Tardelli, l’incubo Heysel: «Quel papà terrorizzato, la nostra “festa” amara. Solo dolore, nessuna vera vittoria» | OneFootball

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·29 Mei 2025

Tardelli, l’incubo Heysel: «Quel papà terrorizzato, la nostra “festa” amara. Solo dolore, nessuna vera vittoria»

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Tardelli, l’incubo Heysel: «Quel papà terrorizzato, la nostra “festa” amara. Solo dolore, nessuna vera vittoria»

Marco Tardelli, allora giocatore della Juventus, visse la tragica notte dell’Heysel il 29 maggio 1985. In campo per la finale funestata dalla morte di 39 persone, l’orrore di quella sera ha segnato per sempre la sua carriera e il calcio. Oggi ne ha parlato a La Stampa.

IL PRIMO PENSIERO – «Sincero? Non avrei voglia di parlarne. Perché è stata una sconfitta collettiva».


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PERCHÉ SI GIOCO‘ – «Ragioni di sicurezza, ci fu detto. Non dipendeva da noi. Annullando la finale, i tifosi si sarebbero sparsi per la città, i rischi di scontri e disordini sarebbero aumentati».

UN’IMMAGINE IN MENTE – «Un papà con il suo bambino raggiunse chissà come gli spogliatoi: voleva uscire da lì, lasciare lo stadio a tutti i costi. Ci colpì, eppure nemmeno il suo volto terrorizzato ci aiutò a capire a fondo cosa stesse succedendo».

SOTTO LA CURVA – «Andammo sotto la nostra curva. I tifosi avevano capito a loro volta che gli inglesi avevano caricato nel settore Z e volevano andare lì a far guerriglia. Siamo riusciti a impedirlo, parlando con loro: ci avvicinammo in tanti, io, Cabrini, Brio, Scirea. Nemmeno loro, però, sapevano davvero: come fai a pensare che a pochi metri da te, per una partita di pallone, sia avvenuta una strage?».

I FESTEGGIAMENTO – «Brutto. Però eravamo inconsapevoli, volevamo da anni quel trofeo, quando Platini segnò su rigore prevalse l’adrenalina. Non fu comunque, già da subito, gioia piena. E quando abbiamo saputo è rimasto solo dolore».

DOVE SARA’ OGGI – «Sarò a New York per una mostra dedicata a Paolo Rossi, organizzata per celebrare i settant’anni dall’ingresso dell’Italia nelle Nazioni Unite e il World Football Day. Anche Pablito era in campo quella notte, non c’è più e mi manca tantissimo. Ma dall’America il mio pensiero andrà all’Heysel, sono passati quarant’anni ma il ricordo, e il dolore, sono vivi»

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