Inter News 24
·6 août 2025
Matteo Materazzi sulla propria forma di Sla: «Ti crolla tutto addosso. Poi dici: io voglio ridere e vivere. Ecco come l’ho scoperto…»

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·6 août 2025
Una battaglia contro il tempo, una lotta per la vita raccontata con una lucidità e un coraggio che lasciano senza fiato. Matteo Materazzi, 49 anni, agente sportivo e fratello del campione del mondo nonchè leggenda dell’Inter Marco, ha affidato a La Repubblica la sua storia, quella di un uomo che da un anno combatte contro una forma rara e aggressiva di Sla. In questa intervista straordinaria, non c’è spazio per l’autocommiserazione, ma solo per la forza di un uomo che vuole vivere, per la speranza nella ricerca e per l’amore di una famiglia che si è stretta attorno a lui nel momento più difficile. Un racconto che è anche un appello, una corsa contro il tempo per finanziare una cura sperimentale e dare una speranza a chi, in futuro, affronterà lo stesso, infame avversario. E tutto va molto oltre il mondo del calcio.
LA PERDITA DELLA MADRE DA BAMBINO – «Un tumore al seno. Non ne ero cosciente, nessuno mi avvisò che sarebbe potuta morire. Anche per questo ho scelto di dire tutto subito ai miei figli, Geremia e Gianfilippo, così possono metabolizzare».
I PRIMI SINTOMI DELLA MALATTIA – «Una partita di calciotto con gli amici, a marzo del 2024. Non correvo bene. Pensavo a un’ernia del disco, avevo preso una botta saltando una staccionata. Ho fatto gli esami, tra cui una risonanza a contrasto che aveva scongiurato sclerosi e Sla: questa malattia non si manifesta in modo chiaro».
LA DIAGNOSI GRAZIE A MARCHISIO E MAURO – «Due mesi dopo ero in tribuna al torneo della Fondazione Vialli e Mauro. Claudio Marchisio mi vide e si insospettì, Massimo Mauro mi chiese se poteva mettermi in contatto col professor Sabatelli del Centro NeMo, a Roma. Mi visitò il 4 settembre, appena mi vide mi disse che avevo la Sla».
LA REAZIONE ALLA NOTIZIA – «Ti crolla tutto addosso. Poi dici: io voglio ridere, scherzare. Vivere».
LA SUA QUOTIDIANITÀ OGGI – «La notte è lunga. Non prendo mai sonno. Devo chiedere aiuto a mia moglie Maura per fare cose banali. Di giorno esco con gli amici, porto Gianfilippo all’allenamento. Non sono mai solo, persino il mio pitbull Gilda ha capito che qualcosa non va, è diventata la mia ombra. I malati di Sla spendono cifre enormi, i tempi della burocrazia sono lentissimi, quelli della malattia rapidi. Abbiamo pagato 100mila euro solo per rendere la mia giornata vivibile».
LA RACCOLTA FONDI PER LA CURA – «La speranza è trovare una cura per la mutazione che ha colpito me come tante altre persone. Magari non mi salverò io, ma altri sì. Ci muoviamo su due binari: la Columbia University ci ha chiesto 1,5 milioni per finanziare la produzione di un ASO, un laboratorio di San Diego un milione per cercare un farmaco. Ci proviamo, non so se il tempo che ho mi basterà».
LA RACCOLTA FONDI – «Duecentomila euro. Ringrazio Antonio Conte e la moglie Elisabetta, Simone Inzaghi e sua moglie Gaia, ma anche chi ha donato cinque euro. Mi ha scritto Ibrahimovic, mi ha mandato una emoticon e mi ha fatto forza. L’ho conosciuto quando giocava con Marco».
IL RAPPORTO RITROVATO CON IL FRATELLO MARCO – «Ci videochiamiamo ogni giorno, mi ripete: “Io sono qua”. Quando è scomparsa nostra madre ci siamo aiutati a vicenda, siamo cresciuti insieme, poi c’è stata qualche discussione su cose banali. Cazzate, dico oggi. Provo a recuperare con lui il tempo perso. Vuole organizzare una partita di beneficenza all’Olimpico».
IL RICORDO DELLA FINALE MONDIALE 2006 – «Con Maura. Al gol di Marco mi ritrovai abbracciato a un tifoso con la bandiera svizzera dipinta sulla guancia, pensai: “Che cavolo ci fa qua?”. Un momento bellissimo, di grande orgoglio per mio fratello».
LA SUA VITA NEL CALCIO – «A 23 anni mi sono reso conto che non sarei arrivato ad alti livelli e ho smesso di giocare. Sono diventato agente, ho fatto una buona carriera. Grazie a Simona Ventura, ho partecipato a 90° minuto, alla Domenica Sportiva e al Calciomercato di Sky, poi ho fatto L’Isola dei Famosi».
IL RUOLO DELLA MOGLIE MAURA – «È il mio faro, mi dà la forza per andare avanti, altrimenti avrei già mollato. Prima della diagnosi ci eravamo allontanati, ero andato via di casa. Con la malattia ci siamo riavvicinati. Sarei perso senza di lei».
LA PAURA PIÙ GRANDE – «Non veder crescere i miei figli».
LA NOTTE SOGNO DI CORRERE – «Con la malattia che ho mi è vietato avere speranza. Provo a vivere al massimo, finché posso. E di notte sogno di correre».