Calcionews24
·28 maggio 2025
Balotelli a Belve: «Mai pensato di essere un fenomeno; esultanza con la Germania? Una tamarrata; io e Mourinho due teste di cavolo, ora l’America»

In partnership with
Yahoo sportsCalcionews24
·28 maggio 2025
Mario Balotelli ospite di Belve si racconta a 360°, parlando di infanzia, razzismo, carriera, le sue famose “balotellate”, la vita privata e il suo futuro. Di seguito le parole dell’ex Inter e Milan.
CHI È MARIO BALOTELLI – «Un uomo. Perché? Perché è la belva più furba. Sono sempre stato Mario. Potevo fare anche di più ma non ho nostalgia. Sono felice di quello che ho fatto. Troppo esaltato e troppo criticato, non c’è stato mai equilibrio con me. Vulnerabile in qualche modo sì, insicuro no. Non è vero che rido poco, in privato rido sempre. Ho paura degli spiriti, mi è capitato di avvertirli… una volta per questo ho cambiato casa. Succedevano fatti strani, si accendevano le luci da sole quando ero solo in casa. Piango poco, l’ho fatto quando se n’è andato mio padre, l’unica persona che riporterei in vita e alla quale chiederei un consiglio. Vorrei piangere di più ma questo sentimento si trasforma troppo velocemente in rabbia. Ne ho avuta troppa e non è mai stata necessaria. Oggi se mi arrabbio faccio una passeggiata. Timido o bad boy? Tutte e due. Sono difficile, buono, sensibile, protettivo, incazzoso. Un pregio? Empatico».
INFANZIA E RAZZISMO – «Ho dovuto aspettare i 18 anni per la cittadinanza italiana. Non penso sia la normalità. Dai 16 ai 18 anni il Ghana insisteva. Se fossi nato lì ci avrei pensato ma sono cresciuto qui e me l’hanno data solo a 18, un po’ l’ho sofferto. L’affido l’ho vissuto come un abbandono. Il razzismo? Quell’episodio della banana a Ponte Milvio non lo rifanno più. Da bambino chiedevo alla maestra se fosse nero anche il mio cuore».
LA CARRIERA E LA DEPRESSIONE – «Mai pensato di essere un fenomeno. Magari potevo diventarlo ma non me lo sono mai detto. Ho fatto qualcosa sopra le righe, sì, ma non mi sono mai sentito onnipotente, nemmeno al City. La mia famiglia non me l’avrebbe mai concesso. L’esultanza contro la Germania? Tamarrata, ride. A volte avrei voluto sentire più pressione, la sento di più ora che allora. Ai Mondiali del 2014 io capro espiatorio? Si gioca in undici, ci vuole chi si prende le responsabilità, alcuni grandi si nascondono. Sono più professionista oggi che prima. Poca tenuta psicologica? No. La depressione a Marsiglia è stato un baratro, volevo stare a casa, mi sono isolato e mi sono fatto seguire in terapia che ho finito l’anno scorso. Ho capito che dovevo farla prima. Avevo traumi del passato che mi davano tristezza in più, ma non voglio approfondire».
IL CALCIO E I RAPPORTI – «Il calcio per come vivo la vita è finto. Perché non sono come Cristiano Ronaldo? Lui è stato professionista dall’inizio alla fine e si massacra di allenamenti, io no. Talento sprecato? Esagerato, peccato per la costanza. Non faccio spogliatoio? Assolutamente falso. Con Mancini ho un rapporto di benevolenza, penso anche lui. Mourinho? Eravamo due teste di cavolo, lui peggio di me. Amici in campo? Boateng, Neymar, Materazzi (che non mi ha mai picchiato, è una ca…). Con Rodgers non vado d’accordo, non lo saluto neanche. Peggior fallo subito? Totti. Sono un provocatore in campo ma ormai non si può più fare niente».
LE BALOTELLATE – «Mi pento del rosso in Champions con l’Inter, sono stato un po’ pollo, ma Mourinho non dice mai che segnai e feci assist al ritorno. Un amico che si buttò in acqua col motorino? Non l’ho pagato e nessuno mi denunciò, tirammo fuori il motorino subito. I fuochi d’artificio a Manchester che provocarono un incendio? Non ero io. Il battibecco con i poliziotti inglesi? Risposi ‘Perché ho tutti questi soldi? Perché sono ricco’. Ho buttato a terra la maglia dopo i fischi nella semifinale Inter-Barcellona, me ne pento».
VITA PRIVATA E FAMIGLIA – «Adesso sono innamorato, abbastanza. Non è un momento semplice ma spero si risolva presto. Ho più amato di quanto sono stato amato. La storia con Raffaella Fico? Tanto gossip, non per colpa mia. Traditore? No. Qualche volta ho bevuto, fatto tardi, con più donne, mai con un uomo. Droghe? Mai, sono contro. Padre? Paziente, moderno, gelosino. Mi do un sette e mezzo, non otto per situazioni con le madri, ma non ho rimorsi perché non è stata colpa mia. Sul test di paternità chiesto a Fico per Pia? Lo rifarei. L’ho amata tantissimo, le voglio bene ma ha sbagliato tanto. L’ho scoperto prima degli Europei, mio fratello mi girò una foto di lei con la pancia, volevamo essere sicuri. Mi dispiace solo per mia figlia».
IL FUTURO – «Il meglio è alle spalle, quest’anno è stata una sfiga dopo l’altra. L’unica scelta mia è stata andare lì, altro sbaglio. Dispiace per i tifosi che mi vogliono bene, non per la società che non mi ha saputo trattare. Sarà difficile tornare a grandi livelli, devi stare nei grandi campionati. Forse altri due o tre anni, smettere sarà un trauma senza allenamenti, partita, gruppo. Tutto il resto non mi mancherà mai. Mi sono divertito ma non c’entro con questo mondo. Fisicamente sto bene e ho voglia ma è difficile restare in Italia o Europa. Guardo all’America adesso».