
OneFootball
Andrea Agostinelli·11 settembre 2018
11 settembre 2001: il giorno in cui il calcio non si fermò

In partnership with
Yahoo sportsOneFootball
Andrea Agostinelli·11 settembre 2018
La ricostruzione di quei terribili momenti.
New York, ore 8:46 locali dell’11 settembre 2001. Le 14:46 in Italia.
Il volo di linea American Airlines 11 si schianta sulla Torre Nord del World Trade Center. Circa mezz’ora dopo il volo United Airline 175 si schianta contro la Torre Sud.
È una scena apocalittica. Entrambi le torri crolleranno nell’arco di un’ora causando migliaia di morti, 2996 sommando anche le vittime dell’attentato kamikaze al Pentagono e i passeggeri del volo United Airlines 93 schiantatosi a Shanksvylle (Pennsylvania) mentre era diretto verso Washington per un quarto attentato.
Tutto il mondo si ferma con il fiato sospeso. Il calcio no.
Quella sera è previsto l’inizio della fase a gironi della Champions League.
La partita di cartello è Roma-Real Madrid. I giallorossi sono reduci dallo Scudetto vinto nella stagione precedente e tornano nella massima competizione europea per la prima volta dopo 17 anni. Le Merengues, invece, arrivano in Italia fresche del titolo di Campioni d’Europa ma senza Zinedine Zidane, acquistato pochi mesi prima dalla Juventus per 150 miliardi di lire.
Il pubblico arriva allo stadio con largo anticipo. L’Olimpico è tutto esaurito ma sino a pochi minuti dal calcio d’inizio non si sa ancora se si giocherà o meno.
“Eravamo basiti, incollati allo schermo, come tutti – ha raccontato Montella in un’intervista di qualche anno fa -. Le immagini parlavano da sole, sconvolgenti. Furono momenti di sgomento, ma noi dovevamo anche pensare che di lì a poco ci saremmo trovati di fronte il Real. Invece arrivammo allo stadio discutendo solo delle notizie che provenivano da New York.
La testa era altrove per quanto stava succedendo, non c’era la necessaria serenità, la concentrazione che ci vuole per disputare un incontro così importante. Ci guardavamo in faccia soltanto in attesa di avere qualche novità. Finché, all’ultimissimo istante, ci comunicarono che si sarebbe giocato”.
Sentimenti simili li provano anche i giocatori della Lazio che quella sera devono scendere in campo a Istanbul per affrontare il Galatasaray.
“L’ambiente era surreale – ha ricordato Simone Inzaghi – Eravamo certi che l’avrebbero sospesa ed invece ci fecero giocare. Una partita in un clima strano per quell’enorme tragedia che aveva colpito il mondo.
I momenti precedenti al calcio d’inizio furono strani, surreali, incredibili: sapemmo che avremmo giocato soltanto due ore prima della gara, praticamente nel momento della partenza della squadra dall’albergo”.
A prendere la decisione di giocare è Gerhard Aigner, all’epoca segretario generale della UEFA.
Il motivo? Lo stesso per cui le squadre spingono per il rinvio: la sicurezza dei tifosi e l’ordine pubblico. Allo stesso tempo viene stabilito che prima del calcio d’inizio su tutti i campi venga osservato un minuto di silenzio.
Una decisione assurda che si ripercuote ulteriormente sull’immagine della UEFA quando a Istanbul i tifosi di casa ricoprono di fischi la memoria delle migliaia di persone morte negli attentati.
“Sarebbe stato più giusto dare un segnale al mondo intero. Non si poteva trattare di una festa, siamo scesi in campo portandoci dietro un peso grosso come un macigno” dichiara amareggiato nel dopo partita di Roma-Real Madrid Fabio Capello, all’epoca allenatore dei giallorossi.
Il giorno successivo la Juventus deve affrontare in trasferta il Porto ma l’albergo dove alloggiano i bianconeri viene evacuato dalla polizia portoghese perchè ritenuto un sito sensibile.
Sulla base di questi fatti, e sotto una pressione mediatica senza precedenti, la UEFA nel pomeriggio del 12 settembre ufficializza il rinvio di tutte le partite di Champions League e Coppa Uefa ancora in calendario per quella settimana.
“Abbiamo preso questa decisione come segno di rispetto e riconoscenza verso quanto è accaduto negli Stati Uniti” fa sapere l’ufficio stampa del massimo organismo sportivo europeo.
La migliore decisione possibile presa nel peggior momento possibile: troppo tardi.