Turone torna ancora sul gol annullato contro la Juve: «Tutte le volte che lo guardo mi inc..zo! Era buono, me l’hanno tolto ed è stata una grande porcata» | OneFootball

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·8 juillet 2025

Turone torna ancora sul gol annullato contro la Juve: «Tutte le volte che lo guardo mi inc..zo! Era buono, me l’hanno tolto ed è stata una grande porcata»

Image de l'article :Turone torna ancora sul gol annullato contro la Juve: «Tutte le volte che lo guardo mi inc..zo! Era buono, me l’hanno tolto ed è stata una grande porcata»

Turone ha rilasciato un’intervista, nella quale è tornato a parlare del gol annullato contro la Juve quando vestiva la maglia della Roma

Maurizio “Ramon” Turone, ex calciatore italiano, ha voluto ripercorrere la sua carriera nell’intervista a La Gazzetta dello Sport. Dalla “fatal Verona” al celebre gol annullato contro la Juve con la maglia della Roma, fino all’amore per Liedholm e Rivera. Di seguito riportate le sue dichiarazioni.

IL SOPRANNOME RAMON – «No, Ramon. Ancora prima che uscisse “Per un pugno di dollari” con Clint Eastwood che dice al Gian Maria Volonté: “Al cuore, Ramon, al cuore”».


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PERCHÉ RAMON? – «Ero un moretto piccolino, pelle scura, un incrocio tra un argentino e un messicano. Nel calcio, e non solo, mi conoscono tutti come Ramon».

HA SEMPRE COLPITO AL CUORE? – «Ho colpito anche di testa e fatto pure gol. Pochi, ma buoni. Come quella volta alla Juventus nel 1981».

IL GOL ANNULLATO ALLA JUVE – «Ce l’ho, lo guardo e tutte le volte m’incazzo».

SE SI STANCA DI PARLARNE– «No, mai. Ma senza fare tanti discorsi, moviole, Var, analisi. Era “bono”. E basta. Era gol, me l’hanno tolto, è stata una grande porcata».

COSA DISSE A BERGAMO DOPO IL GOL ANNULLATO – «Io? Se racconto, se parlo mi squalificano ancora adesso per dodici anni. Lui sa che cosa gli abbiamo detto nei 70 metri che vanno dal campo agli spogliatoi. Lo sa, lo sa… Ci è stato tolto uno scudetto».

SE L’HA PIÙ INCONTRATO– «Una volta in piazza a Bologna, giocavo lì. Mi ha guardato, mi ha riconosciuto. Gli ho detto: “Ti ricordi di me?”. Lui ha detto una specie di sì. Ognuno è andato per la propria strada».

I RICORDI DI CARRIERA– «Bellissimi, meravigliosi. Io sono stato bene dovunque ho giocato, mi sono divertito. A Catanzaro non volevo andarci e invece ho trascorso fantastici mesi di calcio. Una bella squadra, Mattolini in porta, Ranieri e Tato Sabatini, Orazi, Palanca. Eravamo amici, andavamo fuori a cena con le famiglie».

LE TAPPE GLORIOSE DELLA SUA STORIA – «Prima il Genoa. Ho avuto la fortuna di giocare con Angelillo. Io un ragazzo, lui un maestro. Era in fase discendente, ma quanta classe. Poi Milan e Roma. Non ho vinto scudetti, sono andato via l’anno prima, dal Milan e dalla Roma. Non ho rimpianti, sono stato bene, ho vissuto un calcio importante».

GIOCARE CON RIVERA AL MILAN – «Si può dire culo? Beh, io ho avuto il culo di giocare con Rivera. Non so se capiterà ad altri di trovare uno così. Il suo talento era infinito. Eravamo un grande Milan, ci hanno maltrattato».

CON FALCAO ALLA ROMA – «Mostruoso, giocava a tutto campo. Leale, serio e generoso. Ero al Bologna e, a tutti i ragazzi che avevano lasciato la Roma l’anno prima, ha dedicato lo scudetto. Ma ho giocato anche con Conti. Che valore di mercato avrebbe oggi Bruno? Un miliardo di euro. E Nela? Lo chiamavo Nelinho, un brasiliano. Ogni tanto ci penso, se giocassimo oggi…».

IL RICORDO DEL MILAN E LA FATAL VERONA – «La fatal Verona. È stata la delusione più grande della mia vita. Ci hanno fatto disputare la finale di Coppa delle Coppe a Salonicco nel fango: una stanchezza infinita, due notti senza dormire, il rientro. Ci fanno giocare la domenica a Verona. Chiediamo il rinvio, non ce lo danno, dicono, per uniformità. C’era anche la Juve in lotta? Bene, posticipava anche lei. Ma era la Juve. E qui mi fermo».

QUALCOSA PERÒ L’HA VINTA – «Sì, quattro Coppe Italia e una Coppa delle Coppe. Ma mi mancano due scudetti. A Verona, dopo il 5-3, Paron Rocco, indicando i nostri spogliatoi ai giornalisti, disse: “Se cercate i cadaveri, sono di là”. Sì, cadaveri calcistici. Tremendo. Ho sofferto molto, anche se i tifosi mi hanno sempre trattato bene, la stima non è mai mancata».

IL RAPPORTO CON LIEDHOLM – «Mi stimava molto. Liedholm nel Milan voleva farmi giocare in coppia con Franco Baresi, che era un ragazzino. Aveva in testa la sua zona. Non è stato possibile, ho avuto problemi con la società e sono andato al Catanzaro».

L’ARRIVO ALLA ROMA – «Sì, mi ha cercato con insistenza. È venuto da Cuccaro a casa mia, a Varazze, con la moglie, la contessa Nina, e il figlio Carlo per convincermi. Aveva paura che gli dicessi di no. Mi disse: “Ramon, tu vieni…”. Certo, risposi, io e Santarini in coppia abbiamo già vinto un Europeo con la Under 17. E lui: “Bravi”».

IL RUOLO IN CAMPO– «Sono nato così, lo ero anche da ragazzo. Impostavo, avanzavo, trascinavo. I tecnici approvavano, i compagni apprezzavano. Poi discutevo e litigavo».

IL RAPPORTO CON GLI ARBITRI – «Certo. A volte anche troppo. Ma il rapporto è sempre stato buono. Gli arbitri, quelli bravi, si facevano rispettare e rispettavano i buoni giocatori. Gino Menicucci di Firenze a inizio partita mi diceva: “O Ramon, non rompere i coglioni”. E io rispondevo: “E tu non fare il fiscale”. Altri tempi, altro calcio».

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