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·15 April 2025

Caso Scommesse, scoppia la polemica: “Abodi ipocrita”. L’Aic e il terapista di Fagioli attaccano il ministro

Gambar artikel:Caso Scommesse, scoppia la polemica: “Abodi ipocrita”. L’Aic e il terapista di Fagioli attaccano il ministro

Il tema delle scommesse nel calcio continua a incendiare il dibattito. Dopo le parole del ministro per lo Sport Andrea Abodi, che ha dichiarato: “Via dalla Nazionale chi ha scommesso”, è arrivata una durissima replica da parte di Paolo Jarre, terapista di Nicolò Fagioli, e dell’Assocalciatori (Aic), attraverso il presidente Umberto Calcagno.

Caso Scommesse, scoppia la polemica: “Abodi ipocrita”. L’Aic e il terapista di Fagioli attaccano il ministro

Jarre contro Abodi: “Clamorosa ipocrisia. E sulle maglie gli sponsor del gioco” Paolo Jarre non ha usato mezze misure. Intervistato da LaPresse, ha puntato il dito contro il doppio standard del ministro:


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“È scandaloso che Abodi faccia la morale ai calciatori, quando negli stessi giorni promuove l’abolizione del divieto di pubblicità per il gioco d’azzardo previsto dal Decreto Dignità. Quei ragazzi vivono immersi in un ambiente dove si parla solo di scommesse, con banner sui campi e maglie sponsorizzate da provider di betting.”

Jarre ha poi rilanciato il tema della responsabilità collettiva:

“So per certo che molte squadre italiane hanno contratti di sponsorizzazione con aziende di scommesse. È ipocrisia pura. E la FIGC non interviene se un ragazzo si rovina scommettendo su altri sport, come tennis o basket. Il rischio di diventare ricattabili esiste comunque.”

Calcagno (AIC): “Serve rieducazione, non esclusione. Come per Paolo Rossi” Anche l’Associazione Italiana Calciatori ha preso posizione, ricordando l’articolo 27 della Costituzione, che sancisce la funzione rieducativa della pena. Il presidente Umberto Calcagno ha sottolineato l’incoerenza dell’approccio punitivo:

“Chi ha sbagliato e ha pagato deve poter tornare a far parte del nostro mondo, anche della Nazionale. Come accadde per Paolo Rossi nel 1982, che si rivelò un valore aggiunto, sportivo e umano.”

Calcagno ha poi rilanciato la necessità di prevenzione:

“Il problema non è dei calciatori, ma generazionale. Bisogna investire in campagne di sensibilizzazione mirate e coinvolgere i genitori. Se non si agisce prima dei 14-16 anni, è spesso troppo tardi.”

Una riflessione più ampia: tra etica, sponsor e riabilitazione Il caso riaccende il dibattito sull’etica nello sport e sull’influenza pervasiva del betting nel calcio professionistico. La posizione del ministro – netta e punitiva – si scontra con quella più riabilitativa espressa da terapisti, associazioni e costituzionalisti. Il paradosso più evidente, secondo i critici, sta proprio nell’ambiente iper-commercializzato dove le scommesse sono onnipresenti, mentre si condannano i singoli giovani che ne diventano vittime.

Conclusione: la Nazionale come premio o traguardo educativo? La domanda ora è se la maglia azzurra debba essere unicamente un riconoscimento sportivo o anche un percorso di riscatto. Il dibattito è aperto. Ma in un contesto in cui il gioco d’azzardo è promosso a livello sistemico, la linea dura rischia di apparire come una forma di ipocrisia istituzionale più che di giustizia.

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