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·5 agosto 2020

Al Baker non molla la Roma: il ruolo di D’Alema

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L’imprenditore del Kuwait Fahad Al-Baker, titolare della società di servizi Winners International Trading, continua ad essere in campo, seppur in svantaggio rispetto al texano Dan Friedkin, nel processo avviato da James Pallotta e dai suoi soci per vendere la Roma.

Al momento Al-Baker, che sarebbe a capo di una cordata che coinvolge vari soggetti del suo Paese, ha manifestato solo un interesse a rilevare il club e non un’offerta formale come Friedkin.


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L’uomo d’affari del Kuwait vanterebbe però importanti relazioni negli ambienti politici romani su cui starebbe facendo leva per restare in gioco. Tra questi, come riporta Repubblica, ci sarebbe anche l’ex presidente del Consiglio e super tifoso romanista, Massimo D’Alema.

Sarebbe stato proprio quest’ultimo, attraverso un suo uomo di fiducia, a far recapitare la proposta di Al-Baker a Pallotta.

Già a gennaio di un anno fa, scrive Repubblica, l’ex premier si era fatto mediatore per un incontro tra l’ambasciatore kuwaitiano e una delegazione della Roma, documentata da foto e resoconti.

Oggi, insieme all’ex ministro Pd Luca Lotti (che però nega coinvolgimenti), avrebbe favorito un dialogo. Che si è concretizzato alcuni giorni fa in una proposta presentata da Al-Baker, più alta di 30-40 milioni rispetto a quella di Friedkin, ma inevitabilmente subordinata allo studio più approfondito dei documenti.

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Il problema è che di tempo per studiare le carte e effettuare una due diligence non ce n’è. O meglio: ce ne sarebbe se Pallotta accettasse di farsi garante di un aumento di capitale di almeno 50 milioni, da ricaricare poi sull’ eventuale acquirente. Possibilità che Pallotta non sembra intenzionato a prendere considerazione.

L’ offerta di Friedkin scade venerdì sera. Una data che a questo punto diventa una deadline anche per il gruppo del Kuwait: Al-Baker dovrà decidere per quel momento se far arrivare un’offerta vincolante al buio o quasi.

Pallotta già ha fatto un passaggio con l’ambasciata del Kuwait negli Usa, da cui avrebbe ottenuto rassicurazioni sulla solidità del gruppo, a differenza di altri soggetti, che a Goldman non hanno saputo dare prove di liquidità.

L’attuale numero uno giallorosso aspetta speranzoso un cenno dal Golfo Persico: dopo i tira e molla di febbraio e marzo, non vorrebbe dare la Roma a Friedkin, anche perché, come gli ha sussurrato un amico, «se la Roma deve iniziare a vincere, è meglio che lo faccia con un arabo che con un altro americano».

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