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·10 luglio 2025
Abbiamo già dimenticato cosa sia stato davvero Theo Hernández

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·10 luglio 2025
I giudizi eccessivi, per non dire offensivi, con cui tifosi e appassionati hanno accolto la notizia della cessione di Theo Hernández sono lo specchio di un calcio che corre sempre più veloce e dimentica ancora più rapidamente. L’ultima stagione del francese, ampiamente insufficiente, soprattutto per atteggiamento e applicazione – come quella di tutta la squadra, del resto -, non può essere abbastanza per gettare nel dimenticatoio le gesta di uno dei terzini più dominanti d’Europa degli ultimi anni, svenduto in Arabia nell’età apicale della sua carriera e scaricato come uno dei capri espiatori della fallimentare annata del Milan.
Nel calcio del qui e ora, dove tutti sono di passaggio e basta un attimo per cancellare ricordi, emozioni e a quanto pare anche l’evidenza dei fatti, è doveroso fermarsi ad analizzare criticamente la realtà per non lasciarsi travolgere dalle bufere mediatiche, che parlano alla pancia e riducono gli eventi a una semplificazione a dir poco fuorviante.
Pertanto, ripercorrere lucidamente la parabola di Theo al Milan ci sembra il modo migliore per ricollocare la narrazione sui giusti binari, ricordando – a chi l’avesse dimenticato – che abbiamo potuto apprezzare la velocità e la prorompenza di uno dei terzini più forti degli ultimi dieci anni di Serie A.
È il luglio del 2019 e il Real Madrid è pieno zeppo di terzini sinistri. Oltre a Marcelo, Mendy e Reguilòn, c’è un ventunenne francese di cui si parla un gran bene, che si porta via per 20 milioni di euro. Maldini stravede per lui e la sua mediazione è fondamentale per ottenere il sì del ragazzo, a cui bastano poche battute con il miglior difensore mancino della storia del calcio per convincersi. In quella sessione di mercato illuminata, arriveranno anche Leao e Kessié: il Milan, all’epoca allenato da Giampaolo, sta gettando le basi per aprire un ciclo.
Con la sua personalità, i suoi sprint e lo spirito offensivo, diventa da subito uno dei beniamini dei tifosi: debutta nel derby colpendo un palo e si sblocca poco dopo, alla quarta presenza, contro il Genoa. A stagione in corso subentrerà in panchina Stefano Pioli, “padre calcistico” con cui Theo riuscirà ad esprimersi sui suoi migliori livelli. La prima annata rossonera di Hernández si conclude con 6 gol e 3 assist: la sua straordinaria prolificità diventerà il suo tratto distintivo.
Nella seconda stagione al Milan, Theo riesce addirittura a migliorare gli eccellenti numeri dell’annata precedente: ben 7 reti e 5 assist, che certificano il suo status di attaccante aggiunto. Merito del sistema di gioco di Pioli, che aveva intuito come incanalare tutta la potenza e la velocità del francese, concedendogli grande libertà d’azione e moltiplicando esponenzialmente la sua pericolosità offensiva. Da quella parte, inizia a solidificarsi l’intesa con Rafa Leao, con cui formerà una delle coppie terzino-ala più incontenibili d’Europa per chimica, velocità e strapotere fisico. I coast-to-coast palla al piede cominciano a diventare un suo marchio di fabbrica.
Raggiungere la doppia cifra tra gol e assist è ormai un’abitudine: i suoi 5 gol e 5 assist, oltre alle solite galoppate palla al piede e le incursioni spacca-difese, saranno fondamentali per portare il Milan alla vittoria dello Scudetto (il gol contro l’Atalanta, dopo una cavalcata di 80 metri palla al piede, è forse il ricordo più indelebile di tutta la sua avventura rossonera).
Una stagione condotta regolarmente su alti livelli, che porterà Theo a ottenere la convocazione di Deschamps per il Mondiale 2022 e ad indossare per la prima volta la fascia di capitano dei rossoneri, proprio come il suo idolo e mentore Paolo Maldini. Il francese ha ormai raggiunto uno status da campione: tutte le big d’Europa hanno gli occhi puntati su di lui, in quel momento il terzino sinistro più in vista per forza, qualità e giovane età. Ma il Milan non vuole ascoltare offerte, Theo è incedibile e gli viene offerto il rinnovo fino al 2026.
Nelle successive due stagioni il Milan non riesce a mantenere le alte aspettative generate dalla vittoria del campionato, nonostante arrivino un quarto e un secondo posto. Hernández si conferma uno degli inamovibili, mantenendo alto il suo livello di rendimento con 7 G+A (23/24) e 9 G+A (24/25). Tuttavia, qualcosa nel rapporto con i tifosi sembra essersi incrinato, complice qualche amnesia difensiva di troppo, nonostante l’apporto offensivo del terzino francese rimanga costante. Rapporto che inizia lentamente ma inesorabilmente a sgretolarsi all’inizio dell’ultima stagione, a cominciare dal caso “cooling break” del 31 agosto contro la Lazio: Theo e Leao, tenuti da Fonseca inizialmente in panchina e mandati in campo da pochi minuti, si “ribellano” decidendo di non unirsi ai compagni durante la pausa che l’allenatore usa per dare le sue indicazioni tattiche (e restando addirittura dall’altra parte del campo). Da qui, la sua considerazione agli occhi dei tifosi inizia a sprofondare, con l’unico picco isolato del gol in finale di Supercoppa contro l’Inter. La rottura totale avviene nel ritorno dei playoff di Champions contro il Feyenoord, in cui Theo rimedia un doppio giallo per simulazione che risulterà fatale ai fini della qualificazione.
Il 14 gennaio 2025, segnando nel 2-1 al Como, Hernández diventa il difensore del Milan con più gol in Serie A, raggiungendo le 30 reti e battendo così il record che apparteneva a Maldini. Paolo è tra i primi a fargli i complimenti, regalandogli la sua storica maglia numero 3 con una dedica speciale. “A Theo, il mio degno erede. Ti voglio bene“, a ribadire l’affetto e la stima nei suoi confronti.
L’avventura di Theo Hernández al Milan si è conclusa probabilmente nel peggiore dei modi, di sicuro avrebbe meritato un epilogo diverso. Ma non per questo, tutte le grandi storie senza lieto fine meritano di essere cancellate o screditate.
Nelle sei stagioni in cui Hernández ha arato come un treno la corsia di sinistra, ha totalizzato 31 gol e 24 assist (55 partecipazioni dirette al gol): dal 2016, è il terzino di ruolo – per completezza citiamo anche Gosens (55, 33G e 22A) e Cuadrado (56, 16G e 40A) nonostante il raggio d’azione più avanzato – più prolifico del campionato italiano in termini di partecipazioni a gol, davanti a Di Lorenzo (48), Biraghi (48) e Dimarco (46).
L’avventura rossonera del francese era ormai a fine ciclo, ma non era corretto che il giudizio generale su di lui fosse a tal punto infangato da un’annata in cui al Milan si è sbagliato tutto lo sbagliabile. Perché il tifoso ha sempre il diritto di contestare, ma dovrebbe farlo con la consapevolezza di non dimenticare. Per il bene dello sport che ama, che tra commenti sempre più estremi, critiche social polarizzanti e sovrabbondanza di contenuti spinge sempre più in fretta verso la disaffezione e l’oblio.