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Emilio Scibona·29 marzo 2024

🚨Acerbi rompe il silenzio: "Non sono razzista, anche dopo assoluzione..."

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Francesco Acerbi rompe il silenzio dopo la vicenda che lo ha visto accusato di razzismo nei confronti del difensore del Napoli Juan Jesus.

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Il calciatore dell’Inter ha rilasciato un’intervista al Corriere della Sera nella quale ha ribadito la sua innocenza parlando del suo stato d’animo: “Sono triste e dispiaciuto: è una vicenda in cui abbiamo perso tutti. Quando sono stato assolto, ho visto le persone attorno a me reagire come se fossi uscito dopo dieci anni di galera, molto contente di essere venute fuori da una situazione del genere: sono state giornate molto pesanti”.


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Acerbi ha spiegato anche i motivi per cui ha deciso di esporsi solamente adesso: “Perché avevo fiducia nella giustizia e non volevo rischiare di alimentare un polverone che era già enorme. Adesso che c’è una sentenza, vorrei dire la mia, senza avere assolutamente nulla contro Juan Jesus, anzi è il contrario perché sono molto dispiaciuto anche per lui. Ma non si può dare del razzista a una persona per una parola malintesa nella concitazione del gioco. E non si può continuare a farlo anche dopo che sono stato assolto“.

Il difensore nerazzurro ha poi affermato che anche dopo la sentenza ha percepito ostilità nei suoi confronti: “Lo è stata, ma nella liberazione sono comunque triste per tutta la situazione che si è creata, per come era finita in campo, per come ci hanno marciato sopra tutti senza sapere niente. Anche dopo l’assoluzione ho percepito un grandissimo accanimento, come se avessi ammazzato qualcuno“.

Il giocatore della nazionale ha voluto ribadire che la sua vicenda non ha a che fare con il razzismo: “Ma questa non è lotta contro il razzismo, non c’è stato nessun razzismo in campo e io non sono una persona razzista: il mio idolo era George Weah e quando mi fu trovato il tumore ricevetti una telefonata a sorpresa da lui che ancora oggi mi emoziona. Si sta solo umiliando una persona, massacrando e minacciando la sua famiglia, ma per che cosa? Per una cosa che era finita in campo e nella quale il razzismo non c’entra nulla. Il razzismo purtroppo è una cosa seria, non un presunto insulto“.

Acerbi fa capire che questa vicenda l’abbia segnato molto anche sul piano personale addirittura di più rispetto alla malattia oncologica che lo ha colpito 11 anni fa: “Non c’è paragone, quella in confronto è stata una passeggiata, non ho avuto paura. Invece l’accanimento atroce che ho visto nei miei confronti in questi giorni mi ha ferito. Ho fatto tanto per togliermi l’etichetta che avevo quando ero più giovane e diventare un esempio di costanza e professionalità e ho rischiato di perdere tutto in un attimo“.

Il calciatore classe 1988 ha spiegato di aver temuto tutte le conseguenza di questo caso.: “Se ti danno dieci giornate e passi per razzista cosa fai? Poteva succedere qualunque cosa: sarei stato finito non come calciatore, che mi interessa fino a un certo punto, ma come uomo. Tutti avevano già emesso la sentenza prima ancora che uscisse. E per tanti sono razzista anche adesso: sinceramente non ci sto, le gogne mediatiche non vanno bene e soprattutto non servono per risolvere un problema come quello del razzismo che sicuramente esiste. E che non intendo sminuire nemmeno un po’: voglio che sia chiaro. Proprio perché la risonanza nella lotta al razzismo è tanta ed è importante, bisogna puntare gli obiettivi giusti”.

Nella parte finale dell’intervista Acerbi è tornato sul calcio giocato e sulle sue prospettive: “Ritorno a San Siro lunedì? Contento sì, ma soprattutto sono contento di giocare. Se e quando arriverà lo scudetto della seconda stella, potrò esserci. A testa alta, intendo. Convocazione agli Europei? Io non mi aspetto niente. Ma per adesso preferisco non dire nulla sulla Nazionale, è giusto che prima ne discuta con Spalletti. Sono stanco, dopo oggi metto un punto alla vicenda. E non voglio parlarne mai più”.