Barbara Berlusconi si racconta: «Il Milan, il peso del cognome, il rapporto con mio padre Silvio e quel piercing nascosto. Basta San Siro, ci vuole un nuovo stadio: finalmente lo hanno capito tutti» | OneFootball

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·9 Juni 2025

Barbara Berlusconi si racconta: «Il Milan, il peso del cognome, il rapporto con mio padre Silvio e quel piercing nascosto. Basta San Siro, ci vuole un nuovo stadio: finalmente lo hanno capito tutti»

Gambar artikel:Barbara Berlusconi si racconta: «Il Milan, il peso del cognome, il rapporto con mio padre Silvio e quel piercing nascosto. Basta San Siro, ci vuole un nuovo stadio: finalmente lo hanno capito tutti»

Le parole di Barbara Berlusconi, figlia dell’ex proprietario del Milan, sui suoi anni in rossonero

Oggi su La Gazzetta dello Sport c’è una lunga intervista a Barbara Berlusconi. Più che una semplice dirigente, lei ha rappresentato per il Milan un capitolo complesso e denso di significati, un ponte tra l’epopea gloriosa del padre Silvio e il tentativo di proiettare il club in una nuova dimensione manageriale. Il suo ingresso nel consiglio d’amministrazione nel 2011, e la successiva nomina a doppio amministratore delegato nel 2013, avvennero in un momento cruciale: mentre sul campo la squadra iniziava un lento declino dopo l’ultimo scudetto, fuori emergeva l’urgenza di modernizzare una struttura aziendale ancora legata a un modello familiare. La sua visione era chiara e di rottura rispetto al passato: spostare il baricentro dal solo risultato sportivo, dominio incontrastato di Adriano Galliani, alla valorizzazione del brand e all’incremento dei ricavi commerciali. Simbolo tangibile del suo operato è “Casa Milan“, il moderno quartier generale con museo e store, concepito per essere un hub per i tifosi e una fonte di reddito slegata dalle vittorie.

A questo si aggiunse l’ambizioso, ma mai realizzato, progetto per uno stadio di proprietà, emblema di una spinta innovatrice che si scontrò con le complessità del sistema italiano e le dinamiche interne al club. Il suo percorso è indissolubilmente legato al celebre e a tratti logorante dualismo con Galliani, uno scontro non solo di potere, ma di visioni: da un lato il “calcio del condor“, fatto di intuizioni di mercato e gestione dello spogliatoio; dall’altro, il “calcio azienda”, focalizzato su bilanci, marketing e infrastrutture. L’era di Barbara Berlusconi al Milan è stata la cronaca di questo tentativo, tanto necessario quanto turbolento, di trasformare una gloriosa creatura paterna in un’impresa del calcio globale. Ecco un estratto delle sue parole.


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IL COGNOME É STATO UN PESO – «A volte sì. Ma più che un peso era ed è una responsabilità. Portare il cognome Berlusconi significa essere costantemente osservati, giudicati. Ho imparato a viverlo con orgoglio».

IL RAPPORTO COL PADRE – «Io molto curiosa, indipendente, a volte ribelle. Lui un padre amorevole, ti spingeva sempre oltre, ma con una dolcezza tutta sua».

SI ARRABBIO’ PER IL SUO PIERCING ALLA LINGUA – «Eh già (risata, ndr). Lui certe cose proprio non le voleva vedere. Sono riuscita a tenerlo nascosto per un po’, ma alla fine se n’è accorto. Si vedeva che gli dava fastidio, ma alla fine l’ha accettato. Con noi figli raramente l’ho visto arrabbiato sul serio. E comunque non era un padre invadente».

COSA HA LASCIATO SILVIO AL MILAN – «Una filosofia di gioco, un’identità vincente, un modo di stare in campo che ha cambiato la storia. Ma soprattutto ha lasciato un’eredità emotiva: il Milan del cuore»

IL NUOVO STADIO – «Il dibattito non può più essere se fare o non fare lo stadio. Si deve fare. Rimanere a San Siro non è più un’opzione. Non ci sono alternative se si vuole tenere il passo con i grandi club europei. Sono felice di aver posto il problema dieci anni fa. Allora i tempi non erano maturi, ma ora avverto un nuovo clima positivo. Finalmente amministrazione comunale e club dialogano in maniera costruttiva».

OGGI CHI É BARBARA BERLUSCONI – «Una donna che si divide tra cinque figli, il lavoro e i suoi interessi artistici e culturali. È un momento della mia vita positivo, mi sento realizzata e serena».

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