce dai miliardi del magnate siderurgico Rinat Akhmetov, finì 1-1, e Pesaola (come ha ricostruito un bell’articolo di Luca Sancini oggi su Repubblica) uscì dallo stadio sotto una pioggia di fischi. Poi però quel BFC da poco orfano di Beppe Savoldi non sfigurò affatto, piazzandosi settimo a fine campionato. Da allora l’Ucraina non ha più attraversato i nostri cieli, salvo qualche contatto sporadico legato al calciomercato. ‘El Churry’ Cristaldo, la meteora argentina che non evitò l’amara retrocessione del 2013-2014, proveniva dal Metalist Charkiv, mentre nel 2020 i felsinei trattarono a lungo con la Dinamo Kiev per l’acquisto di Supryaga, da allora finito nel dimenticatoio (passando anche per un cameo alla Sampdoria).
Tuttavia l’Ucraina vanta una cronologicamente lunghissima tradizione di rapporti con la nostra città. Basti pensare alla figura dello scienziato, medico, astronomo e filosofo Jurij Drohobyc, il maestro di Copernico, che fu docente all’Alma Mater di Bologna dal 1478 al 1482, diventando anche rettore dal 1481 al 1482, come ricorda una targa celebrativa sistemata a Palazzo Poggi in via Zamboni. Ucraina è la sciabolatrice Olha Kharlan, che vive e si allena qui insieme al compagno e collega Luigi Samele. E lo è pure la direttrice d’orchestra Oksana Lyniv, prima donna a reggere le sorti del Teatro Comunale e prima a farlo in Italia in un teatro di serie A. Lo Shakhtar che affronteremo domani in Champions League è completamente un’altra squadra rispetto ai fasti dell’era targata Mircea Lucescu, che in 12 anni (dal 2004 al 2016) ha portato in bacheca 9 titoli nazionali, 7 Coppe d’Ucraina, 8 Supercoppe nazionali e una Coppa UEFA. Per la successione del tecnico rumeno il presidente Akhmetov si era affidato al neo milanista Paulo Fonseca, che aveva debuttato vincendo la Supercoppa e poi 3 scudetti e 3 Coppe d’Ucraina in altrettante stagioni. In seguito, nel 2021-2022, sulla panchina di Donetsk si è seduto anche l’italiano Roberto De Zerbi, costretto ad abbandonare dopo l’inizio dell’invasione russa che ha fermato il campionato. A causa dei conflitti armati alimentati dalla Russia che dal maggio 2014 opprimono l’Ucraina, lo Shakhtar è diventato l’emblema della squadra in esilio. Le sue partite casalinghe si sono disputate spesso a Leopoli, 1.150 chilometri più a ovest, e a Charkiv, 300 chilometri più a nord di Donetsk, dove si è insediata l’autoproclamata Repubblica Popolare sostenuta artificialmente dal regime di Vladimir Putin, contro il quale ora l’intero Paese combatte una quotidiana lotta di resistenza.
Luca Baccolini
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Foto: archivio Gianluca Battacchi (si ringrazia Giuseppe Mugnano per il lavoro di ricerca)