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·18 giugno 2025
Atlante dei migliori giovani difensori centrali italiani: da Natali a Calafiori

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·18 giugno 2025
Il movimento calcistico italiano sta vivendo il momento di più profonda crisi della sua storia. Lo spauracchio della terza mancata qualificazione ai Mondiali, i discorsi sulle responsabilità dei vertici della Federazione, l’avvicendarsi di guide tecniche discusse e discutibili, l’arretratezza delle strutture e i programmi di formazione obsoleti rispetto ai nostri omologhi europei hanno fatto piombare la Nazionale in una spirale di negatività da cui sembra impossibile riemergere.
Il comune denominatore della critica generale sembra convergere nel seguente punto: in Italia si fa una fatica tremenda a forgiare e soprattutto lanciare il talento. Tuttavia, c’è una scuola del nostro calcio che anche nei periodi di magra non passa mai di moda, che continua a formare giocatori importanti e a cui negli ultimi anni hanno attinto con sempre maggiore frequenza anche i club stranieri: la scuola dei difensori centrali italiani.
Da sempre punto di forza e tratto distintivo del Made in Italy calcistico (tanto che all’estero è ampiamente diffusa la convinzione stereotipata che il nostro stile di gioco sia ancora fondato sul catenaccio), la fucina dei difensori è quella che meno ha risentito della crisi del movimento, continuando a sfornare ottimi prospetti, spesso prelevati e allevati fuori dall’Italia. Un fenomeno in costante aumento, che da una parte deve accendere un campanello d’allarme (alla stregua di una fuga di cervelli in ambito sportivo, per cui giovani qualificati richiesti all’estero lasciano il Paese, verso maggiori prospettive di crescita e sviluppo), dall’altra fungere da incentivo per le società italiane, affinché valorizzino i loro prospetti concedendogli lo spazio che i club stranieri sono disposti a offrirgli al di fuori dello Stivale.
Diciotto anni ancora da compiere e già un’eccezionale esperienza internazionale: prima le giovanili del Milan, poi il trasferimento in Spagna. Un anno all’Espanyol e tre nella cantera del Barcellona, dove ha condiviso lo spogliatoio con Yamal e Cubarsì. È stato acquistato la scorsa estate dal Bayer Leverkusen, dopo la vittoria dell’Europeo U17 (giocato un anno sotto età). È un centrale ordinato, dotato di ottimo senso della posizione, tempismo negli interventi e abilità nel gioco con i piedi, caratteristiche molto ricercate nei difensori moderni e che potrebbero essere ulteriormente esaltate dalla proposta di gioco dei tedeschi. Aveva già ricevuto la chiamata in prima squadra sotto la guida di Xabi Alonso: chissà che con Ten Hag, allenatore sbocciato nell’Ajax a stretto contatto con i giovani, il classe 2008 figlio d’arte non possa ritagliarsi qualche occasione e debuttare tra i grandi.
Nelle giovanili nerazzurre dal 2017, sogna di esordire in prima squadra nel solco tracciato da Alessandro Bastoni. Lo abbiamo visto all’opera negli ultimi campionati europei U17: attento, veloce, deciso e forte nell’anticipo, oltre ad avere un destro particolarmente educato, che gli consente di gestire tranquillamente la sfera in fase di costruzione. Inoltre, nonostante stia ancora completando la sua crescita fisica, si dimostra molto solido nei duelli, sia nei tackle che di testa. Mette in campo personalità e aggressività, abbinate a una compostezza “vecchia scuola”: doti che lasciano presagire futuri ruoli di leadership. In un Inter che vuole ripartire dai giovani, il suo nome sarà sicuramente attenzionato per il futuro.
