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·23 Desember 2024
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Il Napoli s’è svegliato al primo posto dopo la vittoria contro il Genoa e al tramonto s’è ritrovato secondo dopo quella dell’Atalanta con l’Empoli: è la sintesi della domenica azzurra. Tutto chiaro? Da domani, alla ripresa della preparazione, Antonio Conte dovrà invece provare a chiarire con la sua squadra, o meglio ancora approfondire, i motivi della trasformazione di Marassi: un primo tempo da scudetto, una ripresa inspiegabile. Inspiegabilmente molle, passiva, piena di errori e disattenzioni, con cinque palle gol pulitissime concesse al Genoa e un portiere volante senza mantello ma comunque super di nome Alex. Meret: il migliore in campo. Uno spettatore dalle 18 alle 18.48, un eroe alla fine della serata. Lui, l’unico esentato dalle partacce dell’allenatore: ciò che ha detto pubblicamente l’ha urlato nello spogliatoio, a caldo. E sono scene che mancavano da quattro mesi: prima di sabato, il Napoli era crollato nel secondo tempo soltanto a Verona. Da 0-0 a 3-0. Ma era il 18 agosto, altri tempi. Ed era un’altra squadra: all’epoca serpeggiava una preoccupazione tangibile e ampiamente giustificata, mentre la metamorfosi sospesa tra il thriller e l’horror di Marassi è stata registrata più che altro con stupore.
L’idea? È stata casuale, anche perché il Napoli ha spesso cambiato marcia proprio nei secondi tempi: le vittorie con Parma, Empoli, Como, Lecce, Roma e Udinese sono la testimonianza diretta del dato. Sono la metà delle vittorie stagionali. Sì: sei, per la precisione, costruite da zero nei secondi 45 minuti; e altre due consolidate segnando più degli avversari come nel primo tempo. Statisticamente sono 8 in totale, insomma. E ancora: 15 gol realizzati contro gli 11 dei primi tempi, mentre sempre 6 a frazione sono quelli incassati, equamente. Media punti: 1.7 contro 1.5. E per il resto, i numeri sono pressoché simili sia nella distribuzione del gioco sia nelle conclusioni.
L’allarme, però, resta. Piccolo. Destinato a rientrare magari già domenica con il Venezia: in genere il dottor Conte non fa sconti a mister Napoli. E la risposta è immediata: ha chiesto ritmo, applicazione, attenzione e intensità per 95 minuti (testuale) e l’impressione netta è che li otterrà esattamente com’era accaduto dal Bologna in poi. Sabato, però, qualcosa è sicuramente e inaspettatamente cambiato tra l’ingresso e l’uscita dagli spogliatoi: l’assenza di Buongiorno, per quanto pesantissima, non può essere un’attenuante e tutti gli indizi portano a una questione mentale, di approccio, di un inconsapevole e improvviso relax dettato probabilmente dalla grandezza del primo tempo. Il più bello in assoluto della stagione: mai così dominante, il Napoli. Mai così schiacciante e convinto. Magari troppo: un possibile eccesso di sicurezza ha generato insicurezze. Ed è finita che dal primo tiro di Pinamonti al 46’ all’ultimo di Balotelli al 91’, il Genoa ha costruito quattro grandi occasioni oltre a quella del gol. Figlia per altro di una sequela di errori: Di Lorenzo-Anguissa-Jesus. Napoli kamikaze. Ma anche vincente e salvo dopo il tuffo nel vuoto senza paracadute. Sono segnali. E interpretandoli non può passare inosservato un elemento di rottura con il passato: il crollo di Verona portò la prima sconfitta, mentre quello di Genova ha prodotto la dodicesima vittoria. La squadra s’è rotta ma non è andata in frantumi. Una lesione di basso grado come quella di Kvara: lui è tornato dopo una sola giornata, il Napoli dovrà tornare dopo un tempo.
Carlo Gioia
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