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·8 juin 2025
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L'esperienza di Luciano Spalletti sulla panchina della nazionale italiana, iniziata il 1° settembre 2023, sembra destinata a terminare dopo la prossima partita contro la Moldova.
23 le partite guidate dal tecnico, con 11 vittorie, 6 pareggi e 6 sconfitte.
Tanti i capi di accusa contro il tecnico, che era approdato alla panchina azzurra dopo il trionfale Scudetto vinto a Napoli per riaprire un ciclo dopo le delusioni della gestione Mancini post-Euro 2020.
Pesano sul tecnico le prestazioni sottotono dell'Italia a Euro 2024, l'eliminazione ai quarti di Nations League contro la Germania e ora la sconfitta contro la Norvegia che mette a repentaglio le chance degli Azzurri di qualificarsi al Mondiale 2026.
Facciamo allora ordine, per tracciare un bilancio dell'esperienza di Spalletti sulla panchina italiana.
L'inizio dell'esperienza Spalletti sulla panchina dell'Italia era stato tutto sommato positivo. Il tecnico era succeduto a Mancini in corsa, con due gare delle qualificazioni a Euro 2024 già disputate.
Fatta salva una sconfitta 3-1 contro l'Inghilterra prima classificata del girone e un pareggio evitabile contro la Macedonia nella sua prima partita alla guida degli Azzurri, Spalletti era riuscito a centrare una qualificazione non facilissima, decisa all'ultima giornata per differenza reti dopo un pareggio a reti bianche con l'Ucraina, avversaria diretta.
Se l'Italia arrivava in Germania da squadra campione uscente, non arrivava certo da favorita. Nessuno però poteva prevedere quanto sarebbe stato disastroso l'Europeo.
L'Italia, che fino a quel momento era stata schierata con un 4-3-3 in continuità con la formazione di Mancini, nel torneo viene schierata con tre moduli diversi nel giro di 4 partite.
Se il 4-2-3-1 e il 4-3-3 sono due moduli in parte intercambiabili, la composizione dei reparti nelle convocazioni lascia supporre che l'idea iniziale fosse quella di schierare una difesa a tre, chiamata a gran voce da molti per valorizzare il "blocco Inter" in difesa.
Un modulo che però verrà utilizzato da Spalletti soltanto in modalità "panico" ormai avviata dopo la sconfitta nella seconda gara contro la Spagna: alla fine la qualificazione arriverà solo al 98' grazie a una magia di Calafiori e Zaccagni, ma l'insipida prestazione contro la Svizzera agli ottavi determinerà la fine dell'Europeo per gli Azzurri.
Dopo i traumi dei playoff contro la Svezia e la Macedonia, a Spalletti era richiesto sopra ogni cosa un obiettivo: che l'Italia potesse finalmente tornare a disputare un Mondiale dopo due qualificazioni mancate.
Un obiettivo che ora è decisamente in pericolo e per cui l'Italia, dopo una sola partita disputata nelle qualificazioni, già non è più padrona del proprio destino.
Non ci sono solo alcune scelte difficili da comprendere nelle convocazioni: Rugani chiamato in difesa prima di un Mancini che pure il tecnico aveva lodato in conferenza stampa, dicendosi dispiaciuto di averlo lasciato a casa; ma anche la mancanza di un Cristante che aveva terminato il campionato in ottima forma e Zaccagni, spesso trascurato anche in precedenza dal CT.
Il modo in cui la Norvegia ha sconfitto gli Azzurri, travolgendola offensivamente (3-0 con un palo clamoroso) e senza lasciare spazio a repliche (un solo tiro nello specchio per gli Azzurri, durante il tempo di recupero) evidenzia solo le tante crepe del gioco di Spalletti.
Un gioco che non solo ha evidenziato di nuovo la grande sterilità offensiva dell'Italia negli ultimi anni, solo parzialmente tamponata dagli innesti di Retegui e Kean: è un'Italia che a centrocampo ha poche idee e che all'attacco fornisce pochi palloni.
Soprattutto, è un'Italia che dimostra diverse crepe difensive che in altri tempi sarebbero state considerate un sacrilegio per la nostra nazionale, dai troppi gol subiti da palla inattiva in Nations League alle modalità con cui Haaland, Nusa e compagni sono penetrati come il burro nelle maglie del nostro reparto arretrato.
Luciano Spalletti è sempre stato croce e delizia delle squadre che lo impiegavano anche per le sue dichiarazioni, spesso ricche di immagini colte e capaci di imprimersi nella memoria, ma anche sempre pungenti e impregnate di polemica.
E spesso le sue esperienze con i club sono terminate proprio per via di un carattere instabile e sempre in rotta di collisione con giocatori, dirigenza o ambiente.
L'esperienza in nazionale di Spalletti non è stata un'eccezione, a partire dalle scuse a fine Europeo in cui molti hanno letto una critica ai giocatori e una giustificazione al proprio lavoro e dall'accusa della presenza di una talpa in spogliatoio.
Negli ultimi giorni le polemiche sono tornate ad affiorare, a partire dal caso Acerbi, con il rifiuto della chiamata in nazionale da parte del difensore e la polemica che ne è seguita, una polemica in cui si è inserito anche il predecessore di Spalletti Mancini, con quel like al post di Acerbi e la conseguente stilettata del CT attuale: "Gli avranno hackerato il telefono, non posso pensarla diversamente".
Ha colpito anche la strigliata a Orsolini (peraltro spesso ignorato dalle convocazioni nonostante la costanza delle buone prestazioni del giocatore del Bologna): uno dei pochi a cercare di reagire contro la Norvegia, si è sentito dire dal CT di "non andare da solo e giocare con la squadra".
Insomma, un rapporto troppo turbolento per un allenatore che non è mai riuscito a far scattare la scintilla con la nazionale, tornata nell'indifferenza dopo l'entusiasmo del 2021.
📸 LISE ASERUD - Lise Åserud / NTB