Il centrale più in rampa di lancio del nostro calcio non ha bisogno di presentazioni (ma per una panoramica più completa, ve ne abbiamo parlato in un episodio di Cotte). La sua imponente fisicità gli ha permesso di farsi valere da subito tra i grandi: nel duello corpo a corpo è praticamente impossibile scrollarselo di dosso (chiedere conferma a Vlahovic e Lukaku). Forte di testa, forte nei tackle, concentrato dal fischio d’inizio a quello finale senza l’ombra di sbavature. Al suo primo anno in Serie A ha già conquistato tutti: la sensazione è che chi si assicurerà le prestazioni di questo centrale dal futuro radioso, farà un enorme affare. E a Milano, su entrambe le sponde del Naviglio, ci stanno pensando molto seriamente.
170 minuti in Serie A distribuiti in 7 presenze. Un bottino non strepitoso, ma comunque indice di una certa considerazione da parte di Cesc Fabregas, che non ha esitato a mandarlo in campo in situazioni di emergenza o necessità. Un difensore che dà del tu al pallone con il suo mancino e dotato di una buona velocità: non a caso, l’allenatore dei lariani lo ha schierato spesso anche sulla corsia di sinistra. Quando chiamato in causa, Jack ha sempre risposto presente, dimostrando che è possibile ritagliarsi dei minuti quando il merito e l’applicazione superano l’esperienza. Può essere un ricambio molto funzionale in una squadra che costruisce dal basso e lascia campo alle spalle della linea difensiva.
Probabilmente il più rodato tra i nostri giovani difensori, di sicuro quello che ha trovato maggior continuità, dopo una stagione che lo ha visto per lunghi tratti titolare in campionato e protagonista in Conference League con la Fiorentina (44 presenze in stagione). È un centrale che fa dell’applicazione il suo tratto distintivo: come raccontavamo nell’episodio di Cotte a lui dedicato, Comuzzo è un soldatino dalla concentrazione incrollabile. Asfissiante in marcatura e con un ottimo senso della posizione, sempre solido nei duelli: che venga impiegato da centrale puro o da braccetto fa poca differenza. Ha ancora margini di miglioramento per quanto riguarda la fase di impostazione, ma può essere considerato a tutti gli effetti un difensore su cui fare sicuro affidamento.
È un esempio di talento italiano allevato e lanciato all’estero: nato in Germania da genitori italiani, è cresciuto nelle giovanili del Werder Brema e ha scelto di rappresentare gli Azzurri sin dall’U15. Nell’estate 2023 è passato a titolo definitivo al ‘Gladbach, con cui non è ancora riuscito a imporsi come titolare: 10 le presenze nella passata stagione, 17 quest’anno (di cui solo 4 dal primo minuto). Le sue caratteristiche sono quelle di un centrale versatile, in grado di adattarsi sia in una difesa a 4 che a 3, con ottime letture e senso dell’anticipo, oltre ad una buona propensione all’impostazione.
Uno dei prospetti più interessanti e pronti prodotti dal fertile settore giovanile dell’Empoli. Centrale nella difesa a 3 e a 4, all’occorrenza braccetto di destra e addirittura mediano, nella seconda parte della stagione è diventato un punto fermo della formazione toscana. Dotato di grande scelta di tempo negli interventi, solidità nei duelli e accortezza in marcatura, la grande personalità è uno dei suoi maggiori punti di forza: non esita a farsi carico della prima costruzione e ad uscire palla al piede quando necessario, senza però trascurare una certa ruvidità quando si tratta di battagliare con gli attaccanti. Una serie di caratteristiche che ha attirato il Napoli campione d’Italia a prelevarlo per una cifra vicina ai 10 milioni, infoltendo la batteria di centrali a disposizione di Antonio Conte, che certamente gradirà il profilo.
Nelle passate stagioni, la sua presenza salda nella difesa atalantina non faceva più notizia: gli addetti ai lavori lo consideravano da tempo una certezza per il futuro del nostro calcio. Poi, la sorte ha deciso di accanirsi: prima, la rottura del crociato nel giugno 2024; poi al rientro, tra dicembre e gennaio, un doppio infortunio alla spalla lo ha costretto nuovamente ai box. Una serie di stop che lo hanno tenuto lontano dai campi praticamente per tutta la stagione. Inutile precisare quanto sia importante un suo rientro al top della condizione: Scalvini rappresenta un patrimonio per la Nazionale ed è uno dei prodotti più illustri del nostro movimento. Un centrale dalla fisicità imponente, estremamente affidabile e duttile, con oltre 100 presenze in una squadra di vertice come l’Atalanta e 22 anni ancora da compiere.
