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·21 décembre 2024
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Vicenza, Juventus, Milan e Verona: sono state le principali esperienze di Vinicio Verza, centrocampista nel calcio dello scorso secolo. Oggi vende case e il calcio non è più al centro dei suoi interessi, come ha raccontato a La Gazzetta dello Sport.
IL CALCIO DI OGGI – «Faccio un esempio: alla Juve si disputava la prima partita del ritiro dopo un paio di settimane contro la Primavera. Ora, due giorni dopo il raduno, si parte a fare le amichevoli negli Stati Uniti. Sarà giusto o sbagliato? Non so, bisogna prendere il calcio per ciò che è. A qualsiasi livello. Ricordo che, quando Pelé ancora giocava, sosteneva che il più grande fosse Di Stefano: tutto è relativo».
SPIRITO LIBERO – «Mi spiace dirlo: non partecipo più a trasmissioni in tv. Sono sempre stato uno spirito libero, voglio restare me stesso e dire serenamente ciò che penso, nel rispetto di tutti. Una volta a Verona, in un programma intitolato “I valori dello sport” con me e Bortolazzi, ex Milan e Verona, c’era anche una atleta paralimpica dilettante. Lì mi sono sentito in difficoltà: il calciatore non è un buon esempio, che valori può custodire, in fondo? La mia generazione è stata dell’essere, non dell’apparire. E guardiamo a certi tifosi: possiamo chiamarli ancora così? Ho vissuto in un ambiente meraviglioso, in una bolla dorata in cui tutto ti è dovuto: assistenza, medico, auto in regalo. A maggior ragione devi prepararti al dopo. Ai miei tempi c’era chi guadagnava davvero tanto, ma era l’eccezione. Tutti gli altri come me, che comunque non potevano lamentarsi, hanno dovuto guardare lontano, verso un futuro lavorativo normale. Per me è stato uno sprone verso una nuova attività, dopo aver conosciuto una realtà ovattata. A fine carriera ho aspettato un paio d’anni, ho preferito non rischiare buttandomi a capofitto verso l’ignoto. Da calciatore ho cambiato tante case, mi accorgevo che mi interessava capire un altro mondo: man mano apprezzavo i dettagli, le proposte architettoniche, le soluzioni alternative nelle abitazioni. Nel 1992 ho avviato a Vicenza la società con i miei ex compagni Massimo Briaschi e Lorenzo Miani. In precedenza, un dirigente del Lanerossi, Spigolon, aveva un’agenzia immobiliare con Paolo Rossi, nella quale sono stato coinvolto. Paolo, con Giancarlo Salvi, poteva attirare nuovi clienti. Poi mi sono occupato direttamente dell’attività che ho seguito per anni».
LA SUA SECONDA VITA – «Era tutto molto complicato, un’avventura. Non mi è mai piaciuto studiare e invece sono tornato a scuola per il patentino. Mi aggiorno, anche se certe capacità non le impari sui libri. Da agente devi mettere in contatto diverse persone. E quando esci dal calcio, non ti regala niente nessuno. Non porti a termine l’affare perché sei Verza. Dal ’92 mi sono guadagnato tutto da uomo normale. Ci sono diversi stadi del lavoro: la consulenza, il consiglio confidenziale, poi può nascere un’amicizia, come spesso capita. Devi conoscere tutti gli aspetti tecnici,dalla stesura di un preliminare alle norme edilizie. Non deve sfuggirti nulla: soltanto così risulti affidabile. Non voglio uscire dal mio ufficio e sentire “Verza ha tentato di fregarmi 5mila euro”. Ho una reputazione, devo mantenerla. Ecco perché funziona il passaparola».
IL RICORDO PIU’ BELLO DA CALCIATORE – «Di getto uno risponderebbe il gol nel derby. Invece il massimo per me resta una domenica in B con il Milan. Al mattino mi viene un collasso, per fortuna il dottor Monti mi rimette subito in sesto. A San Siro c’è il Varese: non soltanto gioco, ma segno una tripletta. Uno di loro, Cerantola, mi fa un fallaccio e devo uscire: c’erano 60mila persone che scandivano il mio nome. Bellissimo. I brividi che mi ha trasmesso San Siro sono impagabili, ma ora mi danno più emozione la pallavolo, l’atletica, il basket, sport con valori diversi. Non vado in cerca di partite in tv: il calcio non mi manca più».