Zerocinquantuno
·24 ottobre 2024
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·24 ottobre 2024
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Il Bologna è una squadra che ha passo, ha ritmo, ha forza, ha resistenza, e gioca un calcio aggressivo fatto di possesso e riagressione: insomma, tutti concetti moderni ed evoluti.
Naturalmente, ad oggi, li mette in campo non sempre al massimo della loro miglior interpretazione, ma la base sulla quale lavora la squadra parte dai concetti sopra descritti, che possono e devono migliorare.
Sbaglia chi pensa che solo il ‘gioco’ dei Motta o dei De Zerbi (per fare due esempi di allenatori conosciuti in Serie A) sia il modello di calcio migliore, e ve lo scrive un grande estimatore di quel tipo di proposta calcistica, più controllata e ragionata, che però non prescinde anch’essa dall’intensità e dalla riagressione di cui sopra.
Ma la verità in tasca non ce l’hanno né quei tecnici che applicano principi di gioco come Italiano né altri. Le preferenze fanno spostare i giudizi da oggettivi a personali e quindi soggettivi, senza tener conto di quelle miriadi di combinazioni che gli allenatori invece devono affrontare: squadre nuove da assemblare, giocatori di difficile collocazione, infortuni multipli e resistenze a cambi di concetti e proposte diverse sono solo le prime che mi vengono in mente e che riguardano, nello specifico, anche il nostro attuale mister.
Difendere oggi Italiano può sembrare un esercizio di puro masochismo, altri invece potrebbero pensare che io voglia andare controcorrente perché ‘fa figo’: in realtà le mie convinzioni derivano anche dai risultati che Italiano e altri allenatori che sviluppano concetti calcistici simili hanno avuto nell’ultimo quinquennio della storia recente della Serie A, cioè da quando si esasperano alcuni concetti, e che vengono di volta in volta criticati proprio per la mancanza di elasticità.
Gasperini e Juric per certi aspetti sono stati i primi ad adottare i principi sopra elencati, e non venitemi a parlare di moduli che ormai hanno capito anche i sassi non essere più prerogativa per delineare lo stile di gioco di un allenatore: oggi è prassi, semmai, dividere i tecnici in chi esaspera tali concetti (e Italiano è uno di questi) e chi invece mutua una parte di essi cercando di restare dentro a canovacci più ‘tradizionali’.
Un progetto di media durata, così come l’hanno pensato i dirigenti rossoblù affidando a mister Italiano (che l’ha sposato con coraggio e ambizione venendo a Bologna) il dopo Motta, non può essere messo in discussione se ad un quinto della stagione mancano una manciata di punti in classifica o perché la squadra dimostra di non aver completamente digerito questi nuovi concetti: la logica deve per forza contemplare un periodo più lungo per una valutazione globale.
Il resto sono tutte chiacchiere, compresa la delusione derivante da un percorso in Champions League che ci ha visto soccombere davanti a Liverpool e Aston Villa, per giunta in terra inglese. La delusione per i risultati del campionato, seppur precoce, può essere persino comprensibile; quella riguardante i risultati della maggior competizione europea sa di irragionevole pregiudizio: qualcuno sano di mente può pensare che una squadra italiana, anche di prima fascia, vada prima ad Anfield e poi al Villa Park a esibire chissà quale forza e a fare sicuramente punti?
Siate seri almeno quando criticate, e fatelo con cognizione di causa: se contro il Genoa le perplessità potevano anche essere giuste, quelle di Birmingham sono roba da poveretti.
Tosco – Canale 88
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Foto: Dan Mullan/Getty Images (via OneFootball)