L’unico a salvarsi nella disfatta di Oslo. Ed era all’esordio in Nazionale, con l’ingrato compito di contenere Haaland. Il che la dice lunga sullo stato del nostro movimento, ma al tempo stesso sembra suggerirci una possibile soluzione. Dopo una stagione molto positiva, da titolare al centro della difesa del Verona, per Diego è arrivato il momento del grande salto: a farsi avanti, però, non una squadra italiana di fascia medio-alta, bensì il Brighton, che per una cifra superiore a 10 milioni si è accaparrata il cartellino di un difensore molto affidabile, forte nel gioco aereo e nell’uno contro uno, dotato di un buon senso della posizione e piuttosto a suo agio con il pallone tra i piedi. Un ulteriore segnale del fatto che all’estero, nonostante il nostro calcio sia in crisi, tendono sempre a guardare in casa nostra quando si tratta di difensori. E noi non abbiamo la forza (o forse l’interesse) di trattenere e valorizzare i nostri talenti.
Come Coppola, suo compagno di squadra e di reparto, ha trovato grande continuità nella seconda parte di stagione, schierato stabilmente a destra nel blocco a 3 di Zanetti. È un centrale strutturato fisicamente, aggressivo e abbastanza rapido, in grado anche di proporsi in avanti. Tecnicamente ha ancora margini di crescita, ma è senz’altro un nome attenzionato dai grandi club e potenzialmente pronto per fare un passo in avanti, come dimostrano le ottime prestazioni nell’attuale campionato europeo U21.
Con l’exploit di inizio stagione aveva acceso i riflettori, mettendosi in evidenza come uno dei centrali più interessanti della cadetteria. La costanza mantenuta per tutta la stagione ha convinto l’Udinese a investire su di lui (le operazioni sembrerebbero in dirittura d’arrivo). Difensore di piede destro, abituato a giocare a sinistra nella difesa a 3, compensa con aggressività e tempismo negli interventi una struttura non esattamente statuaria (185 cm), nonostante la quale riesce ugualmente ad essere una minaccia sulle palle inattive (3 reti all’attivo nella recente stagione). I friulani, che ormai vantano una tradizione nella scelta e nello sviluppo dei difensori centrali, potrebbero aver fatto l’ennesimo colpaccio.
È il difensore marchio di fabbrica dei laboratori di Zingonia: strutturato, veloce, addestrato per accorciare aggressivamente in avanti e forte nei duelli. A Pisa ha trovato una discreta continuità, collezionando 22 presenze stagionali di cui 20 da titolare. Mancino, abituato a giocare da braccetto sinistro nella difesa a 3, sembra pronto per giocarsi le sue carte in Serie A, magari proprio rimanendo a giocare all’Arena Garibaldi, con cui ha conquistato la promozione nella massima serie.
Sicuramente il più illustre dei nomi in lista, è l’esempio più lampante di quanto il contesto e la necessità di accumulare minuti ed esperienza tra i grandi facciano la differenza nello sviluppo di un giovane calciatore. Il prestito al Basilea è stato l’inizio della svolta: la sua carriera – falcidiata da gravi infortuni – era iniziata da terzino di spinta nella primavera della Roma, fino al debutto in prima squadra. Poi l’esperienza piuttosto incolore al Genoa, fino al cambio di prospettiva svizzero, dove inizia a sperimentare con successo il nuovo ruolo di centrale. Una posizione in cui si consacrerà definitivamente nel Bologna di Thiago Motta: le sue prestazioni spingeranno l’Arsenal a sborsare 45 milioni per il cartellino del centrale moderno per antonomasia.