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·11 mars 2025

Inter e Feyenoord: Social Community Exchange

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In ogni partita ci sono due protagoniste, rivali sportive sul campo, ma che fuori dal campo collaborano per la promozione dei valori dello sport: sono le squadre, intese come società, con le identità e tradizioni di cui ognuna è portavoce. Culture che, soprattutto nelle sfide internazionali di UEFA Champions League, affondano le radici nelle storie dei paesi e sono spesso diverse tra loro, seppur unite dal pallone.

Inter e Feyenoord, che da tanti anni collaborano su progetti sociali condivisi, hanno deciso di andare oltre i 90 minuti, promuovendo una visione di calcio inclusivo, che vede nell’antagonista un compagno di gioco grazie un modo comune di intendere lo sport, come uno strumento di aggregazione ed educazione.


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Per questo, una delegazione Inter Campus ha incontrato la scorsa settimana a Rotterdam i bambini beneficiari dei progetti CSR del Feyenoord, che promuovono integrazione e stile di vita sano nelle zone più fragili e multietniche della città. Martedì, una delegazione olandese è stata ospitata a Milano ed ha incontrato i bambini coinvolti nei progetti sul territorio di Inter Campus, entusiasti di svolgere un allenamento speciale con gli allenatori stranieri. Queste attività si svolgono in partnership con la Fondazione Maria Letizia Verga, con i bimbi ricevono le cure contro le leucemie infantili (Sport Therapy) e nei campi della città, dove, a seguito della guarigione, si agevola il ritorno alla normalità dei ragazzi dopo tanti mesi di ricovero (Giocare Aiuta a Guarire Meglio).

Il Progetto Social Community Exchange - realizzato con UEFA e Nazioni Unite, nell’ambito del network Football for the Goals, di cui sia Inter Campus che Feyenoord fanno parte - permette ai bambini di conoscere in prima persona i rappresentanti dell’altra squadra, per saper cogliere ciò che ci accomuna, piuttosto che ciò che ci divide, ossia la passione per lo sport. Allo stesso modo, si vuole incoraggiare una convivenza pacifica tra tifosi, nella cultura del rispetto e dell’accoglienza.

Perché senza avversari non esisterebbe il calcio.

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