Adriano confessa: «Addio all’Inter? Mio padre se n’era andato, non c’ero più con la testa» | OneFootball

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·20 giugno 2025

Adriano confessa: «Addio all’Inter? Mio padre se n’era andato, non c’ero più con la testa»

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Adriano, l’ex attaccante dell’Inter ha raccontato alcuni momenti della sua carriera, in particolare sul suo periodo in nerazzurro: le sue parole

Nell’ultima puntata del format “Fenomeni” di Amazon Prime Video Sport, l’ex attaccante brasiliano Adriano ha condiviso una lunga e appassionante chiacchierata, durante la quale ha affrontato vari temi legati alla sua carriera e alla sua vita. Con un sorriso nostalgico e una sincerità disarmante, l’ex calciatore ha ripercorso le tappe della sua carriera, soffermandosi in particolare sul suo trasferimento all’Inter, un momento che ha segnato non solo la sua carriera, ma anche la storia del club nerazzurro.

IL GOAL SU PUNIZIONE AL REAL MADRID – «Facemmo un allenamento prima di andare a Madrid, Seedorf vide che calciavo forte, quindi mi disse ‘viene con me a provare’. Lui si è spaventato un po’… Io non presi la palla perché ero appena arrivato. Arrivò Seedorf che mi disse ‘calcia tu’. E’ andata bene. Io non ci potevo credere, anche il fatto di giocare al Bernabeu era troppo emozionante»


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SU RONALDO – «Ronaldo lo guardavo con ammirazione. Ero nelle favelas pochi giorni prima, poi a casa di Ronaldo. Mi viene la pelle d’oca a parlarne».

IL PERIODO ALA FIORENTINA – «Per me era giusto, non conoscevo il calcio italiano e dovevo imparare. Sono rimasto lì sei mesi a Firenze, grazie a Dio sono riuscito a fare dei gol contro grandi squadra. Poi purtroppo siamo retrocessi e sono andato al Parma».

PARMA – «Prima di me, a Parma, andò Taffarel. Gli dissi che l’avrei raggiunto volentieri, quindi il Parma decise di comprare il 50% del mio cartellino. Ero felice, trovai Prandelli lì, un allenatore molto importante per me. Mi ha insegnato movimenti che prima non conoscevo. Lì ho imparato anche a pensare come un attaccante. Quando sono tornato all’Inter ero più pronto, avevo un’altra mentalità».

IL RITORNO ALL’INTER – «Avevo un’altra testa rispetto alla prima volta che andai all’Inter. Non ero pronto al 100%, ma all’80 per cento sapevo già cosa dovevo fare. Non ci ho pensato due volte a tornare, c’era anche il Chelsea che mi voleva. Ma io dissi ‘no’, volevo tornare all’Inter perché è la squadra che mi ha portato in Italia. Era giusto così, mi viene quasi da piangere a pensarci. Moratti diceva sempre di essere il mio secondo padre, mi ha accolto davvero bene. Grazie a Dio ho fatto delle belle cose. Mi hanno fatto sentire un giocatore importante, mandandomi a giocare in prestito per imparare. Sono cose che non dimentichi, quindi li ringrazio tantissimo. Non avrei mai immaginato che un giorno mi avrebbero chiamato ‘Imperatore’, ho chiamato mia madre dicendole se avesse sentito questa cosa. Quando torno, tutti i tifosi, non sono quelli dell’Inter, mi chiamano ‘Imperatore’».

SU MANCINI – «Abbiamo avuto liti normali, non capivo cosa volesse da me. Ma era un grandissimo allenatore, mi chiamava sempre per confrontarsi. Ho imparato tantissimo anche da lui. Pensavo ce l’avesse con me, ma non era vero. Poi ho capito».

ADDIO ALL’INTER – “Mio padre se n’è andato, non c’ero più con la testa. Non mi mancava così tanto all’inizio, ho realizzato che mi mancava dopo un anno. Quando chiamavo a casa e non rispondeva. Lì ho cominciato a essere un’altra persona. Avevo un legame forte con i miei genitori.Non avevo la testa, non mi sembrava la cosa giusta stare qua. Sono stato convocato dal Brasile e non sono più tornato. I miei compagni e Mourinho lo sapevano che mi sarei comportato così. Non sono riuscito a mettere la testa a posto, è stata tutta colpa mia. L’ho sempre detto, sono le cose che succedono quando uno ha una perdita in famiglia. Non potevo pensare al 100% al calcio, ma stavo sempre peggio di giorno in giorno. L’Inter e Moratti hanno sempre cercato di aiutarmi, ma io non accettai. Sbagliai io. Quando sono finito in depressione, l’Inter voleva mettermi in una struttura ma io non sono andato perché pensavo di non averne bisogno. Quando ti trovi in quella situazione pensi sia normale, ma è lì che sbagli. Mi mancava la mia famiglia, dovevo andarmene via da lì. Sono rimasto due mesi senza giocare. La squadra mi voleva bene, non volevo che mi vedessero così».

LE PAROLE DI MORATTI – «Io non volevo approfittarmi della situazione. Dissi loro: ‘Datemi pure la multa, ma io non ho la testa per ritornare’. E’ stata una fortuna avere Moratti come presidente, stava malissimo quando mi vedeva così giù. Ha capito quanto fosse difficile per me non avere più mio padre. Sono stato felice di giocare nell’Inter e di aver avuto un presidente come lui. Nel club c’era chi voleva ammazzarmi, ma Moratti ha chiamato e ha detto ‘lascialo andare via adesso’».

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