Juventusnews24
·3 décembre 2024
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L’emozione della convocazione e poi l’esordio in Serie A con la maglia della Juve. Chissà cosa è passato, in quei momenti, nella testa di Diego Pugno. Forse le parole del suo allenatore ai tempi del Borgaro, Mario Gentile, che Juventusnews24 ha contattato in esclusiva per parlare dell’attaccante classe 2006.
Partiamo dalle emozioni che ha provato lei nel vedere uno dei suoi ragazzi esordire in Serie A: come ha reagito?«Ho visto la notizia della convocazione sui social e mi sono chiesto se fosse vera. Poi la notizia ha iniziato a circolare anche su altre testate giornalistiche, e quando ho realizzato che lo era, mi sono emozionato: mi è venuto un nodo alla gola. È stata una bellissima emozione, perché non me l’aspettavo così presto. Quando ho salutato il ragazzo nel 2021, gli avevo detto che avrebbe esordito in Serie A, che aveva il potenziale per arrivare a quei livelli. Gli dissi che era il mio augurio per lui, ma che la maglia dell’esordio sarebbe stata mia (ride, ndr.)».
Che Diego fosse fuori categoria al Borgaro, lei l’aveva già capito: basta vedere le 30 reti in 23 gare…«Io arrivavo dalla Venaria Calcio, e il direttore sportivo del Borgaro mi aveva chiesto se avessi avuto interesse a ritornare al Borgaro. Ho accettato, e abbiamo messo insieme una squadra del 2006 con i ragazzi che già giocavano lì. Quando è arrivato il momento delle firme, il direttore mi ha detto che c’era un ragazzo che avevano preso dal Torino, Diego Pugno, il quale aveva iniziato nei pulcini proprio con il Borgaro. Gli ho chiesto per quale motivo il Torino lo avesse scartato, e lui mi ha risposto che in realtà il Toro non lo aveva scartato. Anzi, lo avevano confermato, ma a Diego non piaceva l’ambiente e voleva tornare a giocare con i suoi amici. Tutti me ne parlavano bene, e appena l’ho visto in ritiro ho pensato: “Questo, per la categoria, è un extraterrestre, un dono dal cielo”.
Destro, sinistro, con potenza fisica, colpo di testa e corsa: un giocatore da professionisti. Durante il campionato segnava una media di 2-3 gol a partita. Bastava dargli la palla, e lui risolveva le partite da solo. In una partita ha segnato una doppietta con una strapotenza in conduzione palla da centrocampo, facendoci vincere. Segnava in tutti i modi: una volta ha fatto un gol di puntone da centrocampo. Era un attaccante possente».
Pugno sembrava a un passo dal Milan e poi la scelta della Juve: ci racconti cosa è successo?«Il Covid ha interrotto la stagione in cui il Borgaro con Diego avrebbe potuto fare molto bene. L’anno seguente lui aveva il braccio ingessato e non ho potuto utilizzarlo per un po’ di partite, ma quando hanno riaperto per amichevoli e tornei, il direttore mi disse che Diego sarebbe andato con i 2005 per una partita. Pugno giocò un tempo con noi, si fece la doccia e andò a giocare con l’altro gruppo e in quella partita c’era anche un osservatore del Milan. Quest’ultimo lo notò e lo portò a Milano per un provino. Il Milan manifestò subito la volontà di prenderlo: avevano già stabilito il convitto e i genitori erano già andati a Milano con il ragazzo.
Quando stava per arrivare la notizia che il Milan avrebbe preso un giocatore del Borgaro, gli osservatori della Juve vennero anche loro agli allenamenti e dissero: “Questo giocatore lo dobbiamo prendere noi”. Mi chiesero, così come anche il Borgaro, di parlare con Diego per convincerlo ad andare alla Juve. Io parlai al ragazzo per fargli capire che, dato l’interesse della Juve, sarebbe rimasto più vicino a casa, non sarebbe andato in un convitto, e che si trattava di una grande società così come il Milan. Il ragazzo poi venne da me e disse: “Ho scelto la Juve” e io ero molto contento».
Lei quindi segue anche le partite di Diego con la Juve?«Lo vedo spesso al campo a Borgaro. L’altra sera era lì a vedere l’allenamento della prima squadra. Quando è libero, viene sempre al campo. Poco tempo fa gli ho chiesto quando l’avrei visto in Next Gen, dato che c’era Montero che lo conosceva e c’erano alcuni problemi in attacco. Poi è arrivato qualcosa di più grande: un doppio passaggio di categoria. Sono andato anche a vedere l’amichevole che avevano fatto l’anno scorso col Borgaro. Lo guardo sempre. Contro il Lecce ho notato un attacco alla profondità. È ovvio che non ha ricevuto il pallone, ma io il movimento da attaccante l’ho visto. È un ragazzo del 2006, gli stava scoppiando il cuore dall’emozione».
Ci racconti che tipo di ragazzo è Diego fuori dal campo«È un ragazzo d’oro, educatissimo, che viene da un’ottima famiglia. Ho incontrato il padre domenica mattina, dopo la convocazione, e mi ha detto che non gli era venuto un infarto, ma che ci era mancato poco (ride, ndr.). La madre, invece, è andata a Lecce. A livello comportamentale, Diego ha un’educazione che davvero in pochi possiedono. Anche quando era con noi, non è mai stato presuntuoso, ma sempre umile e con il massimo impegno».
Sicuramente il livello di Diego al Borgaro era già alto ma, secondo lei, c’erano degli aspetti che avrebbe potuto migliorare? Ha visto dei miglioramenti di Pugno con la Juve?«Quando lo allenavo, era un ragazzino con tanti margini di miglioramento. Giocava contro un livello che, rispetto alle sue potenzialità, era basso e quindi aveva bisogno, per crescere, di allenarsi con preparatori atletici per migliorare sotto tutti i punti di vista. Seguendolo da fuori, sto vedendo i miglioramenti sul campo. Quando gioca con i suoi pari, non ha niente di meno rispetto a nessuno. Secondo me è un attaccante formidabile, che se la gioca con tutti i difensori della Primavera. Ho sempre pensato che Diego fosse un ragazzo con le qualità per arrivare in alto, ma la strada è ancora lunga. Mi auguro che, con la sua mentalità e la sua voglia, continui a lavorare ancora di più per consolidare questa posizione».
Che cosa gli chiederà appena rivedrà Pugno dopo l’esordio in Serie A?«Vorrei chiedergli com’è stata l’avventura con la prima squadra: parlare con i grandi, la trasferta a Lecce, come è stato considerato dai compagni, il momento nello spogliatoio e come ha vissuto quelle 24-36 ore. Mi piacerebbe sapere quali emozioni ha provato quando il mister gli ha detto di alzarsi e come ha vissuto l’ingresso in campo davanti a migliaia di persone. Vorrei sapere se, in quel momento, gli è passato per la testa tutto il percorso calcistico che ha fatto: dai pulcini al Borgaro fino all’esordio in Serie A. Se lo merita. Questa è la mia seconda grande soddisfazione: non ho vinto molti tornei, ma ho portato due giocatori nei professionisti. Diego e Cristian Bunino, che adesso è alla Pro Vercelli, dopo aver giocato in diverse squadre tra Serie B e Lega Pro ed essersi allenato alla Juve con Ronaldo».
Si ringrazia Mario Gentile per la disponibilità e la gentilezza mostrate in questa intervista.